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CSVnet, l’associazione nazionale dei Centri di servizio per il volontariato (Csv) in Italia, è nata nel gennaio del 2003 e rappresenta 53 dei 55 Csv istituiti grazie alla legge quadro sul Volontariato (n. 266/1991, oggi abrogata) e oggi regolati dal Codice del terzo settore. L’associazione si ispira ai principi della Carta dei valori del volontariato e della Carta della rappresentanza e punta a rafforzare la collaborazione, lo scambio di esperienze e di competenze fra i Csv per meglio realizzarne le finalità, nel rispetto della loro autonomia.

Analisi sui CSV e ETS

Recentemente CSVnet ha pubblicato un report sul volontariato ai tempi del Coronavirus, risultato della consultazione di oltre 150 dirigenti dei Csv, svolta a giugno 2020, e di un questionario on-line su come i Centri hanno operato nella “fase 1”. Uno sforzo di conoscenza importante finalizzato a mettere a frutto ciò che “abbiamo imparato” dai giorni sconvolgenti e difficili dell’emergenza sanitaria. La pandemia del Covid-19, come spiegano gli stessi autori della ricerca, non è certamente stata la prima emergenza affrontata in questi anni dai Centri di servizio per il volontariato, ma è stata certamente quella che per la prima volta ha interessato tutta la rete nazionale.

CSVnet ha interrogato i Csv del territorio nazionale, mentre gli ETS (enti del terzo settore, sigla dettata dalla riforma e usata nel report) sono stati consultati dalla maggioranza dei Csv, con sondaggi strutturati sulle attività svolte e i problemi incontrati durante e dopo il lockdown che hanno permesso ai Csv di orientarsi quasi in tempo reale nel rimodulare i servizi sulle reali esigenze degli interessati.

Tempestività dell’azione

Il primo dato che si evince dal report è l’eccezionale tempestività della reazione all’emergenza: l’85% dei Csv ha riorganizzato gli uffici entro una settimana, mentre una quota oscillante tra il 50 e l’80% di Ets ha continuato a operare, sia negli ambiti tradizionali che reinventandosi rapidamente – in presenza o on-line – sui bisogni emergenti (consegna cibo e farmaci, assistenza telefonica, lezioni su web ecc.). Il tutto nonostante le difficoltà in alcune zone di lavorare in rete, la presenza di una quota non irrilevante di associazioni “fragili” e dall’età media dei volontari molto elevata che rende più complessi alcuni interventi.

Il report testimonia la presenza di un tessuto associativo che nonostante l’emergenza e lo sconvolgimento di quei giorni ha tenuto e ha continuato ad offrire il proprio contributo alla società. Come riassume CSVnet, il mondo del volontariato ha proseguito nonostante tutto. Si pensi che nella fase del lockdown l’89% dei Csv ha registrato un incremento dei volontari mentre il 63% è rimasto parzialmente o totalmente operativo.

Digitalizzazione

Due sono gli altri principali temi che emergono dall’inchiesta. Da un lato l’emergenza ha accelerato il processo di digitalizzazione e ha innescato un’onda emotiva di cui bisognerebbe fare tesoro, sempre di più riconoscendo al volontariato un rapporto alla pari con le istituzioni. Questo è un aspetto su cui bisogna ancora lavorare in molti territori, si legge nel rapporto.

Dall’altro lato la digitalizzazione ha comportato “una piccola rivoluzione per un associazionismo che ha sempre esaltato la socialità e la relazione fisica con le persone, e che invece si è accorto di come il web permetta di attuare forme di aiuto a persone in difficoltà in modo talvolta perfino più efficace che “dal vivo”; per non parlare dei vari tipi di incontri trasferibili on-line: associativi, di formazione, di consulenza ecc”. Nel futuro, sottolineano gli autore del report, bisognerà trovare un equilibrio tra modalità a distanza e modalità in presenza.

Dai Csv viene inoltre una forte richiesta affinché CSVnet costituisca sempre di più un riferimento a livello nazionale che aiuti i Centri di Servizio per il Volontariato a consolidare la loro legittimazione sul territorio. Dall’emergenza infatti bisognerebbe imparare che non è più il tempo per le istituzioni locali e per la società di avere atteggiamenti regressivi e strumentali nei confronti del mondo del volontariato, prendendo ad esempio anzitutto quei territori in cui è più avanzata la cultura del fare rete.

Riferimenti

Il rapporto “I Csv, il volontariato e la pandemia”