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La conferenza

Il 15 e il 16 marzo 2012, sull’isola di San Servolo, Venezia, si è tenuta la conferenza “Promoting the understanding of cooperatives for a better world”. L’iniziativa ha chiamato a raccolta studiosi ed economisti da tutto il mondo, per discutere sulla natura, sull’impatto e sulle potenzialità delle imprese cooperative. Da questo punto di vista il 2012 è un anno importante, perché è stato proclamato dall’ONU Anno Internazionale delle Cooperative. La conferenza è stata organizzata da Euricse e Alleanza Cooperativa Internazionale (ICA).
Partha Dasgupta, professore emerito di Economia all’Università di Cambridge, ha aperto i lavori della conferenza invitando a porre la necessaria attenzione ai costi economici e sociali del sistema economico dominante, ed ai vantaggi che provengono dalla promozione della cooperazione. Nel suo intervento, Romano Prodi ha invece posto l’accento sul fatto che “l’inclusività del sistema cooperativo e la sua positiva modifica al modello di lavoro vanno incontro al dramma della mancanza di risposte e coraggio della leadership politica”, mentre Len Wardle, presidente di Co-operatives UK, ha invitato a riflettere su alcuni numeri: il mondo cooperativo fornisce lavoro a circa cento milioni di individui e le 300 maggiori cooperative del mondo valgono oggi 1,6 trilioni di dollari.
Questi dati parlano di una economia alternativa a quella di mercato che, come sottolineato in altre sedi dal segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon, è in grado di coniugare responsabilità economica e solidarietà sociale. Su questo punto cruciale Dasgupta ritiene che stia sempre più emergendo una domanda di cooperazione che riflette il bisogno delle persone di essere più direttamente coinvolte nel processo produttivo dei beni e dei servizi, anche nella prospettiva di abbattere le asimmetrie informative che troppo spesso affliggono le scelte dei consumatori.
Carlo Borzaga, presidente di Euricse ed economista dell’Università di Trento, ha del resto sottolineato come proprio nel corso della crisi economica in atto il mondo cooperativo abbia dato prova del suo valore aggiunto in termini di coesione sociale e sviluppo del territorio, tendendo a proteggere i posti di lavoro al suo interno ed a garantire la costante erogazione del credito alle imprese attraverso le banche cooperative.
Vera Zamagni, professore di Storia economica all’Università di Bologna, ritiene che la sostituzione delle economie di scala con quelle di rete sia una importante risposta che il settore produttivo delle medie e piccole imprese in Italia può dare nell’attuale contesto di crisi, all’insegna di sinergie locali che possono rappresentare una alternativa alle imprese gerarchiche di ampie dimensioni tipiche delle economie capitalistiche contemporanee. Questo tipo di assetti potrebbe del resto prevenire la perdita di numerosi posti di lavoro in seguito alla delocalizzazione della produzione che spesso accompagna il perseguimento di economie di scala. Per Zamagni, affinché le cooperative possano rappresentare una reale alternativa all’economia di mercato, le stesse devono promuovere una formazione specifica per il proprio management; troppo spesso infatti queste professionalità vengono prese in prestito da una realtà, quella capitalistica, il cui obiettivo principale è e rimane il profitto.
Durante la conferenza, più di duecento studiosi hanno quindi avuto modo di confrontarsi su quello che le Nazioni Unite, nell’Anno Internazionale, definiscono il ruolo inestimabile del modello di impresa cooperativa, con riferimento alla lotta alla povertà, alla creazione di posti di lavoro e alla promozione dell’inclusione sociale. L’interesse per il tema è stato del resto replicato, pochi giorni dopo l’evento di San Servolo, a Berlino (21-23 marzo), dove si è tenuta la conferenza “Cooperative Responses to Global Challenges”, a cui hanno partecipato 236 esperti da 56 nazioni. Nel corso di questo evento sono stati trattati in particolare i temi del ruolo delle cooperative nella stabilizzazione delle economie nelle fasi di crisi finanziaria, nell’inclusione delle donne, nella lotta alla povertà, nelle riforme energetiche e nello sviluppo delle grandi metropoli.

