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Le fondazioni di partecipazione uniscono le caratteristiche della fondazione, come l’immutabilità dei fini e la conservazione del patrimonio, con caratteristiche dell’associazione, come la democraticità e l’apertura a nuove adesioni. In virtù di tale assetto, negli ultimi anni si è assistito a una grande diffusione di questo genere di realtà, prima in ambito culturale e poi dei servizi alla persona, in particolare nella gestione del cosiddetto “durante e dopo di noi”. Nel corso dell’approfondimento sul “Durante e dopo di noi” (vedi anche "Dopo di noi: dalla proposta di legge alle sperimentazioni sul territorio", "Durante e dopo di noi: proposte e sperimentazioni di ANFFAS" e "Progetto A Casa Mia: a Mortara vivere da soli si può"), Percorsi di Secondo Welfare presenterà anche l’esperienza di alcune fondazioni di partecipazione operanti nella Regione Emilia-Romagna. In questo articolo vediamo il caso della Fondazione Pia Pozzoli.


Storia e caratteristiche

La Fondazione Pia Pozzoli Dopo Di Noi è stata costituita nel 2004 da alcune organizzazioni attive nel volontariato e nei servizi per la disabilità nella Provincia di Piacenza (principalmente nel comune capoluogo): AIAS, Associazione Assofa, Caritas Diocesana di Piacenza-Bobbio, Associazione Carmen Cammi – Volontari per la Caritas, Disabili Persone Down, cooperativa sociale Il Germoglio 2, Istituto Madonna della Bomba, Ronda della Carità.

Queste realtà si erano già unite, nel 2001, nel “coordinamento handicap” promosso dalla Caritas diocesana di Piacenza-Bobbio, finalizzato a far circolare le buone prassi, strutturare la raccolta di dati e informazioni, reperire i finanziamenti e definire le priorità d’intervento.

Nel 2002, il “coordinamento handicap”, in collaborazione con il CSV SVEP, l’Azienda USL di Piacenza, la Provincia di Piacenza, ha realizzato una ricerca sui bisogni delle persone con disabilità nel territorio provinciale, attraverso l’utilizzo di strumenti quantitativi e qualitativi, e incontrando realtà innovative di altri territori. La ricerca, pubblicata in un opuscolo intitolato “Il dopo di noi a Piacenza”, ha messo in luce l’assenza di risposte alla preoccupazione dei famigliari per il futuro dei loro figli quando loro non potranno più occuparsene e il loro auspicio che possano rimanere in un ambiente famigliare, possibilmente a casa loro. La ricerca suggerisce di lavorare su una continua raccolta di informazioni, la reale integrazione tra i diversi servizi presenti sul territorio, la realizzazione di percorsi di sviluppo e mantenimento dell’autonomia, di percorsi di costruzione delle tutele, la formazione integrata degli operatori e il supporto all’accesso delle risorse.
La Fondazione, intitolata a Pia Pozzoli, stimata figura del volontariato piacentino scomparsa prematuramente, è nata per dar seguito a questi intenti. Tuttavia, per diversi anni questa fondazione ha faticato a realizzare la sua mission a causa delle difficoltà connesse all’elaborazione e alla condivisione, tra gli enti fondatori, di linee d’intervento comuni e in grado di creare e mantenere un rapporto di comunicazione e di interscambio significativo all’interno della Fondazione.

Nel 2012, con il cambio ai vertici inizia un percorso di trasformazione finalizzato a rilanciare le attività dell’ente e a coinvolgere maggiormente le famiglie delle persone con disabilità. In collaborazione con il Comune di Piacenza sono stati organizzati incontri con realtà affini e con servizi sperimentali. Nel 2013, in seguito alla modifica dello statuto, la Fondazione Pia Pozzoli Dopo di Noi diventa una fondazione di partecipazione, aperta all’ingresso di nuovi soci. Questa trasformazione ha portato buoni frutti, infatti sono stati avviati diversi progetti (di cui si parlerà in seguito), sono aumentate le famiglie coinvolte, alcune di esse si sono associate e due sono entrate a far parte nel consiglio di amministrazione. È stato così possibile rilanciare le attività della Fondazione, in un territorio in cui, secondo i responsabili, è molto difficile avviare progetti innovativi a causa delle chiusure e della difficoltà a collaborare che caratterizzano le organizzazioni del terzo settore.
Attualmente, la Fondazione è dotata di un’assemblea dei soci composta da otto delegati dei fondatori, nove famiglie e una cooperativa sociale che elegge il consiglio di amministrazione (composto da sei membri) che a sua volta elegge presidente, vicepresidente e segretario. I candidati al consiglio di amministrazione devono essere proposti per due terzi dai fondatori. Vi è poi il collegio dei revisori dei conti.

