Il Consiglio Regionale della Lombardia nella primavera del 2020 ha promosso una missione valutativa sull’attuazione e sugli esiti delle misure regionali in tema di recupero e distribuzione dei prodotti alimentari a fini di solidarietà sociale. Si tratta di un’indagine volta a capire come e perché la Regione Lombardia sostenga alcune organizzazioni non profit contemporaneamente impegnate a evitare sprechi alimentari e a sostenere chi non riesce a reperire cibo adeguato alla propria sussistenza. La questione, già particolarmente rilevante a causa dell’aumento della povertà alimentare negli ultimi anni e del conseguente impegno di istituzioni pubbliche, private e non profit per farvi fronte, appare ancora più significativa a causa dell’impatto sociale della pandemia di Covid-19.

In questo senso, il rapporto che ne è scaturito, a cui hanno contribuito anche i ricercatori di Secondo Welfare, oltre a prendere in considerazione le misure messe in campo dalla Regione Lombardia, propone alcune riflessioni strategiche che – tenendo in considerazione le rinnovate condizioni imposte dal Coronavirus – possono essere utili a migliorare la capacità di intervento sul fronte del recupero alimentare e del contrasto alla povertà. Si tratta, in altri termini, di spunti che si riferiscono a un territorio particolare ma che possono essere utili a tutte le istituzioni impegnate su questi fronti.  


Sussidiarietà, reti e confronto

La ricerca evidenzia come nel campo del contrasto allo spreco e alla povertà alimentare la Regione Lombardia abbia scelto di operare senza interventi diretti ma di supportare in vario modo quelle realtà che negli anni hanno accumulato esperienza e know-how nel recupero e nella ridistribuzione degli alimenti, evitando in tal senso di sostituirsi ad esse ma integrandone e rafforzandone l’azione attraverso una normativa che si è evoluta nel tempo. L’intento, applicando il principio di sussidiarietà orizzontale, è creare condizioni per aiutare chi opera più vicino al bisogno e, al contempo, cercare di intercettare e mettere a fattor comune le iniziative che a vario titolo tutelano il diritto al cibo. Un tentativo che non riguarda solo il rapporto tra la Regione e le organizzazioni non profit, ma anche le stesse strutture della Regione che negli anni hanno sviluppato misure sul cibo che, pur avendo totalmente o parzialmente gli stessi obiettivi, per varie ragioni faticano a dialogare e a lavorare unitariamente.

In tal senso, specialmente dopo il 2015, si è assistito al tentativo di incoraggiare condizioni che favorissero la creazione di spazi “terzi” in cui il dialogo potesse essere bidirezionale, positivo e continuativo.


L’evoluzione dei piani di intervento

In questo senso la ricerca ha preso in considerazione le iniziative promosse dalla Regione negli ultimi 15 anni, facendo particolare attenzione a quanto accaduto a seguito della “Legge Regionale per il Riconoscimento, tutela e promozione del diritto al cibo” (la LR 34/2015, di cui Secondo Welfare si era già occupato in una precedente missione valutativa svolta nel 2017). Tale norma rappresenta infatti uno spartiacque dell’azione regionale poiché fornisce un quadro normativo maggiormente chiaro e strutturato entro cui si possono condurre le attività di recupero e redistribuzione e, soprattutto, ha permesso di allargare il novero dei soggetti del Terzo Settore coinvolgibili in queste attività.

