Come ogni anno, anche quest’anno le Prove INVALSI, che in Italia sono utilizzate per valutare su scala nazionale i risultati ottenuti dagli studenti della scuola primaria e secondaria in alcune materie considerate centrali per l’apprendimento, sono state oggetto di grandi discussioni.
Ma se la loro esistenza è nota al grande pubblico, meno noto è in cosa consistono queste prove e, soprattutto, quali dati, oltre ai punteggi, sono disponibili grazie a queste rilevazioni. E soprattutto quanto tali dati potrebbero essere utili per non guardare ai soli traguardi fissati in base ai punteggi delle prove.
Sono infatti diversi i dati di INVALSI poco noti e poco utilizzati, che potrebbero invece essere utili per perseguire almeno tre finalità: conoscere l’apporto del sistema scolastico alla formazione degli studenti; valutare le competenze raggiunte; approfondire i profili socio economici e culturali degli studenti rispetto alle scuole frequentate e ai risultati ottenuti. Vediamo come.
Cosa sono e come funzionano le rilevazioni nazionali INVALSI, in breve
Le rilevazioni nazionali INVALSI1 sono state introdotte nel 2007 allo scopo di valutare con oggettività i risultati ottenuti dal sistema scolastico nazionale. Per quanto riguarda la scuola primaria, le Prove sono somministrate alle classi seconde e quinte (indicate da INVALSI come grado 2 e 5); nella secondaria di primo grado alle classi terze (grado 8), alla secondaria di secondo grado alle classi seconde e quinte (grado 10 e 13).
Tutti gli studenti sostengono una Prova di Italiano e una di Matematica. Gli studenti dell’ultimo anno della scuola primaria, della secondaria di primo e di secondo grado sostengono, oltre alle Prove di Italiano e di Matematica, anche due Prove di Inglese: una di comprensione dell’ascolto (Listening) e una di comprensione della lettura (Reading). Per favorire una corretta comparabilità dei risultati, a differenza di quanto proposto nelle analisi degli esiti delle prove del primo ciclo d’istruzione, per la scuola secondaria di secondo grado sono state introdotte delle differenziazioni in base agli indirizzi di studio: licei classici, scientifici e linguistici; altri licei; istituti tecnici; istituti professionali.
La scala costruita da INVALSI per le Prove di Italiano e Matematica si articola su 5 livelli che variano in base al grado e alla materia (una descrizione dettagliata dei livelli e dei relativi descrittori è disponibile a questo link). I livelli 1 e 2 identificano un risultato non in linea con i traguardi previsti per il grado scolastico oggetto d’interesse, mentre il livello 3 rappresenta un esito della prova adeguato ai risultati di apprendimento previsti dalle Indicazioni nazionali, infine i livelli 4 e 5 rappresentano il raggiungimento dei traguardi di apprendimento più elevati. Gli esiti delle prove di Inglese sono espressi invece mediante la scala a livelli del QCER (Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue). Più precisamente: pre-A1, A1 e A2 per il terzo anno della secondaria di primo grado, B1 e B2 per l’ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado. Il traguardo atteso al termine del secondo ciclo d’istruzione è il B2, sia per la prova di lettura (reading) sia per quella di ascolto (listening).
I dati delle Prove INVALSI 2023
Il Rapporto INVALSI 2023 restituisce l’immagine di un Paese diviso rispetto ai livelli medi di risultato. A fronte di una parte del Paese, prevalentemente le regioni centro-settentrionali, che consegue risultati via via migliori, si assiste a un progressivo distanziamento negativo del Mezzogiorno. Tali divari non riguardano soltanto gli apprendimenti in senso stretto, ma anche le opportunità di apprendere. Esse si fanno sempre più disomogenee nel Sud e nelle Isole, con evidente danno per le fasce più deboli della popolazione. Ma ci sono anche aspetti positivi, come i risultati delle prove d’Inglese, alcune inversioni di tendenza nel tempo degli esiti del Mezzogiorno, la riduzione di un punto percentuale della dispersione scolastica implicita.
Scuola primaria
Il confronto nel tempo degli esiti della scuola primaria mostra un indebolimento dei risultati in tutte le discipline e in entrambi i gradi considerati (classi seconde e quinte). Pur se in misura ridotta, già dalla scuola primaria cominciano a evidenziarsi leggeri divari territoriali, più marcati nella classe quinta rispetto alla seconda e soprattutto più evidenti per la Matematica e l’Inglese-Listening.
