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BERTINORO – E’ infine iniziata l’edizione 2013 delle Giornate di Bertinoro per l’Economia Civile, tradizionale appuntamento promosso da AICCON (Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit) che ogni anno riunisce numerosi rappresentanti del mondo del Terzo Settore, dell’Università, delle Istituzioni e delle imprese. Particolarmente interessante ed attuale il tema scelto per la tredicesima edizione dell’evento: “Ri-Generare le Istituzioni. Il contributo dell’Economia Civile all’Innovazione Sociale”.

La necessità di rigenerare delle istituzioni

La sessione di apertura della due giorni, “Il contributo dell’economia civile alla riforma delle istituzioni economiche e sociali”, ha visto la partecipazione di Claudio Gagliardi, Segretario Generale Unioncamere, Elisabetta Gualmini, Presidente dell’Istituto Cattaneo, Stefano Zamagni, docente dell’Università di Bologna, e Andrea Mancini dell’Istat.

Franco Marzocchi, Presidente di AICCON, ha introdotto la sessione ricordando la gravissima situazione in cui si trova il nostro Paese: tanto dal punto di vista economico (gli indicatori dimostrano che siamo tornati a livelli di fine anni ’90) che istituzionale sono numerosi i dati che indicano una condizione di grande difficoltà. Tale situazione è ben visibile sul fronte del welfare dove, ha ricordato Marzocchi, al di là della diminuzione dei servizi, tanto dal punto di vista quantitativo che qualitativo, è ormai a rischio il fondamentale concetto dell’universalismo dei diritti. Ora più che mai sono pertanto necessarie esperienze rigeneratrici, che permettano ai territori di crescere non solo economicamente ma anche e soprattutto socialmente. In questo senso, ha concluso il Presidente di AICCON, appare fondamentale il contributo che le imprese e le realtà non profit possono garantire al Paese.

Su questo tema si è incentrato l’intervento di Claudio Gagliardi, Segretario Generale di Unioncamere, che ha evidenziato come nonostante la crisi e la stretta dipendenza dalla committenza pubblica, le imprese sociali stiano dimostrando una capacità occupazionale migliore rispetto al resto dell’economia italiana. Ricordando la lunga storia delle Camere di Commercio italiane Gagliardi ha sottolineato come queste realtà si siano sempre dimostrate laboratori atti a sviluppare riforme nate dal basso in favore dei propri territori operativi, e come pertanto anche adesso esse possano svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo di nuove forme di sussidiarietà circolare necessarie al Paese. “Le Camere di commercio sono il soggetto in grado di rafforzare l’indispensabile triangolazione tra chi produce beni economici e chi produce beni sociali: fra imprese profit, mondo del non profit e istituzioni”. Le Camere – ha concluso Gagliardi – possono rappresentare la casa che sostiene lo sviluppo delle imprese sociali e del non profit: un indispensabile tassello nel nuovo modello di sviluppo dell’Italia che dovrebbe basarsi sulla qualità, sulla sostenibilità e sulla cultura dei territori”.

Elisabetta Gualmini nel corso del suo intervento ha ripercorso gli eventi politici degli ultimi mesi evidenziando alcune dinamiche molto interessanti sul rapporto tra cittadini e politica, con particolare riferimento alla crisi dei partiti. Se questi ultimi già nel 2008 godevano della fiducia di appena il 20% degli italiani, nel 2012 questo dato è precipitato al 3%, un indicatore che dimostra perfettamente la distanza abissale venutasi a creare tra i cittadini e quei soggetti che dovrebbero rappresentarli a livello istituzionale. Gualmini ha sottolineato come questa disaffezione – che nelle ultime tornate elettorali è emersa con forza sia attraverso il voto di protesta che attraverso l’astensione – rischi di scivolare nella totale alienazione di una parte dei cittadini. “Stiamo assistendo al progressivo passaggio da cittadini astenuti a cittadini astensionisti, ovvero persone che non partecipano volutamente e consciamente alle elezioni”. Non siamo più di fronte a elettori “pigri”, ma ad elettori che, non vedendo corrisposte le proprie aspettative da nessuno dei partiti presenti nel panorama politico, scelgono coscientemente di non partecipare al processo democratico. Questi soggetti cercano la partecipazione, ma il loro desiderio è costantemente disatteso: sono persone che cercano canali innovativi per rapportarsi con le istituzioni, e che potrebbero senza dubbio guardare anche verso il settore non profit per provare a trovare risposta a questa loro volontà.

