Nel marzo scorso la Corte dei Conti ha pubblicato sul suo sito istituzionale una relazione che ci fornisce un esauriente quadro del sistema di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale nel nostro Paese, delle loro presenze e dei costi necessari a sostenerlo. Di seguito si segnalano i dati più interessanti utili a comprendere le dinamiche in atto.
Sbarchi e presenze
Secondo i dati forniti dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, nel corso del 2016 sono sbarcate sulle coste dell’Italia meridionale oltre 181mila persone. Di queste, quali 37.551 (21%) hanno dichiarato di provenire dalla Nigeria, 20.718 (11%) dall’Eritrea, 13.342 (il 7%) dalla Guinea; 12.396 (7%) dalla Costa d’Avorio; 11.929 (7%) dal Gambia; 10.327 (6%) dal Senegal; 10.010 (6%) dal Mali; 9.327 dal Sudan (5%); 8.131 (4%) dal Bangladesh; e 7.281 (4%) dalla Somalia. Dei dieci paesi menzionati, nove provengono da continente africano.
I minori stranieri non accompagnati (Msna) sbarcati nel 2016 sono stati 25.846 e, cioè, più del doppio di quelli giunti sia nel corso del 2015 (12.360) che del 2014 (13.026).
Domande d’asilo
Tutti coloro che arrivano sono immessi nel “Sistema di richiesta d’asilo”, che attualmente è una delle poche modalità per stabilirsi legalmente in Italia. Negli ultimi quattro anni il Ministero dell’interno è stato impegnato a gestire 297.646 domande, quasi la metà di tutte le richieste di asilo presentate negli ultimi venticinque anni (complessivamente 641.320 domande dal 1990 ad oggi).
L’aumento delle domande è stato condizionato, in particolare, da quella che è stata definita “emergenza Nord Africa”. Nel 2014 il numero di domande di asilo (63.456) ha rappresentato il punto più alto mai registrato in Italia (l’11% a livello europeo). Nel 2015, rispetto al 2014, l’aumento è stato di un ulteriore 32% (83.970 domande) e nel 2016 l’aumento è lievitato al 47% (123.600 domande).
Tra queste ultime, come evidenziano i dati forniti dalla Commissione nazionale asilo, le domande esaminate sono state 91.102, delle quali circa il 56% è stato respinto ed il 4% ha riguardato soggetti che si sono resi irreperibili. Delle domande accolte (36.660), solo il 13% ha avuto come esito il riconoscimento dello status di rifugiato, mentre il 35% si è visto riconoscere la protezione sussidiaria ed il 52% la protezione umanitaria.
Figura 1. Esiti delle domande di asilo esaminate nel biennio 2015-2016
Fonte: Ministero dell’interno
Sistema di accoglienza
Nelle strutture di accoglienza gli immigrati permangono per tutto il periodo in cui la domanda d’asilo è oggetto di esame, ovvero ben oltre 6 mesi, che aumentano se si aggiungono i tempi necessari per attendere l’iter dei ricorsi.
Il sistema prevede centri di “prima accoglienza” suddivisi tra Centri di primo soccorso e accoglienza (Cpsa), Centri di prima accoglienza per richiedenti asilo (Cara), Centri di identificazione (Cdi), Centri di assistenza straordinari (Cas) e Centri di espulsione (Cie), e una rete di centri di “seconda accoglienza”, costituito dal Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), destinati all’integrazione sociale ed economica di soggetti già titolari di una forma di protezione internazionale (rifugiati, titolari di protezione sussidiaria e umanitaria) il cui obiettivo principale dovrebbe essere quello di favorire l’acquisizione dell’autonomia.
Gli stranieri presenti nelle strutture d’accoglienza al 31 dicembre 2016 erano 176.554, concentrati maggiormente in Lombardia e, poi, nel Lazio, in Piemonte, in Veneto, in Campania e in Sicilia. Al 31 dicembre 2016, 14.694 dei richiedenti asilo (pari all’8,32%) erano allocati nei Cda e Cara), 137.218 (77,72%) nei Cas, 23.822 (13,49%) nei centri Sprar e 820 (0,46%) negli hotspot, per un numero complessivo, appunto, di 176.554 persone.
Figura 2. Distribuzione percentuale deimigranti divisa per regione
Presenze totali 176.554 (31.12.2016)
Fonte: Ministero dell’Interno
Anche per i minori stranieri non accompagnati è prevista l’attivazione di strutture governative di primissima accoglienza, gestiti dal Ministero dell’interno, anche in convenzione con gli enti locali titolari di progetti Sprar, sollevando così i comuni, su cui oggi grava l’onere di tale compito. Per alcune categorie di persone c.d. “vulnerabili”, richiedenti protezione internazionale, sono previsti speciali servizi di accoglienza sia nei centri governativi di prima accoglienza, che nell’ambito dello Sprar e vengono inseriti in programmi specifici dotati di personale qualificato.