Dopo l’entrata in vigore della LR 34/2015 la Regione ha messo a punto due Piani di intervento biennali in cui si vede chiaramente l’evoluzione dell’approccio sul tema. Il primo Piano relativo al biennio 2017-2018 ha coinvolto 7 organizzazioni non profit impegnate nel contrasto alla povertà alimentare e, a fronte di un investimento di circa 1,6 milioni di euro, ha permesso di recuperare e distribuire 20.000 tonnellate di alimenti destinati al sostegno di circa 300.000 persone in stato di bisogno. Si è trattato del primo approccio di ampio respiro della Regione su questo fronte, che ha permesso anzitutto di sostenere il sistema di solidarietà presente sul territorio regionale e donare a chi ne aveva bisogno quantità importanti di alimenti che altrimenti sarebbero andati sprecati. Il secondo Piano, riferito al periodo 2019-2020, ha previsto uno stanziamento di 2,6 milioni di euro coinvolgendo 10 organizzazioni (di cui 5 in continuità col Piano precedente) con l’obiettivo di raggiungere oltre 315.000 beneficiari (risultato che non è stato confermato nella ricerca visto che l’analisi si è conclusa nel settembre 2020). Ma al di là dell’aumento delle risorse e della platea potenziale, il secondo Piano evidenzia la volontà della Regione di migliorare gli aspetti qualitativi, favorendo l’attivazione dei beneficiari, incrementando la distribuzione del fresco oltre al secco, incentivando il passaggio dal “pacco alimentare” all’emporio solidale e migliorando i percorsi di educazione alimentare.


Dal bisogno “tradizionale” alle nuove forme di povertà

La ricerca – anche grazie a una serie di interviste alle organizzazioni del Terzo Settore coinvolte nel Piano 2019-2020 – ha rilevato come le risorse stanziate da Regione Lombardia siano considerate fondamentali dalle realtà non profit che operano nel contrasto allo spreco e alla povertà alimentare. Senza gli stanziamenti economici garantiti dall’ente regionale molte delle funzioni svolte dalle organizzazioni sarebbero depotenziate – nel caso degli enti più grandi – o addirittura non realizzabili – nel caso di quelli più piccoli. Ma al di là della dimensione economica, un aspetto interessante emerso nel corso dei confronti è quello dei benefici derivanti dal lavoro condiviso svolto con l’ente regionale, che ha permesso a diverse organizzazioni di migliorare le proprie attività e i propri processi in quanto “costrette” a crescere e migliorarsi per fruire delle risorse regionali. Anche in questo caso, alla quantità si è andato associando un principio di qualità.

Ma accanto al sostegno alle misure tradizionali, a “ciò che già funziona”, i Piani della Regione hanno permesso di realizzare anche attività innovative come gli empori solidali. Questi ultimi sono simili nell’aspetto a supermercati commerciali, dove gli aventi diritto possono però reperire gratuitamente e in autonomia alimenti e prodotti di prima necessità, solitamente grazie ad un sistema a punti correlato allo stato di bisogno. Tali strutture, spesso riconducibili ad associazioni di volontariato di matrice religiosa già tradizionalmente impegnate sul fronte del contrasto alla povertà, negli ultimi anni hanno permesso di affrontare le necessità dei “nuovi poveri”, intervenendo su fasce della popolazione scivolate in condizioni di indigenza per loro inedite, innovando forme di intervento che per anni si erano concentrate solo su chi si trovava in condizioni di povertà cronica. Gli empori solidali negli anni sono andati assumendo un peso crescente all’interno della strategia di Regione Lombardia soprattutto per la loro capacità di costruire reti e processi collaborativi per potenziare l’offerta di misure e per garantire la fruizione dei diritti sociali. In questo senso il Piano 2019-2020 ha iniziato a prevederne chiaramente un rafforzamento, individuandoli come strumento adeguato per affrontare le situazioni cosiddette “grigie”.


Problemi da tenere in considerazione

L’analisi della strategia di Regione Lombardia sul fronte del recupero alimentare a fini di solidarietà sociale ha permesso di identificare, oltre a numerose best practice raccolte nel rapporto, anche problematiche su cui fare attenzione. In primo luogo la partecipazione ai piani risulta spesso complessa per le realtà di minori dimensioni, che non sempre possiedono strutture per partecipare ai bandi promossi dalla Regione per costruire i Piani; un peccato visto che queste realtà sono quelle maggiormente in contatto coi bisogni dei beneficiari. In secondo luogo il sistema di monitoraggio e valutazione che gli enti beneficiari sono in grado di mettere in campo è spesso carente e non adeguato alle sfide connesse al recupero e alla redistribuzione di prodotti alimentari a fini di solidarietà sociale; un fatto che limita la capacità di analisi e l’implementazione di nuove e più efficaci misure. Terzo, sono stati spesso evidenziati problemi di sovrapposizione tra iniziative e di mancato o scarso coordinamento territoriale tra organizzazioni non profit che si occupano di recupero alimentare, con conseguente perdita di risorse ed energie. Quarto, accanto a forme di sostegno economico alle organizzazioni che si occupano di povertà alimentare “tradizionale”, occorrerebbe immaginare anche nuove forme investimento su misure caratterizzate da maggior tasso di innovazione: anche e soprattutto alla luce dei bisogni emergenti a seguito della pandemia.


