L’Osservatorio sulla Contrattazione di Secondo Livello (OCSEL) di Cisl si occupa di raccogliere, analizzare e studiare gli accordi integrativi e di rinnovo aziendali sottoscritti a ogni livello – di gruppo, azienda, stabilimento e territoriali, nonché di filiera e di settore-. Ogni due anni, per esporre il suo lavoro, l’Osservatorio pubblica un rapporto in cui sono indicati tutti i dati relativi ai contratti stipulati negli anni precedenti.
In questo approfondimento vi riportiamo i risultati – reperibili all’interno del Rapporto OCSEL del 2017 – che si riferiscono al biennio 2015/2016. Si ricorda che l’Osservatorio OCSEL, pur rappresentando una fonte preziosa, non produce un campione statistico strettamente rappresentativo, dato che la sua composizione non replica quella dell’universo di tutti gli accordi decentrati stipulati nel nostro Paese.
Cosa emerge dal Rapporto OCSEL
I contratti reperiti dall’Osservatorio tra il 2009 e il 2016 sono 7.245, di cui oltre 2.000 stipulati tra il 2015 e il 2016. Il primo elemento degno di nota riguarda il fatto che, secondo l’OCSEL, i dati sulla diffusione della contrattazione aziendale di secondo livello suggeriscono un crescente aumento di questo fenomeno.
Le aziende recensite nell’analisi della contrattazione negli ultimi due anni sono 1.478, che coinvolgono complessivamente 753.304 lavoratori. Se si analizzano i dati per classe dimensionale delle aziende che hanno stipulato almeno un accordo negli ultimi due anni, è possibile osservare come la contrattazione di secondo livello sembra investire più le piccole e medie aziende (sono infatti 606 le aziende con meno di 50 dipendenti e 430 quelle con un numero di addetti da 50 a 249) che le medio-grandi e grandi imprese (sono 442 quelle sopra i 250).
Figura 1: Propensione contrattuale per classe dimensionaleFonte: Rapporto OCSEL 2017
Se si osserva la distribuzione geografica dei contratti aziendali, però, si nota una forte prevalenza di accordi siglati dalle aziende situate nelle regioni del Nord Italia (48%) e di quelli siglati da imprese appartenenti a gruppi presenti su tutto territorio nazionale (32%). Le percentuali sono invece molto basse nelle regioni del Centro (14%) e, ancora di più, nel Sud e nelle Isole (6%).
Figura 2: Distribuzione geografica dei contratti aziendali
Fonte: Rapporto OCSEL 2017
Le materie oggetto di contrattazione
Per comodità di analisi i contenuti della contrattazione aziendale sono stati articolati in quattordici materie principali: diritti sindacali; salario; orario; inquadramento; organizzazione; formazione; pari opportunità; welfare; bilateralità; ristrutturazione e crisi; mercato del lavoro; ambiente, salute e sicurezza; partecipazione; responsabilità sociale delle imprese.
Analizzando la frequenza con cui le diverse materie ricorrono nella contrattazione del biennio 2015/2016, in testa alla graduatoria troviamo il “salario” con la percentuale del 43%, in aumento rispetto al biennio precedente di 20 punti percentuali (23%). Al secondo posto troviamo la “gestione delle crisi aziendali” con il 37%, in diminuzione rispetto al biennio precedente di 25 punti (62%). Di seguito, la materia trattata con maggiore frequenza è quella del “welfare” in aumento nell’ultimo biennio di 10 punti (20% nel 2015-16, 10% nel 2013-14). La regolazione dell’orario di lavoro in azienda occupa invece il quarto posto con il 19% nel 2015-16 (12% nel 2013-14).
Figura 3: Materie oggetto di contrattazione
Fonte: Rapporto OCSEL 2017
Il welfare aziendale nelle imprese italiane
I dati OCSEL 2013-2016 mostrano una rilevante crescita degli accordi relativi al welfare aziendale. Infatti, dal 2013 – quando solo l’8% dei contratti prevedono tale materia – gli accordi che regolamentano servizi e prestazioni di welfare per i sono cresciuti notevolmente, raddoppiandosi tra il 2014 (10%) e il 2015 (22%) per poi stabilizzarsi nel 2016 attorno al 19%.
A riguardo, vi è una evidente correlazione fra la contrattazione del salario e quella delle prestazioni di welfare: in alcuni casi, specialmente nelle situazioni di crisi aziendale, la prima tende a calare per lasciare spazio a benefit e servizi di welfare. Ciò, a sua volta, è condizionato dai recenti sgravi fiscali previsti dalle Leggi di Stabilità del 2016 e del 2017.
Figura 4: Diffusione dei contratti che regolamentano il welfare aziendale
Fonte: Rapporto OCSEL 2017
I settori maggiormente coinvolti nella contrattazione del welfare, negli ultimi due anni, sono stati: metalmeccanico (28%), il chimico (20%), l’edilizia (15%), il tessile (8%), le aziende di servizi (7%), l’agroalimentare (6%) e il Commercio (5%).
Il rapporto offre altre informazioni preziosi suddividendo i contratti che regolamentano il welfare aziendale in tre macro aree: gli accordi che prevedono versamenti verso fondi previdenziali o sanitari integrativi (non previsti dal CCNL) (42%), quelli che introducono miglioramenti delle diposizioni legislative e normative (27%) e quelli che prevedono servizi aziendali e convenzioni (70%).
All’interno di questo ultimo gruppo, i servizi aziendali come il servizio mensa (36%) e la categoria “altri benefit” (51%) – cioè buoni spesa, centri estivi e ricreativi, fringe benefit, strumenti di scontistica, agevolazioni bancarie) – risultano gli istituti maggiormente negoziati tra le parti. Seguono poi i rimborsi per le spese scolastiche (20%) il carrello della spesa (15%) i trasporti (14%) e la possibilità di stipulare a livello aziendale convenzioni riguardante gli asili nido e nido d’infanzia (13%).
Figura 5: I servizi di welfare più contrattati
Fonte: Rapporto OCSEL 2017