Procedure di affidamento dei servizi di accoglienza
Tra il 2014 e il 2016 ai fini dell’attivazione di strutture temporanee nell’ambito di tutti i servizi di accoglienza, anche a fronte del significativo numero di sbarchi e delle evidenti difficoltà territoriali, i prefetti hanno prevalentemente rispettato le ordinarie procedure di affidamento dei contratti pubblici. Solo nei casi di estrema urgenza, hanno fatto ricorso all’affidamento diretto per il tempo strettamente necessario alla definizione delle procedure di gara. Delle strutture attivate nel 2016 per la prima e la seconda accoglienza (Sprar), circa il 73% sono state quelle autorizzate a seguito di procedure di gara aperta, l’1% lo è stato in esito a procedure ristrette, il 5% con procedure negoziate, il 16% a seguito di affidamenti diretti per un periodo limitato e il 5% per convenzioni con enti pubblici o locali.
I costi del sistema asilo: dal funzionamento delle Commissioni ai percorsi di integrazione
Per sostenere le spese per le Commissioni d’asilo dal 2008 al 2016 il Ministero ha dovuto impegnare 69.352.818 euro, e siccome le pratiche esaminate sono state 340.048, l’importo pro capite impegnato è stato di 203,95 euro, senza calcolare i costi per le eventuali fasi di giudizio a cui gli immigrati, ricorrendo al gratuito patrocinio, hanno avuto la possibilità di accedere per impugnare i provvedimenti di diniego dello status.
Per l’accoglienza degli immigrati sul territorio italiano, nel 2016, il Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo, gestito dal Ministero dell’interno, ha registrato un impegno finanziario per complessivi 1,7 miliardi di euro, di cui: 1,29 miliardi per la prima accoglienza, 266 milioni per la seconda accoglienza e 111,5 milioni per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.
Anche l’Unione Europea, per la stessa annualità, ha contribuito con finanziamenti per 46,8 milioni di euro, che rappresentano soltanto il 2,7% rispetto all’onere gravato sul bilancio dello Stato, (di cui 8,1 milioni erogati dall’agenzia “Frontex” e 38,7 milioni dal Fondo asilo, migrazione ed integrazione – Fami).
Infine il costo per l’Italia delle mancate ricollocazioni di migranti negli altri Stati europei, alla data del 15 ottobre 2017, è stimata in non meno di 762,5 milioni.
Le criticità evidenziate dall’analisi della Corte dei Conti
La Corte dei Conti nella sua relazione evidenzia alcune criticità che riportiamo di seguito.
L’incapacità da parte del Ministero di tracciare la presenza e gli spostamenti dei richiedenti asilo, anche da una struttura all’altra, rende evidente la necessità di fornirsi di un adeguato sistema informativo capace di monitorare l’equa distribuzione sul territorio nazionale dei soggetti interessati, stante anche l’urgente necessità di prestare attenzione ai dati sui Msna, la cui presenza reale è solo parzialmente conosciuta e monitorata.
Le strutture di accoglienza situate sul territorio nazionale presso le quali vengono condotti i richiedenti asilo dopo il primo soccorso e una prima assistenza nei porti di sbarco, indipendentemente dalla loro denominazione (Cda, Cara, Cas), svolgono la medesima funzione di accoglienza.
I tempi di esame e di decisione dei ricorsi per la definizione delle richieste di protezione internazionale appaiono ancora troppo lunghi, sebbene il numero delle commissioni territoriali competenti sia stato raddoppiato. Secondo la banca dati del Servizio centrale dello Sprar, il periodo di attesa per l’audizione davanti alle competenti commissioni territoriali si aggira sui dodici mesi, partendo dalla prima richiesta, spesso due o tre mesi di attesa per la formalizzazione della domanda in questura, fino alla notifica dell’audizione.
Il ricorso alle strutture temporanee di prima accoglienza, che nel 2015 sono risultate 2.332 sparse sul territorio, richiede una più pregnante verifica degli standard di ricezione, anche per una migliore gestione di possibili resistenze delle comunità locali.
L’affidamento di servizi di accoglienza a terzi operatori economici, senza adottare alcuna procedura di evidenza pubblica che garantisca principi di trasparenza e concorrenza, non risulta ammissibile in quanto il fenomeno dell’immigrazione non può essere gestito come “fenomeno emergenziale”.
I migranti che non ottengono alcuna forma di protezione (sussidiaria o umanitaria) diventano sostanzialmente irregolari: poiché rimpatriarli è complesso e oneroso, essi restano sul territorio senza diritti, facilmente inseribili anche nei circuiti delle attività illecite e malavitose.
La difficoltà da parte degli uffici territoriali del Governo di trarre dati attendibili afferenti i costi giornalieri sostenuti per la gestione della prima accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, rappresenta un “aspetto sintomatico di disordine contabile” e non salvaguarda i principi di buona amministrazione.