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In Francia si fanno più figli. Più della media europea. Molti di più di quella italiana. Secondo gli ultimi dati messi a disposizione da Eurostat, il tasso di fertilità totale francese è il più alto di tutta l’UE. E non si tratta di un’eccezione, ma di una costante, che si ripete ininterrottamente dal 2012. Con 1,86 figli per donna, la Francia nel 2019 ha superato nettamente la media UE di 1,53 e ancora di più quella italiana, ferma a 1,27. È una questione di scelte politiche, ma anche di storia, di cultura e, soprattutto, di fiducia. Ed è un caso significativo che, alla luce delle nostre riflessioni sui temi della denatalità, merita di essere approfondito e analizzato.

Politiche per la natalità e per la genitorialità

“La Francia è stata tra i paesi OCSE ed europei con i più alti tassi di fertilità dall’inizio degli anni 2000”. A dirlo è Olivier Thévenon, del Centro per il benessere, l’inclusione, la sostenibilità e le pari opportunità dell’OCSE. “Se si guarda alle tendenze della fertilità dopo la grande recessione (2007-2013), un fatto abbastanza sorprendente è che i tassi di fertilità sono rimasti tutto sommato stabili ad alto livello in Francia dopo il 2010, mentre hanno iniziato a diminuire seriamente in molti Paesi, compresi gli Stati Uniti e molti Stati europei. È stato abbastanza sorprendente perché i tassi di disoccupazione giovanile sono aumentati drammaticamente, ma c’è voluto del tempo prima che la crescente incertezza nel mercato del lavoro si traducesse in un calo dei tassi di fertilità”, aggiunge Thévenon.

 

 

Dal 2014, anche in Francia, il numero delle nascite è andato calando, come mostra la serie storica dei dati OCSE qui sopra. Il Paese, quindi, non è immune dalla questione demografica che riguarda l’intera Europa, ma mantiene un tasso di fertilità totale elevato e molto significativo nel contesto continentale.

Questo risultato, secondo la sociologa della famiglia Carla Facchini, è legato ad un “aspetto culturale, che influenza le politiche francesi”. “La Francia” spiega la docente dell’Università degli studi di Milano-Bicocca “ha politiche a sostegno della genitorialità e non solo della natalità. Non agevolano solo le nascite, ma sostengono la scelta di fare dei figli nel lungo periodo”.

A dirlo non sono solo esperti e studiosi ma anche i beneficiari di queste politiche. Irene Pivirotto è madre di tre figli, due dei quali sono nati quando viveva col marito a Lille, nel Nord della Francia. “Fin dalla nascita del primogenito, abbiamo avuto un sostegno consistente, che è andato aumentando con il numero dei bambini”, dice. Secondo la sua esperienza, che a Lille è durata otto anni, “ in Francia le famiglie con figli sono aiutate”.
Ma come, esattamente?

Servizi: un sistema completo e integrato per l’infanzia

“La politica familiare francese si concentra molto sulla conciliazione, sulla fertilità e sulla lotta alla povertà familiare, con un sostegno globale in denaro e con servizi di educazione e cura per le famiglie con bambini piccoli”, riassume Thévenon. “Negli anni Ottanta e Novanta, la Francia è stata molto attiva nello sviluppo di un sistema completo di servizi di assistenza all’infanzia. Nel 2019, circa il 60% dei bambini sotto i tre anni ha avuto accesso a un servizio di assistenza formale, mentre è il 36% in media in tutta l’OCSE e solo il 28% dei bambini in Italia”, aggiunge il funzionario OCSE.

Dopo anni di queste politiche, asili nido e strutture simili sono ben viste dai genitori. “C’è l’idea che siano un bene per i bambini, al contrario di altri Paesi in cui si pensa che abbiano bisogno solo della madre”, ragiona Laurent Toulemon, ricercatore dell’INED, l’Istituto nazionale di studi demografici francese. Non si tratta solo dei primi anni di vita. Secondo Facchini della Bicocca, “il tempo pieno a scuola è una questione centrale” per la conciliazione e in Francia è molto diffuso, molto più che in Italia, per esempio.

