“Mi sembra che in questa campagna elettorale il welfare abbia avuto attenzione”, ragiona Franca Maino, a poco più di una settimana dalle elezioni del 25 settembre. Dal suo osservatorio, la direttrice del nostro Laboratorio, ha notato una tendenza: “i partiti hanno però discusso soprattutto di cambiare provvedimenti che già esistono”. Gli esempi vanno dal Reddito di Cittadinanza alla legge Fornero fino all’Assegno Unico e Universale per i Figli. “Per contro” prosegue “non ho sentito proposte aperte, dirompenti, di grande visione”.
Del resto, nei programmi dei partiti politici per le imminenti elezioni, l’espressione “secondo welfare” non compare mai, lo abbiamo verificato grazie a uno strumento messo a disposizione da Slow News. E anche il tema più generale delle politiche sociali integrative è poco affrontato.
Questo articolo, quindi, nasce anche per colmare questa lacuna, con l’ambizione di portare un po’ di visione nel dibattito pubblico in tema di welfare e la voglia di avanzare proposte concrete per la nuova, imminente legislatura.
Una buona riforma della LTC
In un Paese vecchio e che invecchia come l’Italia, il primo punto della “agenda” di Percorsi di secondo welfare è la riforma del sistema di Long Term Care, prevista dal PNRR (di cui ci stiamo occupando attraverso il Focus LTC). Il nostro Laboratorio fa parte del “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza” che, spiega la ricercatrice Valeria De Tommaso, “è composto da una larga rappresentanza del secondo welfare e ora sta svolgendo un’intensa attività di advocacy a favore di un cambio di paradigma”.
Per De Tommaso, la nuova riforma dovrebbe promuovere una maggiore sinergia tra il Ministero della Salute e quello delle Politiche Sociali e trasformare la LTC da un trasferimento monetario a “un’opportunità per fruire di servizi, in parte già presenti sui territori”.
Per farlo, aggiunge Franca Maino, “serve una buona riforma, dei fondi strutturali per sostenerla nel lungo periodo e il più ampio coinvolgimento possibile degli enti di secondo welfare”. Inoltre, prosegue la direttrice, “è fondamentale che le modalità di finanziamento del nuovo sistema previsto dalla riforma prevedano anche il ricorso a risorse private, complementari a quelle pubbliche. Serve un secondo pilastro integrativo”.
Asili e congedi: dove intervenire
Dagli anziani, l’agenda di Secondo Welfare, passa ad occuparsi di bambini, per parlare di temi come genitorialità, parità e conciliazione vita-lavoro. Per la ricercatrice Ester Bonomi, che ha curato la serie Denatalitalia, tre sono i punti cardine di queste politiche: “i servizi, gli strumenti di gestione del tempo (come ad esempio i congedi parentali, o la possibilità di lavorare in smart working o part time, ndr) e gli assegni per le famiglie”.
Bonomi spiega che “in Italia è molto forte la domanda di servizi per l’infanzia. Manca una copertura nazionale specialmente dai 0 ai 3 anni, che è la fascia più importante per far tornare i genitori, soprattutto le donne, al lavoro”. C’è una forte disparità tra Nord e Sud a riguardo, che va colmata. Il PNRR ha finanziato investimenti su questo fronte, ma molti Comuni del Sud hanno fatto fatica a partecipare ai bandi. Per quelli che hanno ricevuto un finanziamento, invece, sarà necessario garantire l’effettivo funzionamento dei servizi.
In Italia è molto forte la domanda di servizi per l’infanzia e manca una copertura nazionale specialmente dai 0 ai 3 anni.
Inoltre, è necessario intervenire riformando i congedi parentali, estendendoli a tutte le categorie professionali e ad entrambi i soggetti coinvolti, indipendentemente dal genere. Questo aspetto è già stato colmato da alcuni attori del secondo welfare, come alcune aziende che hanno esteso i congedi, rendendoli più inclusivi.
Oltre i fringe benefit
Il welfare aziendale potrebbe dare un contributo per la cura sia degli anziani sia dei minori e anche in diversi altri ambiti. Il dibattito in questo settore, però, “si è fossilizzato sui fringe benefit”, spiega il ricercatore Valentino Santoni. “Sono strumenti che potrebbero avere anche un’utilità sociale ma che nella norma vengono per lo più utilizzati per la sfera del benessere (ndr, palestre, buoni online, carte carburanti, etc.). Sicuramente oggi sono un aiuto per molti lavoratori in difficoltà a causa dell’aumento del costo della vita e per il caro-energia, ma in prospettiva si deve tornare a valorizzare il welfare ‘nobile‘”.