Il patrimonio della Fondazione è costituito dai contributi degli enti fondatori, 2500 euro cadauno e dal contributo dei nuovi soci, 1000 euro per le persone giuridiche e 100 euro per le persone fisiche. Le attività sono finanziate attraverso il cinque per mille, il trasferimento di una quota di otto per mille da parte della Caritas diocesana e donazioni da parte del Rotary Club Sant’Antonino. La Fondazione di Piacenza e Vigevano contribuisce al progetto “Week-end di sollievo” (precedentemente denominato “I Girasoli” e “ Vivere da adulti nella nostra città”) e al progetto “ Prendersi cura di chi si prende cura”.

La parrocchia di San Savino fornisce in comodato d’uso alcuni locali per le attività del punto d’ascolto.
La Fondazione Pia Pozzoli Dopo di Noi mantiene rapporti di collaborazione e scambio con diverse fondazioni di partecipazione operanti in Emilia-Romagna, in particolare la Fondazione Le Chiavi di Casa di Granarolo nell’Emilia (Bologna), con la Fondazione Durante- Dopo di Noi di Reggio Emilia, con la rete Includendo attiva soprattutto in Lombardia e sta ipotizzando di entrare nel network Fondazioni in Rete.


Accompagnare le famiglie al dopo di noi

Mission della Fondazione Pia Pozzoli Dopo di Noi è promuovere la realizzazione di progetti di vita integrati per le persone con disabilità e accompagnare le famiglie nella costruzione di soluzioni personalizzate, vicine alla dimensione famigliare, per il distacco dei figli. Al centro delle attività della Fondazione troviamo quindi le persone con disabilità e le loro famiglie.

La stessa scelta di trasformarsi in fondazione di partecipazione deriva dalla volontà di implementare il ruolo della famiglia come soggetto protagonista sia del proprio corso di vita che della governance della stessa Fondazione; nel 2012 i responsabili della Fondazione, visitando altre realtà connesse al dopo di noi, hanno rilevato come fossero tutte esperienze promosse da famiglie e che solo in seguito fossero entrate in contatto con il terzo settore e i servizi pubblici. Questo ha portato a pensare che, lavorando sul “dopo di noi”, non è necessario attivare un ulteriore servizio, bensì costruire il futuro di persone coinvolgendo direttamente le famiglie che, se affiancate da operatori specializzati, sono i soggetti più qualificati per farlo.

La principale funzione della Fondazione è quindi accompagnare le famiglie nell’acquisizione di una maggiore consapevolezza delle proprie necessità e nell’individuazione degli strumenti per potervi rispondere, sempre nel rispetto della loro volontà e dei loro tempi. In primo luogo è importante quindi far comprendere che è necessario preparare il distacco in anticipo quando i genitori sono ancora in grado di progettare il futuro del figlio e questo può ancora sviluppare autonomie. È necessario poi sostenere la famiglia nelle difficoltà emotive e relazionali che può incontrare e aiutarla ad accedere alle informazioni, agli strumenti giuridici e ai servizi che possono esserle utili.

È un percorso molto lungo da svolgere nel rispetto dei tempi e dei bisogni della famiglia e che si basa su uno stretto rapporto di fiducia tra le famiglie e lo staff della Fondazione. Il percorso offerto dalla Fondazione, basato sul modello della qualità della vita, prevede tre tappe: nella prima tappa viene realizzato un progetto di vita globale, flessibile e non eccessivamente strutturato che comprende tutti gli aspetti della vita della persona (obiettivi da raggiungere, inserimenti lavorativi, casa, tempo libero…) ma soprattutto basato sulle preferenze e i desideri della persona con disabilità utilizzando anche strumenti specifici quali l’assessment delle preferenze. In seguito si inizia a lavorare sull’autonomia della persona, in particolar modo attraverso brevi periodi di vita fuori dalla famiglia per poi arrivare alla definizione di una soluzione abitativa autonoma.

