Lo smart working sta cambiano anche gli spazi aziendali. Un effetto per certi versi inaspettato – o almeno poco considerato – della grande diffusione del lavoro agile riguarda infatti la necessità di molte organizzazioni di ripensare i propri uffici (e non solo). Quello che sembra assodato è che nelle organizzazioni è cresciuta la consapevolezza di dover intervenire sugli spazi per creare ambienti che siano adeguati alle esigenze legate allo smart working, forniscano nuove motivazioni ai dipendenti e favoriscano condivisione e relazioni. Ne abbiamo parlato con alcuni esperti che, da diversi punti di osservazione, stanno seguendo questa dinamica.
I luoghi di lavoro dopo la pandemiaQuesto articolo è parte di “Smart working in corso“, la serie con cui Secondo Welfare vuole capire come le organizzazioni stanno cambiando spazi, processi e relazioni dopo la pandemia. |
L’ufficio dopo lo smart working
A confermare queste tendenze ci sono anche alcune ricerche. La più recente è quella dell’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano che presenta dati aggiornati al 2022. L’Osservatorio evidenzia come un ripensamento degli spazi dovuto alle nuove logiche lavorative è stato avviato nel 68% delle grandi imprese e nel 45% delle Pubbliche Amministrazioni.
In particolare il 52% delle grandi organizzazioni, il 30% delle PMI e il 25% della PA ha già effettuato degli interventi di modifica degli ambienti o lo sta facendo. In prospettiva futura, queste iniziative sono previste o in fase di valutazione nel 26% delle grandi imprese, nel 21% delle PA e nel 14% delle PMI.
Precedentemente era stata una indagine di AIDP a mettere in luce questo tema. Secondo l’Associazione Italiana Direzione del Personale – che ha svolto un monitoraggio su alcune imprese di medie e grandi dimensioni – circa il 30% delle aziende ha già ristrutturato gli spazi per conciliare il lavoro da remoto con quello in presenza; mentre il 27% delle realtà intervistate ci sta invece lavorando.
Non è solo una questione di costi
Le ragioni alla base del ripensamento degli spazi possono avere differente motivazioni. C’è chi vuole favorire il rientro dei collaboratori dopo mesi di lavoro da remoto, chi vuole organizzarsi in modo nuovo per ottimizzare il lavoro, ma anche chi punta a garantire un equilibrio tra la flessibilità del lavoro agile e l’esigenza di mantenere alto il livello di condivisione tra colleghi, motivazione e spirito di appartenenza. Ciò significa, da un lato, favorire gli scambi e il confronto tra le persone dell’azienda e, dall’altro, creare un ambiente in cui lavorare bene e, in un certo senso, “sentirsi a casa”.
Alcune organizzazioni stanno quindi ripensando e ridisegnando i loro spazi non solo in base al numero di lavoratori e lavoratrici, ma anche a seconda delle funzioni e delle attività da svolgere. Con un numero sempre maggiore di persone che usufruiscono dello smart working, e quindi con sempre meno tempo da passare “sotto lo stesso tetto”, è infatti necessario valorizzare al massimo le opportunità di collaborazione e interazione.
Pensare che la riorganizzazione degli spazi sia solo una mera questione di costi sarebbe un errore. Lo afferma Luca Solari, Professore di Organizzazione Aziendale presso l’Università degli Studi di Milano.
“Sicuramente reinterpretando le strutture aziendali c’è la possibilità di ridurre i costi di real estate”, sostiene Solari. “E con lo smart working c’è anche la possibilità per le aziende di contenere le spese inerenti l’energia. Ma la questione economica vale solo per alcune imprese. In molti casi c’è la volontà di costruire dei luoghi di lavoro in cui è possibile lavorare al meglio e un clima positivo”.
“Le ricerche ci dicono come il lavoro da remoto sia molto spesso più efficiente. Inoltre è molto apprezzato dalle persone, che hanno una nuova opportunità per lavorare in modo flessibile e favorire anche la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Anche per questo è sempre più difficile pensare per le organizzazioni di forzare il ritorno alla presenza in ufficio”.
Secondo il docente della Statale “le aziende che hanno cercato di far rientrare i propri collaboratori in ufficio, escludendo totalmente o quasi lo smart working, hanno avuto come risultato un aumento delle dimissioni e una riduzione dell’impegno e dell’engagement. I manager oggi sono quindi molto attenti a non forzare il rientro, sia per queste ragioni sia per un fattore reputazionale”.
