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Le fondazioni di partecipazione sono un istituto giuridico che unisce caratteristiche della fondazione, come l’immutabilità dei fini e la conservazione del patrimonio, con caratteristiche dell’associazione, come la democraticità e l’apertura a nuove adesioni. In virtù di tale assetto, negli ultimi anni si è assistito a una grande diffusione dell’istituto, prima in ambito culturale e poi dei servizi alla persona, in particolare nella gestione del cosiddetto “durante e dopo di noi”. Nell’ambito degli approfondimenti dedicati a questo tema (che trovate in calce all’articolo) Percorsi di Secondo Welfare ha scelto di occuparsi delle fondazioni di partecipazione operanti nella Regione Emilia-Romagna. Dopo l’esperienza della Fondazione Le Chiavi di Casa Onlus e della Fondazione Pia Pozzoli, in questo articolo vi raccontiamo della Fondazione Dopo di Noi Bologna ONLUS.


Storia e caratteristiche

La Fondazione Dopo di Noi Bologna ONLUS è nata nel 2003 quando un gruppo di genitori, che già partecipavano localmente alle attività di ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), iniziò a porsi il problema del “dopo di noi” per i propri figli con disabilità e a ipotizzare possibili iniziative da mettere in campo.

In quegli anni era stato eletto sindaco di Bologna Giorgio Guazzaloca (lista civica) nel cui programma elettorale erano stati inseriti espliciti riferimenti al “dopo di noi”. Il gruppo di genitori e l’amministrazione comunale iniziarono a interloquire arrivando, dopo un lungo percorso che ha visto anche dubbi e momenti d’arresto, a promuovere la nascita di una fondazione di partecipazione, che partì con un contributo economico del Comune e le quote delle tredici famiglie fondatrici. L’ente è quindi nato da una sinergia tra un’amministrazione pubblica, che doveva rispettare alcuni impegni presi con la cittadinanza, e un gruppo di famiglie che, rilevando sul piano personale alcuni bisogni, proponeva delle soluzioni per affrontarli nella maniera migliore.

Non è casuale la scelta della fondazione di partecipazione come forma giuridica. Questa infatti garantisce l’immutabilità degli scopi, il controllo pubblico e la possibilità di accesso da parte di ulteriori soggetti, elementi importanti per operare in questo settore ove è essenziale agire considerando un lasso di tempo molto grande. Nel caso specifico della Fondazione Dopo di Noi Bologna il controllo pubblico è doppio; in aggiunta all’ordinario monitoraggio della Regione Emilia Romagna, previsto dalle leggi in materia, vi è anche il controllo del Comune di Bologna che, sebbene non sia socio fondatore, da statuto può nominare due consiglieri.

La Fondazione è quindi un ente di diritto privato ma con responsabilità e finalità pubbliche, poichè è nata grazie al supporto, economico e di competenze, di un ente pubblico. Le attività in questo senso non sono rivolte solo o preferibilmente ai fondatori, ma a tutte le famiglie di persone con disabilità.
La Fondazione è governata da un Consiglio d’Amministrazione eletto dall’Assemblea dei Fondatori, che agisce con piena autonomia e a sua volta elegge il Presidente. Le attività della Fondazione sono garantite da uno staff composto dal direttore (unico dipendente full time), incarico per il quale è stata designata una persona con esperienza in campo educativo, una referente per la segreteria e l’amministrazione, una referente per la comunicazione, due coordinatori pedagogici e attualmente attraverso un contratto con alcune cooperative sociali sono disponibili otto educatori.