Il costrutto centrale del modello della qualità della vita è l’idea che la persona con disabilità non sia considerata dai genitori “l’eterno bambino” , ma una persona adulta che deve poter decidere della sua vita, così come affermato dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Attualmente, la Fondazione ha impostato le attività su questo modello, sebbene non gestendo ancora servizi residenziali, l’applicazione è parziale.


Servizi offerti

Le proposte della Fondazione Pia Pozzoli Dopo di Noi, orientate ad ascoltare e ad accompagnare le famiglie rispondendo ai loro bisogni con soluzioni personalizzate, sono: 1) lo sportello d’ascolto con una psicologa e a richiesta un avvocato; 2) uno spazio d’incontro informale aperto il venerdì mattina, 3) un ciclo d’incontri formativi e informativi “ Prendersi cura di chi si prende cura”, 4) il progetto “ Week-end di sollievo”; 5) il progetto “La mia casa oggi e domani” (non ancora pienamente operativo). È opportuno precisare che i servizi non sono solo progetti per le famiglie ma con le famiglie in quanto esse sono coinvolte nella proposta e talvolta nell’ideazione.

Lo sportello d’ascolto, gestito dalla psicologa, apre su appuntamento e risponde a problematiche di carattere emotivo, relazionale, psicologico e giuridico. Successivamente a un primo incontro di conoscenza, la persona può proseguire con un ciclo gratuito di consulenza psicologica (al massimo cinque sedute) o con un supporto legale .
Al venerdì mattina i locali dello sportello d’ascolto diventano un punto d’incontro informale tenuto aperto dalle stesse famiglie con la presenza della presidente della Fondazione, anch’ella famigliare di una persona con disabilità. È un momento molto importante in quanto il contesto informale può favorire la condivisione e lo sviluppo di dinamiche mutualistiche, preziose perché le persone maturino consapevolezza.

I responsabili della Fondazione hanno poi rilevato come spesso i familiari incontrati non sono sufficientemente informati sugli strumenti e i servizi disponibili. A partire da questo bisogno, con la collaborazione dell’associazione A.Fa.Gi.S., è stato promosso ogni anno il ciclo “Incontri in/formativi con famigliari di persone disabili“ durante il quale intervengono anche esperti esterni e sono trattati temi come l’amministrazione di sostegno, gli inserimenti lavorativi, la transizione all’età adulta, il testamento pedagogico, la crescita eccetera. Il ciclo è sia informativo sia formativo in quanto, attraverso gli incontri, si avvia un processo di formazione delle persone coinvolte che acquistano consapevolezza, fanno emergere vissuti negativi, scambiano esperienze e si attivano. L’incontro non è importante solo per le informazioni trasmesse e per il ruolo di conduzione del “tecnico” ma anche per le dinamiche che sono innescate.

Il progetto “Vivere da adulti nella nostra città” è nato nel 2007 grazie al coinvolgimento di alcuni soci fondatori, la cooperativa sociale Il Germoglio 2, l’Istituto Madonna della Bomba, l’associazione Carmen Cammi e il contributo della Fondazione di Piacenza e Vigevano. L’obiettivo del progetto è consentire a persone con disabilità ancora inserite nel nucleo famigliare di provenienza, di vivere week end fuori casa in appartamento seguite da personale educativo e assistenziale specializzato. In seguito, il progetto è stato preso in gestione da un’Associazione Temporanea d’Impresa (A.T.I.), composta dalle cooperative sociali Il Germoglio 2, Assofa e Aurora Domus, e ha ottenuto l’accreditamento con il Comune di Piacenza mentre la Fondazione ha mantenuto un ruolo di monitoraggio e ora sta provando a migliorare il coordinamento tra i vari enti coinvolti.