Scuola secondaria di primo grado
I risultati sulla secondaria di primo grado del 2023 confermano che si è fermato il calo in Italiano e Matematica riscontrato tra il 2019 e il 2021, ma purtroppo non si riscontra ancora un’inversione di tendenza. Gli esiti di Inglese (sia Listening che Reading) sono invece in miglioramento. I divari territoriali rimangono molto ampi. Si confermano in particolare forti evidenze di disuguaglianza di opportunità di apprendimento nelle regioni del Mezzogiorno sia in termini di diversa capacità della scuola di attenuare l’effetto delle differenze socio-economico-culturali sia in termini di differenze tra scuole e, soprattutto, tra classi.
Scuola secondaria di secondo grado
Concentrandoci sulle classi quinte della secondaria di secondo grado, quelle dei diplomati, si rileva che in Italiano solo il 51% degli studenti raggiunge almeno il livello base, con un divario tra Nord e Sud di ben 23 punti percentuali; in Matematica solo il 50% degli studenti raggiunge almeno il livello base e il divario tra le aree del Paese è di 31 punti percentuali, anche se si osserva un leggero progresso degli esiti nelle due aree del Mezzogiorno (Sud e Sud e Isole); in Inglese solo il 54% degli studenti arriva al B2 nella prova di reading e solo il 41% in quella di listening. Significa che circa la metà degli studenti si è diplomata senza ottenere un livello almeno base di competenze, con percentuali ancora più alte in alcune zone d’Italia.
Non solo punteggi: i dati raccolti da INVALSI
Anche se è poco noto, come detto più sopra, INVALSI non si limita a raccogliere i punteggi delle Prove che terminano i livelli, ma raccoglie anche dati molto interessanti relativi al background familiare degli studenti, in modo tale da misurare l’influenza di fattori extrascolastici sull’apprendimento e valutare il contributo apportato a essi dalla specifica scuola.
Il risultato ottenuto da ogni studente può essere infatti scomposto in due parti. La prima è dipendente da condizioni esterne, fattori esogeni sui quali la scuola non può intervenire direttamente (contesto sociale generale, origine sociale degli studenti, preparazione pregressa degli allievi, ecc.). La seconda è determinata dall’effetto scuola, ossia dall’insieme delle azioni poste in essere dalla scuola per la promozione degli apprendimenti (scelte didattico-metodologiche, organizzazione della scuola, ecc.). I dati forniti dall’istituto sono quindi riconducibili a tre categorie:
- risultati osservati, ossia i punteggi che gli studenti ottengono alle prove standardizzate nazionali;
- dati relativi al background socio-economico culturale degli studenti (attraverso l’indicatore ESCS);
- effetto scuola sugli apprendimenti degli studenti.
A differenza di quanto accade per i risultati dell’indagine campionaria, pubblici e consultabili da chiunque, i dati INVALSI di ciascuna scuola sono visibili e scaricabili solo ed esclusivamente da alcune figure professionali della scuola stessa (dirigente scolastico; referente per la Valutazione; docenti delle classi che hanno svolto le Prove INVALSI; docenti d’Istituto; presidente del Consiglio d’Istituto). Accedendo all’area riservata con il proprio ruolo, queste figure professionali possono vedere tutte le tabelle e i grafici previsti per quello specifico ruolo. I dati INVALSI restituiti alle scuole sono consultabili in maniera completa solo dal Dirigente scolastico e dal Referente per la Valutazione. Sono invece accessibili in maniera parziale dai Docenti d’Istituto e dal Presidente del Consiglio d’Istituto.
Accedendo al sito Scuola in Chiaro però chiunque può selezionare la scuola di interesse e visionare alcuni dei dati relativi, se disponibili. Non è detto infatti che tutti i dati siano stati raccolti. Ad esempio, l’effetto scuola è fornito solo se sono disponibili in misura adeguata, di norma superiore al 50%, i dati necessari per il calcolo (dati forniti dalle segreterie in fase di iscrizione o forniti dagli studenti nei questionari studente, sia per l’anno di riferimento che per gli anni scolastici precedenti).