Il patrimonio della Fondazione è costituito dalle donazioni iniziali dei soci fondatori, 5.000 euro a testa per un totale di 75.000 euro, e dalla sovvenzione del Comune di Bologna. Per oltre il 50% le attività sono finanziate da iniziative di raccolta fondi: contributi richiesti a fondazioni bancarie come Fondazione Carisbo e Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, ad aziende (ad esempio Ikea per gli arredi della sede) e attraverso modalità più tradizionali come i banchetti, il cinque per mille e le cene di autofinanziamento. Per alcuni servizi è inoltre previsto un contributo sia da parte dell’ente pubblico che da parte della famiglia. La Fondazione Dopo di Noi Bologna gestisce il finanziamento delle proprie attività cercando di creare un circolo virtuoso nella comunità locale ove ognuno collabora al bene comune. In quest’ottica non si chiede ai servizi alla persona del Comune una retta standard per i servizi erogati (che come si vedrà nei prossimi paragrafi non sono servizi in senso stretto) bensì si chiede un contributo per il singolo partecipante per un’attività di rilevante interesse pubblico.

La Fondazione Dopo di Noi Bologna ONLUS è tra i promotori di Fondazioni in Rete, circuito nazionale che unisce diverse fondazioni di partecipazione attive nel “durante e dopo di noi”. Partecipa poi alle reti informali presenti sul territorio strutturando sinergie per rispondere a specifiche situazioni di bisogno.


Obiettivi

La Fondazione Dopo di Noi Bologna ONLUS sin dall’inizio ha ritenuto che investire sulla costruzione di ulteriori strutture residenziali non sarebbe stata una buona risposta per il “durante e dopo di noi”. Queste, infatti, sono necessarie per rispondere ad alcuni bisogni delle persone con disabilità, ma l’offerta territoriale garantita dal settore pubblico e dalla cooperazione sociale è già di ottimo livello. In questo senso, poiché il “dopo di noi” non può risolversi in un servizio, ma deve essere una “visione di futuro” che sappia guardare avanti e trovare risorse e strumenti per gestirlo serenamente, si è ritenuto che la Fondazione avesse la possibilità di sviluppare un nuovo modo di intendere i servizi, in un’ottica più personalizzata.

Gli operatori della Fondazione hanno rilevato come le persone con disabilità, in particolare lieve o media, siano molto seguite durante l’infanzia e la giovinezza attraverso l’integrazione scolastica, i centri diurni, gli laboratori protetti. Questo porta a sviluppare capacità e autonomie, le quali però spesso non vengono valorizzate nell’età adulta, in quanto l’offerta di servizi per le persone adulte con disabilità lieve è molto limitata e, soprattutto, non vi sono servizi per l’autonomia abitativa. Un giovane con disabilità, infatti, in assenza di un’adeguata assistenza può andare incontro a problemi seri. Due sono in particolare i rischi fra loro strettamente collegati: da un lato, la persona non sviluppa e implementa le competenze acquisite, sulle quali i servizi pubblici hanno fortemente investito nella prima parte della vita; dall’altro lato, non è preparata al momento in cui la propria famiglia non sarà più in grado di assisterla, e sarà obbligata a vivere in strutture per persone con grave disabilità, ovviamente inadatte alle sue esigenze.

Per tali ragioni la Fondazione ritiene che oltre al “dopo di noi” sia necessario pensare al “durante noi”, cioè a quella fase in cui la famiglia ha ancora le risorse per svolgere le proprie funzioni genitoriali e d’assistenza. Il primo obiettivo della Fondazione è di accogliere le famiglie e renderle consapevoli della necessità di pensare da subito al futuro dei loro figli, non cercando la miglior struttura residenziale ove collocarli, ma mettendo insieme le risorse (competenze della persona, immobili, patrimoni) per costruire soluzioni di vita indipendente. Spesso per le famiglie questa è una fatica sia perché non sono sufficientemente informate, sia perché i servizi sociali pubblici non possono fornire tutte le risposte (avendo una diversa mission), sia perché vi sono forti difficoltà emotive e psicologiche. Da parte della Fondazione vi è quindi il tentativo di dare una risposta globale unendo i molteplici aspetti della questione – tutela del patrimonio, assistenza, educazione, soluzione abitativa – costruendo un progetto di vita unitario che consideri lavoro, tempo libero casa e facilitando le famiglie a muoversi nella rete dei servizi. Questo talvolta significa attivare delle risorse, costruire rapporti, altre volte mediare una difficile relazione tra famiglia e servizi (non sono poche le famiglie che hanno totalmente chiuso la relazione con il servizio sociale pubblico a causa di brutte esperienze pregresse).