“Il rischio” prosegue “è che il welfare aziendale diventi una sostituzione o un’integrazione puramente economica della retribuzione”. Per questo, continua Santoni, “va valorizzata la sua dimensione sociale: misure per la famiglia come servizi per l’infanzia, tutela dei non autosufficienti, ma anche piani mutualistici e polizze, sanitarie, la mobilità sostenibile”.
Per farlo, bisognerebbe intervenire sulla normativa, rendendola più agevole, ad esempio rivedendo le logiche di erogazione di determinate prestazioni. “Si potrebbe trovare un modo per ‘dirottare’ i fringe benefit esclusivamente verso prestazioni di natura sociale e sanitaria. Ad esempio, apportando alcune modifiche alla normativa fiscale, potrebbero essere introdotte card o voucher per richiedere solo servizi di welfare. Così, da un lato, si valorizzano certi tipi di misure mentre, dall’altro, si limita il rischio che i fringe diventino una mera compensazione della retribuzione”. Maggiori approfondimenti sono disponibili in questo articolo, dove abbiamo approfondito anche i programmi dei partiti in tema di welfare aziendale e conciliazione vita lavoro.
Povertà: una misura da salvaguardare
La povertà è stata, forse, il tema di welfare più dibattuto in campagna elettorale e, come detto ad inizio articolo, il Reddito di Cittadinanza ha cannibalizzato gran parte del dibattito. Sul provvedimento, Chiara Agostini ha le idee chiare: “è un supporto importante a una fascia di popolazione che si troverebbe, altrimenti, in condizione di deprivazione materiale”.
“Il Reddito – continua la ricercatrice – ha mischiato politiche attive del lavoro e misure di ultima istanza per il contrasto alla povertà e questo ha alimentato l’aspettativa che una misura di questo tipo potesse garantire l’inserimento lavorativo”. In realtà però le misure di contrasto alla povertà devono tendere all’inclusione sociale che non necessariamente coincide con l’inclusione lavorativa.
Il Reddito di Cittadinanza è un supporto importante a una fascia di popolazione che si troverebbe, altrimenti, in condizione di deprivazione materiale.
Secondo Agostini, quindi, bisogna agire in due direzioni: “innanzitutto salvaguardare la misura di reddito minimo per i soggetti più fragili, per i quali gli attori del secondo welfare possono giocare un ruolo di primo piano nell’intercettazione delle persone da sostenere e nello sviluppo di iniziative di promozione dell’inclusione sociale. Al contempo, bisogna agire sull’offerta di lavoro: “non basta promuovere politiche attive, se non abbiamo un mercato del lavoro in grado di assorbire una domanda maggiore”. Anche perché con la pandemia il profilo della povertà è cambiato e non è più legato unicamente a forme di vulnerabilità estrema.
Più canali regolari per l’immigrazione
Gli stranieri sono storicamente una categoria sovrarappresentata tra i poveri italiani. Per questo, quando si parla di welfare e migrazioni, una delle prime azioni che Orlando De Gregorio ritiene utile è “rendere più facile l’accesso al Reddito di cittadinanza per i cittadini stranieri, come chiesto da molte organizzazioni della società civile”.
Poi, prosegue il ricercatore di Secondo welfare, “servono canali regolari di ingresso nel Paese per motivi di lavoro molto più ampi di quelli degli ultimi anni, capaci di combattere l’irregolarità, rispondere al fabbisogno del mercato del lavoro e contribuire a riequilibrare il welfare”.
È cruciale che crescano co-programmazione e co-progettazione tra amministrazioni pubbliche ed enti del Terzo Settore, da sempre in prima linea nell’accoglienza
Un altro provvedimento importante sarebbe il superamento del dualismo del sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati. “Bisogna ridurre i centri di accoglienza straordinari CAS e investire nel Sistema Accoglienza Integrazione (SAI), che favorisce l’integrazione dell’accoglienza col welfare territoriale”, sottolinea De Gregorio. Infine, per quanto riguarda gli enti del secondo welfare, per il ricercatore è cruciale che “crescano co-programmazione e co-progettazione tra amministrazioni pubbliche ed enti del Terzo Settore, da sempre in prima linea nell’accoglienza”. Tutti temi che Secondo Welfare segue da tempo col Focus immigrazione e accoglienza.