Nel suo intervento Stefano Zamagni, docente dell’Università di Bologna, ha quindi sottolineato come occorra “cambiare le regole del gioco”, sia in chiave economica che politica. Le regole, ha sottolineato Zamagni, “non sono neutrali, perché attraverso di esse si stabilisce già chi può e non può partecipare a una data attività. Nel basket, ad esempio, ci sono regole precise che impediscono a chi è basso di prendere parte al gioco”. Zamagni ha spiegato come la politica – “il regno dei fini” – e l’economica -“il regno dei mezzi” – vivano una commistione innaturale. Oggi, infatti, è il mercato che regola la vita politica privandola del suo principale scopo: perseguire il bene comune. “Con la globalizzazione tutto è cambiato: la politica non si occupa più dei fini, ma dei mezzi, e ora nessun politico prende una decisione senza tener conto delle reazioni dei mercati”. “Finché ci si troverà sotto il ricatto della sfera economica” ha continuato Zamagni “non si uscirà da questa situazione”. Per questo è necessario costruire un sistema realmente cooperativo, fatto non solo da “bravi ragazzi che fanno buone azioni” ma di soggetti che possano ridisegnare le regole del gioco e sviluppare nuovi strumenti per regolare il rapporto tra economica, etica e politica. “E guardando i numeri del Censimento” ha concluso Zamagni “noi come terzo settore, forse, qualche potere di influenza potremmo anche averlo”.

A conclusione dei lavori della mattinata l’intervento di Andrea Mancini dell’Istat, che si è focalizzato proprio sui numeri del Censimento del non profit, di cui ha fornito alcuni dati finora inediti. Questi ci dicono che il settore non profit appare sempre più orientato al market: oltre alle cooperative sociali (87,2%), circa un terzo delle associazioni (29,6%), delle fondazioni (34,1%) e delle associazioni non riconosciute (30,3%) in prevalenza ricavano risorse dal mercato. Paolo Venturi, direttore di AICCON, commentando i numeri presentati da Mancini ha affermato: “Alla luce dei nuovi dati dell’Istat è sempre più evidente come il settore non profit rappresenti un asset produttivo del nostro Paese. Si evidenziano delle polarizzazioni tra Nord e Sud e aumenta la distanza fra i big player dell’impresa sociale e il fenomeno di polverizzazione che riguarda le istituzioni non profit associative”.

Innovazione istituzionale e modelli di ibridazione organizzativa

Nel pomeriggio si sono quindi svolte due sessioni parallele.
La prima, dedicata al mondo della cooperazione e dell’imprenditorialità sociale, ha sviluppato il tema dell’innovazione sociale ponendo particolare attenzione ai processi di ibridazione organizzativa. A partire dal framework dettato dalla “Social Innovation Agenda” recentemente presentata dal Ministero dell’Istruzione, si è discusso di quelle realtà che uniscono la loro mission di natura sociale ad attività di tipo commerciale per sviluppare percorsi di innovazione sociale e sviluppo locale. Alla sessione, coordinata da Alessandro Messina di Federcasse, hanno partecipato Leonardo Becchetti, Docente Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Francesco Gallucci, Direttore scientifico Laboratorio di Neuroscienze Applicate – Fondazione Gtechnology , Paola Menetti, Presidente Legacoopsociali, Giuseppe Guerini, Presidente Federsolitarietà, Massimo Tuzzato, Responsabile ricerca e sviluppo Cooperativa Sociale ITACA, e Flaviano Zandonai, Segretario generale Iris Network.

