Lo scorso 17 luglio, a Roma, sono stati presentati i risultati del 4° rapporto curato dall’Osservatorio sulla Contrattazione di Secondo Livello (Ocsel) di Cisl. I dati (di cui vi abbiamo in un nostro precedente articolo) hanno evidenziato un’importante crescita del fenomeno del welfare aziendale. Con lo scopo di approfondire quanto emerso dal rapporto abbiamo intervistato Luigi Sbarra, Segretario Generale Aggiunto di Cisl, che ci ha parlato delle opportunità della contrattazione aziendale e del welfare, anche in ottica futura.
Dottor Sbarra, il 4° Rapporto Ocsel ha evidenziato un importante incremento della contrattazione di secondo livello nelle imprese italiane. Quali crede siano stati i fattori che hanno maggiormente influenzato questo sviluppo?
La contrattazione aziendale e territoriale di secondo livello sta registrando una vera e propria stagione di rilancio e di ripresa di significato. Gli anni della dura recessione sono finalmente alle spalle e l’economia italiana in generale sta vivendo una congiuntura positiva, per quanto non sostenuta e debole. Il principale fattore che tuttavia a mio avviso sta ridando forza alla contrattazione risiede nel nuovo e sempre più intrecciato rapporto cooperativo e partecipativo che impresa e lavoro sono chiamati a costruire in questo post crisi. La competitività da ricercare è sempre più sfidante. Le imprese che vincono questa sfida sono quelle che non puntano a tagliare i costi ma a valorizzare il lavoro e un suo apporto di valore.
E il sindacato, Cisl in testa, sta imparando sempre più che in azienda occorre conoscere e contribuire a determinare le scelte dell’impresa, con flessibilità ma puntando soprattutto sul riconoscimento del fattore lavoro. Ecco che in questo modo vediamo farsi avanti una nuova contrattazione, che punta prima a creare risultati per poi negoziare buona occupazione e migliori condizioni salariali e normative.
Il 4° rapporto presentato dall’Ocsel dimostra come la contrattazione in azienda sia sempre più innovativa e plurale, capace di adattarsi alle diverse condizioni di imprese, tornando ad occuparsi delle questioni centrali che possono qualificare il nuovo rapporto partecipativo tra impresa e lavoro (organizzazione del lavoro, professionalità, welfare, condivisione di obiettivi a cui legare incrementi salariali). La contrattazione tende quindi a realizzare sia miglioramenti di competitività e di produttività per le imprese che allo stesso tempo maggior benessere per le persone che lavorano. E’ un’ottica ribaltata rispetto al Novecento quando la produttività in azienda la si otteneva solo a scapito delle condizioni di lavoro.
La Cisl crede quindi che la contrattazione aziendale e decentrata vada ancor più stimolata e promossa, soprattutto al Sud e nelle PMI dove i nostri dati rilevano ancora scarsa diffusione. Chiederemo di nuovo alle controparti azioni coerenti e forti in questa direzione.
Secondo i dati del Rapporto il welfare aziendale e contrattuale è una delle materie più presenti negli accordi. Nel solo 2017 il welfare è infatti presente nel 32% dei contratti presenti nel Database dell’Ocsel. Quali sono secondo lei le motivazioni che hanno spinto le parti sociali a far ricorso così spesso alla contrattazione in materia di welfare?
Il welfare contrattuale costituisce il terreno di principale innovazione e diffusione in questa recente tornata contrattuale. Nel giro di soli 3-4 anni siamo passati da un welfare contrattato in pochi eccellenti casi di scuola (Luxottica, banche, multinazionali ad alto valore aggiunto) ad una crescente centralità e costanza del welfare nella contrattazione decentrata. Ogni anno si registrano incrementi importanti e una diffusione dello stesso in settori, aziende e realtà che fino a ieri ne erano a digiuno. La Cisl vede positivamente questo risultato e con orgoglio ritiene di essere stato un soggetto decisivo ai tavoli di trattativa per promuovere la cultura del welfare integrativo prima tra i lavoratori e poi presso le controparti.
