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Talenti Inauditi è il programma pilota di reinserimento nel mondo del lavoro lanciato da Cariplo Factory in partnership con PianoC: un percorso di gruppo volto a riattivare risorse e competenze per aiutare i partecipanti a trovare un nuovo posizionamento sul mercato del lavoro. Nel corso dell’anno sono previste diverse call per partecipare all’iniziativa (la prima scade il 15 maggio), rivolte a chi intende valorizzare la propria identità professionale per avere nuove opportunità sul fronte occupazionale. Per saperne di più del progetto e dell’approccio utilizzato per realizzarlo – definito Work Design – ne abbiamo parlato con Silvia Bona, project manager di PianoC.

Il know-how alla base del progetto

Il progetto, dal punto di vista applicativo, si avvale dell’esperienza maturata da PianoC, uno spazio di coworking nato per offrire uffici condivisi ma anche servizi di cobaby e salva tempo (ne abbiamo parlato al momento della sua apertura a Milano nel 2012, anche grazie all’intervista alla fondatrice Riccarda Zezza).

Inizialmente frequentato da mamme freelance, nel tempo PianoC ha realizzato dei progetti rivolti anche a donne senza lavoro in cerca di un sostegno per uscire dall’isolamento professionale. Questo, come ci ha illustrato la direttrice generale Sofia Borri, è stato il punto di partenza per una ridefinizione della mission aziendale, “verso la trasformazione in un laboratorio per favorire l’incontro tra donne e lavoro, che dia il senso della possibilità. Così, grazie a percorsi personalizzati guidati, tutor e ad una community (la quale, in 5 anni, si è fortemente allargata, tanto da attivare una Membership Card per Coworker, genitori del Cobaby, gestori dei Servizi Salva Tempo, amici, parenti e fan) che aiutano a rimettere in gioco energie e competenze che andrebbero altrimenti sprecate, PianoC facilita l’attivazione del potere dell’innovazione che, a sua volta, rende possibile il passaggio da un sogno ad un’idea occupazionale concreta e concretizzabile”.

L’attività di far incrociare chi offre e cerca lavoro viene implementata in molte direzioni. Oltre a percorsi formativi e azioni concertate con le aziende stesse, infatti, sono state attivati: la piattaforma Workher, una rete per trovare contatti e realizzare progetti, ricerche sul tema della negoziazione collaborativa per migliorare la qualità della vita e, con gli altri coworking italiani, una rete di uffici condivisi che si occupano (anche) di donne. Inoltre, PianoC è tra i partecipanti del progetto Milano Sei l’Altro (di cui ci siamo occupati in un precedente articolo) e concorre con Spazio Aperto Servizi al servizio Badanti di Palazzo, un progetto per creare un servizio di welfare condiviso nella cura di prossimità.

Il modello Work Design illustrato dall’ideatrice Silvia Bona

Tutta l’esperienza maturata da PianoC ha portato alla trasformazione delle pratiche in paradigmi ed è stato così sistematizzato il modello "Work Design", un modello che già nel nome richiama la vocazione progettuale su cui si basa: la ricerca del lavoro viene vista come un programma che include la mappatura dei propri talenti e il ricorso ad una costellazione di risorse, esperienze e passioni presenti nella rete sociale attivata.

Gli elementi fondanti di Work Design sono self empowerment, community, cultura del progetto e design thinking. “L’espressione e la messa in azione del talento – contro la dispersione individuale e sociale e l’invisibilità del valore – viene attivata grazie ad una prima presa di coscienza delle risorse e delle professionalità. Segue l’attivazione della forza del gruppo, cui trarre potenziale ideativo ed ispirativo, che diventa uno spazio rigenerante di ingegnosità collettiva per moltiplicare i punti di vista e le prospettive. Tutto questo consente alla persona in cerca di sbocco lavorativo di pensarsi all’interno di una dimensione di costruzione progressiva di un valore”, come ci illustra Silvia Bona.

Le fasi in cui si declina il modello includono: la definizione della sfida professionale; momenti di ispirazione e story tellingi; deazione e test dei progetti. Come ci ha chiarito l’ideatrice, “con Work Design vogliamo rompere lo stereotipo che fonda la ricerca del lavoro su un ambito professionale e orientare l’attenzione ad individuare un ambito di interesse, un pezzo di mondo che ci interessa e in cui vogliamo far accadere qualcosa di positivo, uno spazio dove far germogliare dei semi. Ricorrere allo storytelling, una narrazione di se stessi e del proprio progetto professionale, consente di recuperare il senso e il valore di sè e si è dimostrato uno strumento funzionale alla scoperta di qualità nascoste, che completa gli strumenti tradizionali del bilancio di competenze. L’idea che proponiamo è di un progetto che, come un essere umano, continuamente si fa, si sperimenta, si implementa”.


Qualche considerazione

I livelli di reinserimento lavorativo elevati, pari al 75-80%, e i positivi resoconti dei partecipanti ottenuti fin qui dimostrano l’efficacia dell’approccio, che è stato così esportato e incluso tra le iniziative di Cariplo Factory. E’ interessante anche notare che questo passaggio costituisce un ampliamento del target di azione di Cariplo Factory, i cui interventi -originariamente rivolti a sostenere le idee innovative di eccellenze in campo tecnologico – manifestano ora attenzione verso il capitale umano generalmente inteso, promuovendo innovazioni nei servizi per il lavoro per quell’area intermedia tra estrema vulnerabilità ed alta professionalità.

In conclusione, si può vedere in Work Design e in Talenti Inauditi il risultato di un interessante percorso di differenziazione concentrica, con l’avvio di nuove attività strategiche, utilizzando competenze e tecniche esistenti: insomma il percorso che si auspica di realizzare agli stessi partecipanti alla call.

Riferimenti

La call a Talenti Inauditi
Il sito di Cariplo Factory
Il sito di Piano C, il lavoro incontra le donne