Massimo Lori dell’Istat ha aperto i lavori presentando un approfondimento sulle cooperative sociali in Italia partendo dai dati dell’ultimo Censimento: nell’arco di 10 anni le cooperative sociali sono cresciute del +53%. Il 60,7% sono cooperative sociali di tipo A e 30,8% sono cooperative sociali di tipo B, la restante parte sono invece cooperative miste. Tra il 2001 e il 2011 le piccole cooperative sociali al Sud sono raddoppiate, ma presentano un indice di sopravvivenza solo del 56%, mentre nel Nord-Ovest e nel Nord-Est sono in crescita soprattutto le grandi cooperative, sia in termini di dipendenti che di proventi. I fattori di crescita principali delle cooperative sono rappresentati dall’azione di networking, l’adesione a consorzi è strategica (55,4% di quelle in crescita nel 2011); dalla stipulazione di contratti con il pubblico (90,5% nel 2011, 78,3% nel 2005).

Associazionismo: dall’advocacy alla governance

La seconda sessione, coordinata da Giulio Sensi di VolontariatOggi, si è rivolta principalmente al mondo dell’associazionismo, e si è interrogata sul ruolo che le associazioni vanno assumendo nel contesto italiano. Queste, infatti, che in origine avevano nell’advocacy la loro modalità operativa principale, devono attualmente far fronte a mutamenti importanti nello scenario in cui operano. L’associazionismo è, da un lato, infatti, a rigenerare i tradizionali modelli di advocacy e, dall’altro, a dare vita a modelli di governance orientati alla gestione dei beni comuni attraverso la partecipazione attiva da parte dei propri associati e dei cittadini. Alla discussione hanno preso parte Marco Frey, Presidente CittadinanzAttiva, Ivo Colozzi, docente presso l’Università di Bologna, Gregorio Arena, Presidente di Labsus, Stefano Tabò, Presidente CSVnet, e Pietro Barbieri, Portavoce Forum Nazionale del Terzo Settore.

Anche in questo caso la sessione si è aperta con alcuni dati inediti relativi al Censimento Istat, presentati da Sabrina Stoppiello. Il dato sicuramente più interessante è quello relativo al numero di volontari: oltre 4 milioni e 700 mila che risultano fondamentale per il funzionamento delle oltre 300mila realtà non profit del nostro Paese. Quelle che operano solo con volontari sono infatti 235.739 (78% del totale nazionale) mentre quelle che operano solo con risorse retribuite sono 40.237 (13,4%). La prevalenza delle istituzioni non profit solidaristiche, orientate al benessere della collettività, sono prevalenti nei settori della filantropia e promozione del volontariato, della cooperazione e solidarietà internazionale, della sanità, dell’assistenza sociale e protezione civile. Le istituzioni non profit mutualistiche (orientate ai bisogni dei propri membri) sono invece prevalenti nel settore delle relazioni sindacali e rappresentanza di interessi e nel settore della cultura, sport e ricreazione. La media nazionale dei volontari attivi nelle istituzioni solidaristiche è del 72,3%. Essi operano principlamente nel settore della Sanità (95,1%), filantropia e cooperazione (94,4%), assistenza sociale e protezione civile (93,9%).

La Stoppielo ha concluso il suo intervento indicando quelle che a dire dei dati sono le 3 anime proprie del volontariato italiano: l’anima solidaristica, quale risposta ai bisogni sociali di una comunità e/o di categorie svantaggiate; l’anima espressiva, cioè la risposta ai bisogni di socializzazione e di espressione individuale; l’anima partecipativa, ovvero l’espressione della cittadinanza attiva, partecipazione civica, che si esplica anche tramite forme di mobilitazione e sensibilizzazione.

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Riferimenti

Il sito delle Giornate di Bertinoro 

Il programma della XIII edizione

Il folder dell’evento

Il sito di AICCON

Il sito del 9° Censimento Istat dell’industria e dei servizi e del settore non profit 

La seconda giornata di lavori di Bertinoro 2013
 

 

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