Il futuro degli spazi in azienda
Ma in che modo le aziende stanno ripensando i propri spazi? “Alcune organizzazioni”, continua Solari, “anche approfittando della crisi del settore real estate, avevano già iniziato a riflettere sul ruolo del workplace prima della pandemia. La logica era quella di individuare delle sedi più piccole in grado di ospitare tra il 70% e l’80% dei collaboratori, andando così anche a risparmiare sui costi. L’idea da cui queste organizzazioni partivano si basava sull’assunto che grazie allo smart working e al telelavoro la sede aziendale non sarebbe mai stata piena”.
La pandemia ha accelerato questa tendenza e ha permesso a molte altre imprese, soprattutto a quelle più grandi che operano, ad esempio, nei settori della consulenza e dei servizi, di investire sul tema. “A seguito dell’enorme sperimentazione – molto spesso forzata – del lavoro agile, sempre più aziende stanno iniziando a riflettere in merito alla gestione dei propri spazi. Ma lo stanno facendo secondo una logica differente da quella del passato. Oggi l’idea che si è fatta strada è che si va in ufficio solo per quelle attività per cui la presenza è importante o necessaria”, continua Solari.
In questo senso il lavoro del management aziendale sta divenendo anche quello di mettere a disposizione spazi adeguati a questo cambiamenti. “Ad esempio, se si deve svolgere un lavoro creativo sarà fondamentale avere una stanza ampia, con lavagne o parete in cui è possibile scrivere o disegnare, avere a disposizione dei luoghi comodi, magari in cui è posta attenzione anche nell’arredamento, con computer collegati ad uno schermo comune e così via”, ci dice ancora il professore.
Collaborare e ritrovare il senso dell’ufficio dopo la pandemia
Non si tratta solo di avere uffici più piccoli e meno frequentati. Oggi è fondamentale che gli spazi di lavoro siano impostati in modo tale da essere anche ambienti di socializzazione e relazione. Dovranno trasformarsi così in luoghi in cui promuovere l’identità aziendale e il senso di appartenenza, anche per sfruttare al meglio i momenti e le occasioni di confronto e scambio.
“Le sedi aziendali stanno cambiando il loro ruolo, diventando sempre più luoghi legati alle interazioni tra le persone, mentre le attività che possono essere smaterializzate saranno svolte anche in luoghi diversi dagli uffici tradizionali”, ci dice Carlo Capra, Area Territorio di Assolombarda, che per la confederazione delle imprese che operano nelle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza e Pavia si occupa anche di workplace strategy.
“È necessario riflettere sulle caratteristiche fondamentali degli spazi di lavoro del futuro, che dovranno diventare luoghi non solo più confortevoli, ergonomici ed efficienti, ma anche in grado di garantire la presenza di aspetti immateriali, quali la condivisione degli obiettivi aziendali e le relazioni interpersonali, che sono alla base di attività lavorative ad alto valore aggiunto”.
Da un lato si tratta quindi di un investimento per lavorare “al meglio”, ad esempio “grazie alla presenza di spazi e tecnologie adeguate per favorire le riunioni ibride; ma anche di zone in cui potersi concentrare e svolgere le proprie attività senza disturbo”. Dall’altro è un modo per lavorare “meglio”, in quanto “si favorisce la socialità, la collaborazione nell’ambiente lavorativo e il senso di appartenenza. È qualcosa che con Covid si è perduto molto: ripartire dalle relazioni delle persone è divenuto fondamentale”.
“Anche per questo”, continua Capra, “con Assolombarda abbiamo avviato un servizio per le nostre associate dedicato proprio alla workplace strategy. Il processo di ripensamento degli spazi aziendali è un’operazione complessa che ha un forte impatto sui processi aziendali, e dunque è necessario che sia un percorso fatto su misura dell’impresa e che coinvolga diverse figure aziendali e i lavoratori”.
Il lavoro inizia anzitutto dalle figure che in azienda si occupano di questa questione, a cui Assolombarda cerca di dare indicazioni e fornire una “cassetta degli attrezzi” per innovare la dimensione degli spazi. “Noi partiamo sempre dall’ascolto delle persone. Il primo passo deve essere sempre quello di comprendere i bisogni e le necessità di chi lavora, per poi individuare il percorso migliore per ripensare gli uffici”.
“In questo modo progettiamo la soluzione migliore per l’organizzazione. Di solito ci chiedono di ampliare e riorganizzare gli spazi comuni, che sono aree anche in cui si devono svolgere le riunioni, e di conseguenza rimodulare gli spazi individuali. Li aiutiamo ad individuare i modelli organizzativi e le tecnologie più utili per gestire questo processo”, conclude Capra.