Giovani: una priorità trasversale
Partita con un’attenzione forte per gli anziani, l’agenda di Secondo welfare per le elezioni 2022 non poteva certo escludere i giovani che, spiega Valeria Di Tommaso, “sono una delle priorità trasversali del PNRR”. “Da un lato è un bene, ma è anche un rischio perché, non essendoci una missione specifica, si fa affidamento sull’intelligenza delle amministrazioni per interventi davvero efficaci”.
Tra i tanti possibili, Secondo welfare ragiona su due potenziali ambiti di intervento. Il primo è la salute mentale. “Con la pandemia, la domanda di sostegno in questo ambito è esplosa” commenta Chiara Agostini, per la quale bisognerebbe intervenire in maniera “più strutturata e radicale”. “Le scuole e i consultori” propone “dovrebbero avere misure specifiche per i giovani anche grazie alla collaborazione tra Pubblico e privato”.
Il secondo ambito sono le scuole aperte. “L’idea è che gli istituti scolastici diventino dei veri e propri poli socio-educativi”, riprende De Tommaso. A suo parere, le scuole potrebbero diventare “luoghi di ricomposizione sociale, intorno cui ruotano anche gli attori del secondo welfare, dove si intercettano le fragilità, si propongono scambi intergenerazionali, si migliora il match tra istruzione e lavoro”.
Docenti, digitale e comunità
E proprio a scuola e istruzione è dedicato l’ultimo capitolo della nostra agenda. Per Francesco Gaeta, “le parole chiave sono tre: docenti, digitale e comunità”. “Per prima cosa bisogna aumentare i salari, per ridare uno status alla professione ed evitare che i professori facciano altri lavori” , spiega Gaeta, innovation manager di Percorsi di secondo welfare.
Per la scuola italiana le parole chiave sono tre: docenti, digitale e comunità
Inoltre, bisogna intervenire sull’utilizzo del digitale all’interno dei circuiti scolastici. “La scuola italiana ha un grosso problema di competenze digitali” aggiunge “e vive questa stranezza per cui, in alcune aree, gli allievi sanno di più dei docenti”. Inoltre l’investimento sul digitale, secondo Gaeta, “può essere uno degli strumenti per limitare la dispersione scolastica, rendendo le lezioni più coinvolgenti e includenti”. Questioni che Secondo Welfare sta approfondendo da tempo con la serie Oltre La Dad.
Parallelamente, la scuola dovrebbe intrattenere un dialogo maggiore con il secondo welfare, integrando percorsi ed esperienze volti a dare una maggiore consapevolezza civica e sociale agli studenti e alle studentesse. “Parlare di secondo welfare a partire dalla scuola significa trovare i modi per integrare nell’universo scolastico le competenze, i saperi e le capacità del Terzo Settore” spiega Gaeta. “Per fare ciò” conclude “le scuole devono entrare nella logica del Patto educativo di comunità, triangolando con altri soggetti pubblici e privati nel creare percorsi educativi con un impatto sociale”.
Un faro e un vincolo per il futuro
Il Terzo Settore è stato evocato più volte in questa carrellata di proposte fatte dai ricercatori del nostro laboratorio. E, infatti, secondo la direttrice Franca Maino, “è un tema trasversale e centrale”.
“Nelle ultime crisi, abbiamo visto quanto siano importanti fondazioni, associazioni e imprese sociali, ma il loro ruolo non è riconosciuto e il loro lavoro non viene facilitato”, prosegue. Per questo per la direttrice “è auspicabile venga portata rapidamente a compimento la riforma del Terzo Settore approvata nel 2017”.
Stato, mercato e Terzo Settore si stanno avvicinando sempre più: il Paese deve fare ancora i conti con questo cambiamento.
Come abbiamo spiegato anche nel Quinto Rapporto sul secondo welfare, “Stato, mercato e Terzo Settore si stanno avvicinando sempre più: il Paese deve fare ancora i conti con questo cambiamento, che è in atto, ma che incontra ancora parecchi ostacoli. Le istituzioni devono ragionare in un’ottica di valorizzazione del Terzo Settore, aprendo davvero la stagione della co-programmazione e della co-progettazione”, ragiona Maino.
Questo, a suo giudizio, dovrebbe essere uno dei punti fermi dell’azione del prossimo Governo. L’altro è il Piano nazionale di ripresa e resilienza. “Ne va ribadita l’importanza, sia per le risorse sia per le misure. Deve restare un punto di riferimento. Un faro, ma anche un vincolo”.