Gestione del tempo: un vero part time

“Uno degli aspetti che più ho apprezzato del nostro periodo in Francia è stata la possibilità di avere un part time nei primi anni di vita dei figli, per poter avere del tempo da dedicare a loro”, ricorda Pivirotto, che in Francia ha lavorato in un’università. La legge francese prevede la possibilità per uno dei genitori di lavorare a tempo parziale nei primi anni di vita dei figli. La durata varia a seconda dei figli. Per il primo per esempio, dura un anno e può essere rinnovata al massimo fino al terzo compleanno del bambino. I datori di lavoro possono concordare l’orario, ma sono obbligati ad assecondare la richiesta e lo stato integra parzialmente la perdita di salario del lavoro.

 

Tasso di lavoro partime in Europa (2020)
Fonte: Eurostat

Nel Paese, il tasso dei dipendenti impiegati part time, secondo gli ultimi dati Eurostat, è poco sopra la media UE e poco sotto il dato italiano (tra 17 e 18% circa), ma la situazione cambia drasticamente quando si osservano le cifre relative al “part time involontario”. In Italia, il 66% dei dipendenti lavora a tempo ridotto senza volerlo, mentre in Francia la percentuale scende al 38%. “Del resto” riprende Pivirotto “ho visto molti colleghi e colleghe continuare il part time anche dopo il terzo compleanno dei figli. E in generale ho sempre percepito molta flessibilità sul lavoro per quel che riguarda gli impegni famigliari. Già prima della pandemia, per esempio, potevo lavorare da casa se un bambino era malato.

 

 

Poi, ci sono anche fattori indiretti che contribuiscono agli alti tassi di fertilità francese. “Politiche sociali come la scuola gratuita o le soluzioni abitative favorevoli alle famiglie non sono direttamente rivolte alla fertilità, ma hanno un forte impatto perché rendono la conciliazione più facile”, riprende Toulemon. “Quando viene chiesto quali sono le motivazioni che li spingono a fare figli, queste politiche non vengono citate, ma i cittadini sanno che possono contarci”.

Trasferimenti e agevolazioni: la generosità del quoziente familiare

Rispetto al sistema italiano di trasferimenti monetari, quello francese “è molto più generoso”. Lo hanno scritto i ricercatori Paolo Brunori, Maria Luisa Maitino, Letizia Ravagli e Nicola Sciclone, specificando le numerose misure” che lo compongono. Le principali sono:

  • L’allocation familiale, erogato alle famiglie con almeno due figli dipendenti, il cui importo dipende dal reddito della famiglia e dal numero di figli.
  • La prestation d´accueil du jeune enfant erogato alle famiglie con figli minori di 3 anni in base al reddito familiare, al numero di genitori che lavora e al numero di figli.
  • Il prime à la naissance (ou à l’adoption), un trasferimento per le famiglie a cui è nato un bambino, concesso sulla base del reddito familiare.
  • L’allocation de rentrée scolaire, un sussidio alle famiglie con figli che frequentano la scuola tra 6 e 18 anni, per accedere al quale è previsto un criterio di prova dei mezzi basato sul reddito familiare e sul numero di figli.
  • L’allocation de soutien familial, supporto aggiuntivo per i figli con un solo genitore o che vivono con i nonni.
  • Il complément familial, ulteriore sussidio alle famiglie con almeno 3 figli, il cui importo dipende dal reddito familiare.

Non è però l’unico modo in cui lo stato francese sostiene le famiglie. Vi è anche una specifica politica fiscale, di lunga data, incentrata sul cosiddetto quotient familial (quoziente familiare). Le aliquote fiscali si applicano sul reddito complessivo della famiglia diviso per il quoziente familiare, che attribuisce un peso maggiore al crescere dei carichi familiari. In pratica, per quantificare l’imposta dovuta, il reddito della famiglia è diviso per il quotient familial, calcolato sommando i seguenti coefficienti:

  • 1 per ciascuno dei due coniugi o conviventi;
  • 1,5 se l’adulto è uno solo e ha figli a carico;
  • 0,5 per i primi due figli a carico;
  • 1 dal terzo figlio in poi.