Ripensare gli spazi: alcuni casi concreti
In questa direzione la riflessione di alcune imprese si sta spingendo anche oltre. Per favorire il rientro in ufficio alcune realtà hanno iniziato a pensare a come reinterpretare gli spazi in maniera più accogliente e stimolante.
Di questo ci ha parlato Marco Dell’Uomo di Alight Solutions, società multinazionale di consulenza che si occupa sia di processo nell’ambito di risorse umane che di proporre soluzioni a supporto dei processi delle imprese.
Per Dell’Uomo “in tempi pre-pandemici, gli uffici erano il cuore pulsante delle aziende. Un posto in cui i dipendenti lavoravano, si incontravano e socializzavano. Un luogo dove si poteva bere un rapido caffè e intanto scambiare qualche chiacchiera o organizzare un drink dopo il lavoro. Ora la situazione è totalmente cambiata e richiede nuovi approcci da parte delle aziende: è necessario creare un ambiente in cui i dipendenti vogliano davvero stare e in cui la loro experience sia concreta e vantaggiosa”.
L’idea che sta prendendo piede è quella secondo cui i luoghi di lavoro devono anche offrire un’atmosfera stimolante, in cui si possa lavorare, fermare a pensare ma anche intrattenersi. Gli esempi sono molteplici. “Il più noto è sicuramente quello della famosa sede di Google, a Mountain View”, ci dice Dell’Uomo. La multinazionale tech californiana ha predisposto campi da beach volley, basket, calcetto, minigolf, ma anche strutture come lavanderie gratuite per i dipendenti, bar, ristoranti e mense. Ci sono poi sale giochi, biliardi, un campo da bowling, un centro fitness, una piscina e aree wellness proprio per permettere ai dipendenti di rilassarsi.
“La nuova era del lavoro vedrà i dipendenti utilizzare gli uffici per collaborare. Ma ci saranno sempre più servizi messi a disposizione dalle imprese per i lavoratori” continua Dell’Uomo “Parlo di bar che offrono la colazione o aree ristoro con spuntini gratuiti o ricariche per bevande gassate e acqua, arredate con grandi tavoli da pranzo in cui i vari team possono pranzare insieme o prendersi una pausa dal lavoro. In alcune aziende degli Stati Uniti si possono trovare anche zone relax con videogame, tavoli da ping pong o altri giochi da tavolo. Ma ora, in un contesto tradizionale come quello italiano, è importante soprattutto focalizzarsi sull’importanza del well-being fisico e psicologico dei dipendenti, perché anche questo fa parte del lavoro”.
Nel nostro Paese un caso interessante è quello di Casa Siemens, la sede milanese della multinazionale tedesca che ospita oltre 1.800 dipendenti. Siemens ha scelto di dare spazio proprio ai luoghi di incontro, creando aree di co-working, bar, palestra, zone relax e spazi per eventi; inoltre, tutta la struttura è circondata da 25.000 metri quadrati di orti e parchi in cui i lavoratori possono coltivare, fare sport e lavorare. Ma gli esempi possono continuare: c’è Il Sole 24 Ore che ha da poco inaugurato una nuova sede in Viale Sarca a Milano; oppure Sky Italia che ha affrontato un ripensamento dei suoi spazi nel corso dell’ultimo anno.
Gli spazi per i lavoratori giocano quindi sempre di più una leva strategica per l’employee engagement. “Significa saper trovare il giusto equilibrio tra produttività, collaborazione e socializzazione: tre fattori indispensabili per riportare le persone a ripopolare gli uffici. L’azienda deve svilupparsi tenendo conto dell’esperienza dei dipendenti, dei loro desideri e delle loro necessità. Il modo migliore per riportare le persone nel luogo di lavoro non è attraverso l’imposizione, ma facendo in modo che lo desiderino”, conclude Dell’Uomo.
Una nuova serie per approfondire il tema
Alla luce di quanto vi abbiamo raccontato in questo articolo, è evidente che la riorganizzazione degli uffici collegata alla diffusione dello smart working stia diventando un tema centrale per un numero crescente imprese.
Questo riguarda in primo luogo la strutturazione degli spazi fisici ma, come visto, ha importanti conseguenze anche sui processi aziendali e sulle relazioni tra lavoratori. È dunque un fenomeno che possiamo leggere, ad esempio, con le lenti dell’architettura, della gestione delle risorse umane e del benessere nelle imprese.
Nelle prossime settimane cureremo una serie dal titolo “Smart working in corso. Come il lavoro agile cambia i luoghi” in cui pubblicheremo articoli di approfondimento finalizzate a capire, grazie al contributo di esperti di vari settori, come va definendosi questo nuovo fenomeno.