Il motivo principale a mio avviso circa la crescente attenzione verso il welfare non è di carattere fiscale o legato agli incentivi. Lo individuiamo invece nel fatto che impresa e lavoro, come già dicevo, hanno aumentato il grado di attenzione e scambio reciproco per creare valore e risultati. Sono sempre più per fortuna le imprese che credono nel benessere dei propri dipendenti non solo per motivazioni valoriali ma anche quale fattore di produttività. Lavoratori che hanno un migliore equilibrio tra vita e lavoro sono più proattivi. Gli stessi lavoratori e lavoratrici chiedono al sindacato di negoziare nuove tutele, soprattutto da personalizzare secondo i singoli bisogni. Salario, orario, sicurezza del posto di lavoro sono sempre al centro dei bisogni delle persone e della nostra contrattazione, ma conciliare vita, famiglia e lavoro, avere sostegno per i figli o ulteriori tutele di carattere sociale, sanitario o previdenziale è diventato troppo importante. La contrattazione sta dando risposte crescenti a questi bisogni e sugli stessi luoghi di lavoro vediamo interesse da parte dei lavoratori.
Certamente anche i recenti vantaggi fiscali hanno costituito una indubbia spinta ulteriore alla galoppante diffusione del welfare nella contrattazione. Ma la direzione di questo interesse vincente era già tracciata nel nuovo modo di fare impresa e di lavorare che sempre più si sta facendo avanti nell’economia reale
Negli ultimi tempi, considerando le priorità dell’attuale Governo (in primis flat tax e reddito di cittadinanza), in molti hanno evidenziato la possibilità di una riduzione (o addirittura eliminazione) degli incentivi fiscali e contributivi legati alla conversione del Premio di Risultato in welfare. Quanto potrebbe incidere secondo lei questa eventualità nel futuro sviluppo del welfare aziendale e contrattuale? E del welfare nel suo complesso?
Il sindacato vuole porsi con attenzione rispetto alla prossima Legge di bilancio chiamata a realizzare una prima buona parte degli impegni sottoscritti nel cosiddetto "contratto di governo". Ma non saremo semplici spettatori e sicuramente ci batteremo affinché politiche di sostegno al lavoro e alla contrattazione quali la detassazione dei premi di risultato e la possibile loro conversione in welfare siano riconfermate. Negli ultimi 2 anni e mezzo, da quando con la Legge di bilancio del 2016 tali misure sono state introdotte su nostra specifica richiesta, non scordiamocelo, sono oltre 32 mila gli accordi aziendali di premi detassati sottoscritti, di cui oltre 13 mila in questo momento in vigore per il 2018. Sono milioni i lavoratori italiani che in questo momento pagano meno tasse sui premi contrattati. Se il governo vuole alzare loro le tasse togliendo le misure in vigore non staremo certo zitti.
Quanto alle misure per il welfare faccio notare che oggi ben il 41% degli accordi sui premi detassati prevedono la possibile conversione in welfare a scelta del singolo lavoratore. E’ un dato enorme, cresciuto nel tempo (erano solo il 18% 2 anni fa quando le misure furono introdotte ex-novo), abbiamo una generazione di sindacalisti che ha imparato a contrattare welfare. Se guardiamo addirittura alla popolazione lavorativa sono più del 50% i lavoratori coinvolti, visto che il welfare si negozia soprattutto in medie e grandi aziende.
Quello che chiediamo e di cui abbiamo bisogno oggi è una verifica complessiva circa la diffusione e l’efficacia di questi strumenti. Più che misurare gli accordi fatti è ora il tempo di avere analisi e dati su quali servizi i lavoratori utilizzano e in che modo. Solo sulla base di dati oggettivi si potrà fare una verifica ed eventualmente introdurre modifiche correttive alle norme. Ne anticipo una. Il welfare contrattato deve mantenere un valore sociale, possiamo fare a meno di incentivare i servizi ricreativi come oggi previsto dal TUIR.
Ma nel contempo la Cisl è convinta che la strada è tracciata e indietro non si torna. Chiederemo al Governo di proseguire nel sostegno al welfare contrattuale soprattutto perché questo deve e può integrarsi nei servizi e prestazioni con un welfare pubblico che vede bisogni crescenti e risorse costanti o in calo. Ma se il Governo dovesse allentare i sostegni forse si interromperanno i piani di welfare costruiti solo per risparmiare sul costo del lavoro. Chi invece negozia welfare, come abbiamo già detto, per creare benessere a chi lavora e migliora clima e organizzazione aziendale per questa via continuerà a farlo e la Cisl si batterà in questa direzione. Il welfare è diventato una delle leve fondamentali per avere una azienda veramente partecipativa. Perché mai il sindacato, la Cisl e le sue categorie dovrebbero rinunciarci?