Il progetto “La mia casa oggi e domani” è stato invece sollecitato dal bisogno di un genitore anziano che vedeva il problema del distacco ormai come un’emergenza. Questo progetto coinvolge diverse famiglie che attualmente formano un gruppo di discussione che inizia a ipotizzare soluzioni concrete di vita indipendente per persone con disabilità. Da questo gruppo ne è poi emerso un altro più ristretto che ha iniziato a lavorare a fianco dei responsabili della Fondazione fino a strutturare una proposta abitativa che per diverse ragioni, prevalentemente di carattere economico, non verrà attuata. In seguito, altre famiglie insieme alla Fondazione hanno iniziato a lavorare sull’elaborazione di proposte abitative per il “dopo di noi” e hanno individuato una possibile soluzione nella Residenza Lillà, un insieme di appartamenti dell’Azienda di Servizi alla Persona (A.S.P.) Città di Piacenza con la quale sono in corso delle trattative.
Tutte le attività della Fondazione Pia Pozzoli Dopo di Noi sono svolte in collaborazione con il Comune di Piacenza, in particolare con il servizio sociale per la disabilità adulta e il Tavolo delle Famiglie.


Conclusioni

L’esperienza della Fondazione Pia Pozzoli Dopo di Noi pone in rilievo alcune importanti trasformazioni del sistema di welfare italiano. In primo luogo, è opportuno evidenziare il ruolo giocato dagli attori presenti nell’arena del welfare, in particolare le famiglie e i professionisti sociali. I servizi per il “durante e dopo di noi” nascono infatti grazie a famiglie che per assolvere la peculiare funzione di cura storicamente affidata loro si attivano per promuovere l’autonomia del figlio con disabilità e costruire gli strumenti di sostegno per il futuro.

È sempre stata la famiglia (in particolare le donne) a farsi carico dei soggetti più fragili, tuttavia fino ad alcuni decenni fa questo avveniva all’interno delle mura domestiche senza prospettive di autonomia e senza ipotesi per il “dopo di noi” se non i grandi istituti. Lo sviluppo delle fondazioni di partecipazione, e di altri progetti sperimentali, dimostra che le famiglie senza venir meno alla “care” nei confronti del figlio con disabilità si impegnano a promuoverne l’autonomia e, con l’aiuto di operatori specializzati, pensano a costruire sostegni per il futuro. Nasce allora una nuova modalità di realizzare gli interventi per la disabilità, che non consiste in servizi strutturati ma in forme di accompagnamento relazionale orientate a costruire soluzioni personalizzate nella dimensione dell’accoglienza familiare che valorizza le risorse delle persone coinvolte. Le attività della Fondazione si caratterizzano per una forte connotazione comunitaria data dalla partecipazione delle famiglie ai processi di governance e ai processi mutualistici attivati dai momenti informali e dal ciclo “Incontri in/formativi con famigliari di persone disabili“.

Questo però non sarebbe stato possibile senza la parallela evoluzione della visione scientifica della disabilità che ha influito sugli approcci d’intervento delle professioni sociali, passate da un paradigma biomedico, che la individuava come una patologia invalidante dell’individuo, a un paradigma bio-psico-sociale, che la definisce come il rapporto tra un individuo con certe caratteristiche e il suo ambiente di vita. Questo comporta che la persona con disabilità ha diritto a vivere inserita nel tessuto sociale, a prendere decisioni sul suo futuro, a esprimere preferenze e ad avere tempo libero e fa si che l’intervento sociale non possa essere l’assemblaggio di diversi servizi ma debba essere basato sulla stesura di un progetto di vita costruito su misura come “il vestito fatto dalla sarta”.
L’elaborazione di nuove teorie scientifiche e di nuove prassi operative è stata però facilitata dalla costruzione di reti formali e informali basate sulla collaborazione, il supporto e la circolazione di buone pratiche. Le fondazioni di partecipazione mantengono rapporti di collaborazione, si incontrano, definiscono linee guida per gli operatori e spesso la nascita di una nuova realtà è preceduta dalla visita di esperienze già avviate.

Il presente articolo è stato scritto grazie alle informazioni e alla documentazione raccolta nel corso di una lunga intervista realizzata il 26 aprile 2016 con la sig.ra Vittoria Albonetti (presidente della Fondazione Pia Pozzoli Dopo di Noi) e la dott.ssa Ilaria Fontana (psicologa).