L’appello sul ruolo del credito cooperativo

Nel corso della conferenza di Venezia, Carlo Borzaga ha presentato l’appello della comunità degli studiosi del mondo cooperativo a tutti i capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea, agli organi di Governo dell’UE e alle Autorità bancarie europee, “sul ruolo del credito cooperativo per la ripresa economica dell’Europa”. Il documento chiede all’Unione Europea di creare una cornice legislativa per il credito cooperativo che tenga conto delle sue specificità e dell’importante contributo che lo stesso garantisce allo sviluppo economico e sociale delle comunità locali negli Stati membri. Data l’importanza di questo appello, abbiamo deciso di riprodurlo qui di seguito integralmente.
 

APPELLO SUL RUOLO DEL CREDITO COOPERATIVO
PER LA RIPRESA ECONOMICA DELL’EUROPA

All’attenzione di:
Tutti i capi di Stato e di Governo dell’Unione Europea
All’attenzione di:
Sig. José Manuel Barroso, Presidente della Commissione Europea
Sig. Martin Schulz, Presidente del Parlamento Europeo
Sig. Herman Van Rompuy, Presidente del Consiglio dell’Unione
Europea
E all’attenzione dei Presidenti di:
Comitato europeo per il rischio sistemico
Autorità bancaria europea
Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati
Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali

Per una rapida ripresa dalla crisi economica: perché le disposizioni europee in materia bancaria devono tener conto delle specificità del credito cooperativo