Le informazioni sugli studenti e le loro famiglie
Un altro strumento legato a INVALSI di cui si sa poco è l’indicatore ESCS – Economic, Social and Cultural Status, che fotografa la situazione sociale, economico e culturale delle famiglie degli studenti che partecipano alle Prove INVALSI. Esso si compone di tre elementi:
- lo status occupazionale dei genitori;
- il livello d’istruzione dei genitori secondo gli standard internazionali ISCED;
- il possesso di alcuni beni materiali intesi come variabili di prossimità di un contesto economico-culturale favorevole all’apprendimento (es. avere un posto tranquillo per studiare, una scrivania per fare i compiti o una libreria fornita).
Un indice ESCS “basso” o “medio basso” indica un livello di background socioeconomico e culturale inferiore alla media, mentre un indice ESCS “alto” o medio alto” indica un livello di background superiore alla media.
L’ESCS è importante perchè ci consente di approfondire il contesto di provenienza degli studenti, guardando se determinati indirizzi, o una determinata scuola, hanno una precisa caratterizzazione dal punto di vista della classe sociale di appartenenza, o come i risultati variano a seconda della classe sociale di appartenenza. Ad esempio, nelle rilevazioni 2023 relative agli studenti al termine del secondo ciclo d’istruzione gli alunni eccellenti hanno un’incidenza maggiore tra gli allievi con ESCS sopra la media, tra coloro che hanno la cittadinanza italiana e tra coloro che possiedono un background più avvantaggiato.
Inoltre, l’ESCS aiuta a leggere i risultati delle prove in maniera differente, facendoci distogliere lo sguardo dai traguardi per farci guardare indietro, alla provenienza degli studenti. L’indicatore socio-economico e culturale permette infatti di misurare il contributo della scuola al miglioramento dei ragazzi. Sottraendo dai risultati ottenuti l’influenza del background possiamo infatti osservare il lavoro svolto dalla scuola nel formare gli alunni, ovvero il citato effetto scuola, altro aspetto su cui occorrerebbe porre maggiore attenzione.
Capire quanto conta davvero la scuola
L’effetto scuola, come detto, misura il contributo netto che le scuole hanno dato all’apprendimento dei propri studenti. In altre parole, “depura” i risultati conseguiti dagli effetti del background degli studenti e della preparazione posseduta nelle materie oggetto di misurazione al momento dell’ingresso in un certo istituto. L’effetto scuola può essere fornito per ogni materia, classe e istituto partecipante alla rilevazione2.
Se l’effetto scuola è indicato come positivo significa che, al netto delle caratteristiche della popolazione studentesca, la scuola ha un’efficacia maggiore rispetto a quella che si riscontra su base nazionale in scuole con una popolazione studentesca analoga. Dunque, per dirla in altre parole, “sta facendo un buon lavoro” per favorire l’apprendimento degli studenti..; se pari a quello nazionale ha un effetto sostanzialmente uguale a quello medio, e quindi le differenze riscontrate nel punteggio osservato di scuola rispetto a quello medio nazionale sono da attribuirsi principalmente alle caratteristiche della popolazione studentesca dell’istituto in esame; se negativo indica che la scuola ottiene risultati peggiori rispetto a scuole simili.
L’effetto scuola dunque è uno strumento molto utile per valutare se una scuola sta effettivamente contribuendo alla formazione dei suoi studenti.
La sfida della dispersione implicita
I dati INVALSI permettono anche di quantificare la dispersione scolastica implicita e, in particolare, chi sono gli studenti e gli indirizzi scolastici più vulnerabili. Per lungo tempo infatti l’attenzione si è concentrata sulla dispersione esplicita, cioè sulla quota di giovani che abbandonano gli studi senza completarli. La dispersione implicita riguarda invece quegli studenti che terminano formalmente il percorso scolastico ma senza aver acquisito le competenze fondamentali che dovrebbe fornire loro; tali studenti sono quindi a forte rischio di avere limitate prospettive di inserimento nella società (non solo nel mondo del lavoro) similmente a coloro che non hanno concluso la scuola secondaria di secondo grado. E’ relativamente a questo punto che emergono i dati più preoccupanti: come spiegato poco sopra.