Indicazioni di policy utili per tutti

Per affrontare queste situazioni, ma anche per migliorare la capacità di intervento nel breve-medio periodo, i ricercatori individuano varie azioni possibili. Alcune di esse, ovviamente, si riferiscono specificamente alle azioni intraprendibili da Regione Lombardia. In sintesi le direttrici di intervento sono quattro: precisare i criteri di valutazione e aumentare la chiarezza dei dati richiesti in sede di rendicontazione; promuovere non solo la quantità delle donazioni, ma anche la loro qualità; garantire un flusso regolare di donazioni di prodotti alimentari; coinvolgere gli enti locali nella programmazione e nella valutazione degli interventi.

Ci sono poi indicazioni che, invece, potrebbero essere adottate anche da altre istituzioni che sono impegnate o vorrebbero impegnarsi nel sostegno ad azioni di recupero e redistribuzione di alimenti a fini di solidarietà sociale. Da un lato, i ricercatori auspicano l’adozione misure che sostengano maggiormente la formazione delle organizzazioni non profit impegnate nelle attività di recupero e redistribuzione, garantiscano risorse ad hoc per azioni di monitoraggio e/o valutazione sempre più incisive, favoriscano un più ampio coordinamento tra le iniziative in atto e incoraggino esplicitamente, sostenendole, azioni innovative per rispondere ai (nuovi) bisogni sociali.

Dall’altro lato, le strategie dovrebbero certamente tener conto dei mutamenti contingenti legati al Covid-19, ma senza dimenticare il più ampio quadro in cui essi si inseriscono. L’impatto ambientale causato dal crescente consumo di suolo e di acqua, la perdita di biodiversità, le crescenti emissioni di gas serra, il ricorso a pesticidi e altri agenti inquinanti in agricoltura e allevamento, le vulnerabilità dei mercati agroalimentari a causa delle tensioni internazionali sono solo alcuni dei macro fenomeni che oggi condizionano il sistema del cibo e che vanno tenuti in considerazione per immaginare strategie di ampio respiro. Per tali ragioni occorrerebbe impegnarsi per tradurre le singole azioni su agricoltura, ambiente, commercio, valorizzazione degli alimenti e contrasto alla povertà e alle disuguaglianze sociali legate all’alimentazione in strategie trasversali sul cibo che tengano conto dei vari aspetti della questione. Solo così si creerano condizioni migliori per affrontare situazioni che, come ci ha ben dimostrato l’ultimo anno, sono sempre più complesse e sempre meno prevedibili.


La missione valutativa “Recupero e distribuzione dei prodotti alimentari ai fini di solidarietà sociale: attuazione e risultati delle politiche di Regione Lombardia” è stata promossa dal Comitato Paritetico di Controllo e Valutazione del Consiglio regionale della Lombardia, d’intesa con la Commissione consiliare Sanità e Politiche sociali. La ricerca ad essa collegata è stata svolta da docenti e ricercatori del Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università degli Studi di Milano – Franca Maino, Lorenzo Bandera (entrambi ricercatori di Percorsi di secondo welfare), Gloria Regonini e Maria Giulia Montanari – e dal personale dell’Ufficio Studi Analisi Leggi e Politiche Regionali del Consiglio regionale della Lombardia – Elvira Carola e Marina Gigli. Sul sito del Consiglio Regionale è disponibile la ricerca completa e un executive summary.