L’aspetto centrale è quindi la costruzione delle competenze della persona e questa richiede appropriate strategie educative. La Fondazione in tal senso ha adottato un metodo basato sul decremento della presa in carico, finalizzato non ad apprendere dei gesti o delle tecniche, ma a promuovere presso i partecipanti la capacità di sviluppare un proprio pensiero, di risolvere da sole le situazioni in cui si trovano, a fare “problem solving. Questo richiede tempi molto lunghi e non tutti gli educatori sono preparati, in quanto devono essere pronti a reggere la frustrazione di lunghi tempi d’attesa ed evitare di “fare” in prima persona bensì “suggerire di fare”; inoltre l’educatore deve adattarsi al gruppo di riferimento per età, sesso e caratteristiche personali. È stato in particolare rilevato come il personale con lunghe esperienze in servizi tradizionali fatichi di più ad adattarsi alle esigenze della Fondazione in quanto è stato a abituato ad agire e prendere decisioni al posto degli utenti.

La Fondazione realizza la sua mission in un’ottica di welfare mix: essendo un attore privato con responsabilità pubbliche non intende realizzare servizi o iniziative che si pongano in concorrenza o sovrapposizione con l’offerta pubblica, ma operare in partenariato realizzando attività che arricchiscano e completino l’offerta pubblica stessa. Questo significa mantenere quotidianamente i rapporti con le istituzioni pubbliche facendo riferimento ad essere per la costruzione dei progetti di vita e dei percorsi di cura.


Servizi offerti

Per rispondere alle esigenze delle famiglie con persone con disabilità la Fondazione Dopo di Noi Bologna ONLUS si è mossa su due traiettorie: da un lato la consulenza sociale e giuridica; dall’altro la realizzazione di nuove proposte abitative.

Nel 2003, appena costituita, la Fondazione ha attivato uno sportello di consulenza giuridica e sociale che tuttora rappresenta lo spazio di primo accesso per le famiglie che incontrano l’ente. Solitamente una famiglia arriva a contattare la Fondazione quando fatica a trovare risposte per il futuro del proprio figlio e si trova pertanto in una situazione complessa in cui ha bisogno di un’ampia gamma di risposte. L’obiettivo dello sportello è unire tutti gli aspetti afferenti al “dopo di noi” fornendo proposte dal punto di vista educativo, assistenziale, giuridico e patrimoniale. Capita, ad esempio, che la famiglia chieda consiglio su quale sia la struttura residenziale più adatta per il proprio figlio, oppure quali strumenti giuridici vadano adottati per garantire che la propria casa possa essere il luogo di vita del figlio dopo la morte dei genitori.
L’aspetto centrale dell’attività dello sportello è unire tutti gli ambiti di vita della persona con disabilità in un unico progetto e aiutare la famiglia a costruirsi un quadro completo della situazione, trovando risorse e competenze afferenti sia all’ambito giuridico che all’ambito sociale (educativo, assistenziale…). Non è infatti sufficiente che un avvocato aiuti la famiglia a costruirsi il miglior strumento giuridico di tutela (trust, bene vincolato, testamento…) in quanto spesso vi sono difficoltà a delineare il futuro del figlio, a trovare punti di riferimento, persone affidabili su cui contare; Allo sportello la famiglia trova un professionista di area sociale (il direttore della Fondazione) e un avvocato, cui eventualmente possono affiancarsi altri professionisti, come il commercialista o il mediatore familiare, che aiutino la famiglia a mappare le risorse della propria rete e a valutare le soluzioni più adeguate.