In questi anni, si è manifestato con chiarezza il bisogno dell’Unione Europea di rafforzare le
piccole e medie imprese sul suo territorio e di riscoprire gli elementi sociali alla base del suo sistema economico, per risollevarsi dalla crisi e per evitare il ricrearsi delle anomalie che hanno dato luogo alla crisi stessa. Questo è uno dei punti focali dell’azione della Commissione Europea, grazie in particolar modo all’interesse dei commissari Michel Barnier e Antonio Tajani, e del presidente Manuel Barroso (come testimonia la recente deliberazione sull’Atto per il Mercato Unico).
Questo approccio giustamente pone l’attenzione sull’importanza delle piccole e medie imprese (ivi comprese le piccole banche) in quanto zoccolo duro dell’economia europea: esse sono il motore di un modello di sviluppo economico che deve rimanere legato al territorio per essere sostenibile nel lungo periodo. È un approccio che evidenzia, inoltre, il ruolo chiave di tutte le diverse forme di impresa (tra cui anche le cooperative e le imprese sociali, come si afferma nella Social Business Initiative) nel promuovere un modello di sviluppo che unisca benessere, equità e sostenibilità.
La crescita delle piccole e medie imprese (PMI) è, però, strettamente legata all’accesso a forme di credito mirate ed adeguate, che rappresentano la linfa vitale dell’economia a livello locale. Tradizionalmente, questo credito è stato fornito in larga misura da un particolare tipo di PMI: gli intermediari locali, e in particolare le banche cooperative. Queste banche nascono per soddisfare i bisogni delle comunità di cui fanno parte e il loro modo di fare banca è ritagliato sui bisogni e necessità specifiche delle famiglie e delle PMI.
Non è un caso infatti che le banche locali e cooperative non abbiano intrapreso quelle attività finanziarie ad alto rischio che hanno scatenato la crisi. Al contrario, e soprattutto, hanno continuato a concentrare la propria attività sull’economia reale, concedendo credito alle famiglie e alle PMI anche quando altre banche avevano cessato di farlo.
L’importanza del ruolo di queste banche per le loro comunità di riferimento è sempre più riconosciuto e apprezzato sia dai policy-maker che dai consumatori. Basti pensare ad esempio al successo di iniziative come “Move your money”, un movimento che incoraggia a trasferire i propri risparmi dai grandi gruppi bancari a istituti di credito cooperativo o locale nell’intento di premiare attività di credito eticamente responsabile, e che ha già ottenuto il trasferimento di oltre dieci milioni di conti correnti.
In breve, le banche cooperative contribuiscono in maniera essenziale alla crescita economica, in quanto costituiscono un’insostituibile risorsa di credito per le PMI e un importantissimo motore di sviluppo per il proprio territorio.
Inoltre, la diversificazione delle forme di impresa nel settore bancario contribuisce ad accrescere la stabilità finanziaria e a raggiungere un più alto livello di concorrenza ed efficienza.
Dal momento che la crescita in Europa si basa sulla solidità del suo sistema bancario e non sul mercato finanziario (come avviene, ad esempio, negli Stati Uniti), è fondamentale mantenere un sistema bancario diversificato e efficiente.
Alla luce di questi elementi, è fonte di grande preoccupazione assistere all’impostazione di un nuovo quadro regolamentare per gli istituti finanziari che mette a repentaglio la possibilità di sopravvivenza delle banche cooperative e locali, compromettendo così un elemento chiave della ripresa economica e della futura stabilità finanziaria del nostro continente (in contraddizione con politiche chiave dell’Unione Europea come il Single Market Act). Infatti, mentre le nuove direttive sono state studiate in modo da rendere il sistema bancario più resistente e meno soggetto ai meccanismi che hanno innescato la crisi nel 2008, il loro approccio indifferenziato in realtà penalizza le banche che meno hanno contribuito all’insorgere della crisi e che si sono rivelate le migliori nel mitigarne le conseguenze.
Le nuove direttive comportano costi che pesano molto di più, in proporzione, sulle banche locali e cooperative, per la quantità di adempimenti anche tecnologici che impongono, con l’effetto di ridurre la disponibilità di credito aumentandone nel contempo il costo. Come ha dichiarato il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, il 16 febbraio 2012, questi effetti indesiderati sono stati presi in considerazione anche negli Stati Uniti, dove le banche locali sono state esentate dalle nuove misure in tema bancario.
Nell’ottica di prevenire questo effetto indesiderato, i policymaker e i legislatori dovrebbero riconoscere le specificità che distinguono le banche locali e cooperative dalle altre banche (tra cui gli schemi di capitalizzazione, i sistemi di gestione della liquidità e la struttura di governance) e adattare i requisiti in funzione delle stesse. Noi quindi riteniamo di fondamentale importanza che i policymaker e i legislatori europei si impegnino nel realizzare le seguenti proposte:
1) adottare un efficace principio di proporzionalità e adattare i nuovi standard in base alle dimensioni e alla complessità di ogni istituto;
2) esentare le banche cooperative dai requisiti che non sono conformi al modello d’impresa cooperativo e alla sua struttura di governance;
3) prima dell’introduzione di una misura, effettuare una stima dell’impatto delle nuove regole sui diversi tipi di banche e di imprese;
4) rivedere la scansione temporale dell’introduzione delle nuove direttive, tenendo conto dell’effetto sulle diverse strutture industriali a livello nazionale e le conseguenze sul processo di ripresa dalla crisi economica.

Questo appello è stato redatto dai partecipanti alla Conferenza Internazionale “Promoting the understanding of Cooperatives for a Better World”, che ha raccolto molti dei più eminenti studiosi di cooperazione e di economia sociale in occasione dell’Anno Internazionale della Cooperazione indetto dalle Nazioni Unite. Tra i vari temi affrontati nel corso della Conferenza (organizzata da Euricse in collaborazione con ICA e ACI), quello inerente la regolamentazione del credito cooperativo in particolare si delinea come potenziale minaccia per una crescita economica equilibrata e richiede la piena attenzione dei policy-maker europei a tutti i livelli.

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