In concreto, come scrivono sempre Brunori, Maitino, Ravagli e Sciclone, “una famiglia composta da una coppia con un figlio avrà quoziente pari a 2,5. Una famiglia in cui sono presenti 3 figli a carico avrà quoziente pari a 4 se composta da una coppia, uguale a 3 se monogenitoriale”.

Si tratta di una politica fiscale più volte invocata anche in Italia, come possibile rimedio alla natalità molto bassa del nostro Paese. Vi sono però alcune criticità. “Fino a poco tempo fa il sostegno finanziario alle famiglie era regressivo, nel senso che a causa della combinazione di tasse e benefici, il sistema francese forniva un profilo a forma di U di sostegno a seconda del reddito”, spiega Thévenon. In pratica, finivano per essere maggiormente sostenute, da un lato, le famiglie a basso reddito e, dall’altro, quelle più benestanti. Nel mezzo, i nuclei che si trovavano nella parte bassa della U, non appartenendo a nessuna delle due precedenti categorie, restavano penalizzati. Per questo, conclude Thévenon, “le riforme adottate nel 2015 hanno ridotto la quantità di riduzioni fiscali che le famiglie a reddito più alto possono ottenere”.

Politiche stabili e generose: la fiducia che serve alle famiglie

“Dopo settant’anni di politiche familiari su base volontaristica, inclusive e composte da molte misure diverse, in Francia vi è un’idea molto forte: lo Stato aiuta le famiglie, tutte le famiglie”, riflette Toulemon di INED. Per Facchini “è una questione di sicurezza”. “Per i genitori” prosegue “è importante sapere che hanno un sostegno che permane nel tempo. Negli ultimi vent’anni la precarietà è tornata ad essere un aspetto rilevante per i giovani: lo Stato deve investire per attenuarla”. La Francia, infatti, è uno dei Paesi che spende di più per famiglia e infanzia in UE: nel 2018 era il 2,2 % del suo Pil, contro una media europea dell’1,7% e un dato italiano fermo all’1%.

“In Francia la fertilità è stata la questione dominante che ha incorniciato la discussione sulle politiche familiari dopo la seconda guerra mondiale, ed è rimasta importante nel corso dei decenni”, sostiene Thévenon. Non solo. Anche a suo parere, il fatto che il sostegno alle famiglie sia “percepito come stabile e consensuale crea buone condizioni per ‘correre il rischio’ di diventare genitori”. Certo, bisogna volerlo. “In Italia, la responsabilità dei genitori verso i figli è maggiore rispetto a quella di molti altri Paesi. Il ruolo della famiglia è forte”, riprende la sociologa Facchini. “Il modello francese e nordico, invece, è un modello di rapporti più allentati. Questo, dal punto di vista economico e identitario, rende meno ‘pesante’  la scelta dei figli. E, nello stesso tempo, vi è un maggiore ruolo dello Stato nel sostenere le scelte genitoriali”.

Pivirotto, che dalla scorsa estate è rientrata in Italia insieme alla famiglia, questi differenti approcci li ha vissuti e continua a viverli nella sua quotidianità. Che, con tre figli, è sempre intensa. Un momento per fermarsi a riflettere però lo trova. “Flessibilità lavorativa, aiuto finanziario, servizi alle famiglie. E, non da ultimo, uno sguardo benevolo verso i bambini”, elenca. “Per me, sono questi i punti di forza di una società che fa figli come quella francese”.

 

Denatalitalia

Questo articolo è parte della serie con cui Secondo Welfare vuole capire se e come si può affrontare il calo demografico italiano; anche guardando alle esperienze di altri Paesi.