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Nel 2009, secondo la Social Enterprise Coalition (State of Social Enterprise Survey, 2009) c’erano in Gran Bretagna più di 6.000 imprese sociali operanti nell’offerta di servizi sociali e sanitari. ll White Paper “Equity and Excellence: Liberating the NHS”, pubblicato nel luglio del 2010 dal Department of Health per delineare le prospettive di lungo periodo del sistema sanitario nazionale, introduceva la possibilità per i professionisti del servizio sanitario di trasformare i servizi offerti in “employee-led social enterprises”, lasciandoli così liberi di usare la propria esperienza sul campo per offrire servizi utili alle persone. Nel documento si dichiarava la volontà di creare il più vasto e attivo settore di impresa sociale nel mondo, dando la possibilità ai lavoratori del settore sanitario di essere direttamente coinvolti nelle scelte delle loro organizzazioni così da migliorare e innovare l’offerta socio-sanitaria.

L’istituzione del Social Enterprise Investment Fund si colloca proprio all’interno dello sforzo del governo inglese di innovare il sistema sanitario nazionale attraverso l’impresa sociale e di aprire la strada a nuovi modelli di offerta. Il SEIF è un programma di finanziamento istituito nel 2007 dal Department of Health britannico, il dipartimento governativo inglese che – suddiviso in numerosi directorates – si occupa di salute pubblica, di servizi socio-sanitari e del servizio sanitario nazionale (NHS).
Con uno stanziamento di 100 milioni di sterline per quattro anni, il fondo è nato per sostenere lo sviluppo dell’impresa sociale nel settore sanitario e dei servizi socio-assistenziali attraverso finanziamenti e prestiti. La gestione del fondo è stata affidata al Social Investment Business Group e a Local Partnerships.

Social enterprise” è un’impresa i cui obiettivi sono principalmente sociali, e i cui profitti sono reinvestiti in servizi o a beneficio della comunità. Senza alcun vincolo economico nei confronti di proprietari e azionisti, le imprese sociali sono libere di reimpiegare i profitti per il miglioramento e l’innovazione della propria offerta. Possono avere grandezza e volume d’affari molto differenti, ma sono accomunate dal fatto che – a differenza delle associazioni di volontariato – sopravvivono attraverso la capacità di vendere servizi anziché grazie a donazioni, assumendo così un considerevole livello di autonomia e indipendenza economica.

A cinque anni dall’istituzione del SEIF, il Policy Research Programme (PRP) del Department of Health ha affidato al Third Sector Research Centre e all’Health Services Management Centre (HSMC) dell’Università di Birmingham, in collaborazione con la Middlesex University e la Said Business School, il compito di valutare l’efficacia del programma. Il report finale è stato pubblicato lo scorso 4 dicembre sul sito del TSRC.

Il rapporto è supportato da tre diversi metodi di indagine: la prima fase è stata completata attraverso lo svolgimento di interviste semi-strutturate a stakeholder coinvolti nello studio e nella formulazione del programma SEIF e nella gestione degli investimenti; la seconda fase è stata invece prodotta analizzando i risultati di una survey nazionale somministrata a tutti i richiedenti un finanziamento fino al 31 marzo 2010; l’ultima fase ha invece raccolto e selezionato alcuni case study significativi.

L’analisi conclude che, rispetto all’obiettivo del programma SEIF di migliorare l’offerta socio-sanitaria – specialmente per i gruppi sociali più svantaggiati – attraverso il sostegno allo sviluppo dell’impresa sociale e degli investimenti nel settore socio-sanitario in Gran Bretagna, i risultati appaiono solo parzialmente positivi. Se è infatti innegabile che il fondo abbia sostenuto la creazione di numerose iniziative in ambito sanitario e socio-assistenziale, specialmente a vantaggio delle fasce di cittadini più vulnerabili e a rischio di esclusione sociale e con il chiaro obiettivo di “coprire” le aree scoperte e più bisognose del sistema sanitario nazionale, rimangono agli autori del rapporto tre dubbi fondamentali. Il primo considera la sostenibilità di lungo periodo delle imprese nate a seguito del finanziamento, un assessment che potrà essere portato a termine solo tra qualche anno. Il secondo guarda invece alle scelte di allocazione delle risorse e il valore “addizionale” del SEIF rispetto all’attuale mercato dell’investimento sociale. Resta infatti da capire se i finanziamenti sono stati concessi a imprese sociali che non avrebbero potuto invece richiedere prestiti agevolati anziché finanziamenti a fondo perduto. In altre parole, il SEIF ha finanziato progetti meritevoli che il mercato avrebbe lasciato fallire, o ha piuttosto finanziato a fondo perduto progetti che sarebbero stati raccolti anche da investitori sociali privati?
L’ultima obiezione riguarda proprio la prevalenza di finanziamenti a fondo perduto rispetto a prestiti agevolati, che sono stati solo il 14% del totale (per un ammontare di oltre 11 milioni di sterline, più circa 3 milioni di sterline in contributi restituibili). La strategia di privilegiare finanziamenti a fondo perduto anziché prestiti è coerente con la volontà di favorire la nascita di imprese sociali auto-sostenibili nel lungo periodo? Il dato lascia inoltre dei dubbi circa la volontà delle imprese sociali di caricarsi degli oneri di un mutuo, richiedendo invece nella maggioranza dei casi finanziamenti a fondo perduto anche quando avrebbero potuto permettersi di ripagare un prestito.

Nonostante queste osservazioni, il rapporto sottolinea la grande importanza del SEIF nel consentire l’ingresso nel mercato di numerose realtà locali con chiare aspirazioni sociali. Il 52% delle organizzazioni finanziate sono infatti nuove start-up sociali, a fronte del restante 48% dei fondi impiegato per il sostegno alla crescita di imprese sociali esistenti.

Il sito del Social Investment Business Group riporta infatti che, grazie al SEIF, organizzazioni di tutto il paese hanno ricevuto finanziamenti da 100.000 fino a 2 milioni di sterline per fornire servizi – con il contributo di circa 450.000 volontari – a milioni di persone in Gran Bretagna. Dopo aver sostenuto più di 600 organizzazioni operanti negli ambiti dei servizi ai disabili, della salute mentale, della tossicodipendenza, e della non-autosufficienza, nel giugno 2012 il Department of Health ha rifinanziato il fondo con altri 19 milioni di sterline, organizzando una serie di incontri conoscitivi sui territori, per spiegare i dettagli del programma ai potenziali richiedenti.

Fightback Britain: A Report on the State of Social Enterprise – Survey 2011 riporta nel 2011 una esplosione delle start-up sociali: 14% di tutte le imprese sociali sono infatti start-up con meno di due anni e sono tre volte tante quelle nate nel “normale” business, quello “for profit”, e operano nelle comunità più svantaggiate del paese. Per quanto riguarda poi il contributo dell’impresa sociale all’economia inglese, il fatturato annuo medio è cresciuto dalle 175.000 sterline del 2009 alle 240.000 del 2011.

Riferimenti

Il sito del Department of Health UK

La notizia della riapertura del bando nel 2012

Il report finale sul sito del Third Sector Research Centre

I gestori del fondo:

Social Investment Business Group
Local Partnerships

What makes a social enterprise a social enterprise?

State of Social Enterprise Survey, 2009

ll White Paper “Equity and Excellence: Liberating the NHS”

L’intervista a Phil Hope MP, Minister of State for Care Services, Department of Health dell’agosto 2009

Alcune esperienze sul sito di SIB Group

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