La rilevazione 2023 ha evidenziato, in particolare per coloro che sono al termine del secondo ciclo di istruzione, l’arresto dell’effetto negativo della pandemia: la quota di studenti in condizione di dispersione implicita, dopo l’aumento tra 2019 e 2021 (da 7,5% a 9,8%) è diminuita nel 2022 (9,7%), ma soprattutto nel 2023 (8,7%). Le differenze tra le regioni del Paese restano ancora molto ampie. La Campania si conferma la regione in cui la dispersione implicita è più marcata (19%), arrivando a interessare quasi uno studente su cinque. Le altre regioni in cui si conta una quota di studenti in condizione di dispersione implicita maggiore al 10% sono tutte al Sud, mentre le regioni con una percentuale inferiore al 5% sono tutte al Nord. A conclusione del secondo ciclo d’istruzione, gli allievi in dispersione implicita sono presenti in percentuale maggiore tra i ragazzi (10,8%, ovvero +4,1 punti percentuali rispetto alle ragazze) e sono più del triplo tra coloro che hanno avuto almeno una ripetenza (20,6%). Tra i licei se ne conta una quota più ridotta (3,4%) rispetto agli istituti tecnici (10,8%) e, soprattutto, agli istituti professionali (23,5%).
Un dato che colpisce e che è in controtendenza riguarda la quota degli alunni immigrati di prima (8,1%) e seconda generazione (6,5%) che è inferiore rapportata a quella dei loro compagni italiani (8,5%). La ragione di tale fenomeno, come si legge nel Rapporto INVALSI 2023, è da ricercarsi probabilmente nei diversi tassi di abbandono e nella maggiore resilienza degli allievi di origine immigrata che riescono a raggiungere il termine del percorso di studi secondario di secondo grado. Inoltre, sono presenti a livello nazionale in una percentuale doppia tra gli studenti provenienti da famiglie svantaggiate.
Alcune riflessioni conclusive
Quanto detto finora ci porta a dire che le rilevazioni realizzate attraverso le Prove INVALSI hanno diverse possibili applicazioni ulteriori rispetto a quelle che sono anno dopo anno al centro del dibattito pubblico.
I dati sulle singole scuole sono ad esempio utili a insegnanti e dirigenti per valutarne l’efficacia e apportare eventuali miglioramenti e anche agli alunni quando ad esempio devono scegliere la scuola da frequentare.
Se si guarda ai dati nella prospettiva delle politiche sociali e educative, questi rappresentano un serbatoio di informazioni importante per osservare come i risultati varino i risultati su base anagrafica, territoriale e tra indirizzi scolastici e, in particolare, come varino i risultati degli studenti in base al loro background socio-economico culturale. Si tratta di un aspetto centrale su cui si potrebbe intervenire per incentivare il cosiddetto ascensore sociale. Infatti, il livello di studio raggiunto e le competenze ottenute sono un fattore determinante per l’inclusione lavorativa e sociale.
I modesti risultati ottenuti rappresentano infatti un campanello di allarme perché suggeriscono che una fetta importante di studenti – e soprattutto in certi contesti familiari e territoriali – non è in grado di raggiungere risultati adeguati, vedendo compromesse le proprie opportunità future. Questo costituisce ovviamente un problema per la società intera per i potenziali effetti su esclusione sociale, disoccupazione, ma anche di tenuta democratica, producendo cittadini più vulnerabili anche dal punto di vista politico e dell’accesso all’informazione.
Sfruttare a pieno i dati INVALSI a nostra disposizione per affrontare questi rischi in maniera più efficace e coordinata sarebbe pertanto più che auspicabile.
Questo articolo è stato realizzato nell’ambito di Nova Schol@. È una ricerca di Percorsi di secondo welfare, sostenuta da Bolton Hope Foundation, che studia l’innovazione digitale della didattica e come questa può favorire l’inclusione sociale. Dentro e fuori la scuola. |
Per approfondire
- INVALSI, Rapporto INVALSI 2023.
Note
- Acronimo di Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, ente pubblico che ha il compito di predisporre ed effettuare verifiche periodiche e sistematiche sugli esiti di apprendimento degli studenti italiani (le Prove INVALSI appunto), elaborarne i risultati, migliorare le attività di valutazione del sistema scolastico e delle singole scuole, e curare la partecipazione italiana alle indagini internazionali sulla qualità dei sistemi scolastici.
- Ma solo se sono disponibili in misura adeguata, di norma superiore al 50%, i dati necessari per il calcolo, dati forniti dalle segreterie in fase di iscrizione o dagli studenti nei questionari studente, sia per l’anno di riferimento che per quelli precedenti.