Un possibile esito dei percorsi iniziati attraverso lo sportello è la costruzione di soluzioni abitative personalizzate, quello che viene chiamato “Sistema di Residenzialità Diffusa”, un modello d’intervento ispirato agli alberghi diffusi, dove non vi è un’unica struttura integrata ma tante case o stanze sparse sul territorio.
Il perno del “Sistema” è l’appartamento “Casa Fuori Casa”, utilizzato dalla Fondazione come luogo in cui far sperimentare a giovani adulti con disabilità momenti di vita autonoma accompagnati da educatori. Lo staff della Fondazione forma vari gruppi, (i gruppi da sempre portano nomi di famosi pittori, come Gauguin o Michelangelo), con diversi livelli di autonomia che iniziano vivendo nell’appartamento per brevi periodi, ad esempio un week end al mese, per poi passare a periodi più lunghi e caratterizzato da un grado sempre maggiore di autonomia. . L’obiettivo di “Casa Fuori Casa” è rendere i giovani adulti con disabilità capaci di vivere fuori dalla famiglia: questo significa sapersi relazionare con gli altri, saper prendere decisioni condivise, comprendere il punto di vista e le necessità altrui, essere responsabili della propria persona e della propria casa. Finchè le persone con disabilità vivono in famiglia sono al centro dell’attenzione e non sono stimolate ad agire autonomamente: le esperienze di “Casa Fuori Casa” sono importanti proprio per andare oltre questa situazione, sia sul fronte dei figli che dei genitori. Il fatto che il percorso non avvenga solo nelle convivenze fuori di casa ma anche nell’abitazione dei genitori, ad esempio, aiuta questi ultimi a vedere il figlio con occhi diversi: non più “eterno bambino” ma “giovane adulto”.

Ovviamente prima di procedere con l’inserimento si valutano la storia e le caratteristiche della persona. Ad esempio non può essere inserito un giovane con tendenze aggressivea meno che non si riesca a individuare le cause scatenanti e a lavorarci. In alcuni casi non è comunque possibile pensare che il percorso a “Casa Fuori Casa” porti alla vita indipendente ma è comunque un supporto in preparazione al distacco dalla famiglia.

Vi sono invece casi in cui è stato possibile condurre i partecipanti a vivere da soli. Due giovani fidanzati con l’aiuto delle loro famiglie e il supporto della Fondazione hanno iniziato a vivere da soli in un appartamento a Bologna. Le famiglie hanno messo a disposizione l’appartamento e pagano le spese di gestione mentre la Fondazione fornisce il fondamentale supporto educativo. Sebbene i due giovani siano molto motivati e abbiano un’elevata autonomia, però, devono essere facilitati nel gestire il rapporto di coppia ed educati a utilizzare le risorse finanziarie disponibili.

Elisa e Caterina sono invece due giovani donne con Sindrome di Down, con elevate autonomie, di Crevalcore che da qualche anno hanno iniziato convivere in un appartamento dato in comodato d’uso da un privato alla Fondazione: i costi socioeducativi, quindici ore settimanali di educatore, finalizzate a supportare le due ragazze nella gestione della casa, dell’alimentazione e delle loro relazioni sono coperti dalle famiglie e dall’AUSL mentre il Comune di Crevalcore interviene esonerando dal pagamento della tassa sui rifiuti e garantendo i trasporti al lavoro.

Finora da “Casa Fuori Casa” sono passate circa 90 persone, 30 sono attualmente coinvolte nei vari gruppi e 10 hanno trovato soluzioni abitative più stabili. Vi sono però casi di persone con disabilità, che hanno seguito i percorsi in gruppo, motivate a vivere da sole e con ottime autonomie, che non hanno potuto proseguire il percorso perché i genitori si sono opposti, non riuscendo a sopportare l’idea di un allontanamento dal figlio.

Allo sportello si sono presentati anche genitori molto anziani, con figli anziani già in età avanzata. Queste sono situazioni molto complesse in quanto il genitore ha curato il figlio per tutta la vita generando un rapporto simbiotico che non è possibile interrompere. In casi di questo tipo la Fondazione ha dovuto costruire una soluzione abitativa che evitasse la separazione, ma garantisse assistenza ad entrambi. Poiché l’offerta territoriale di servizi per la disabilità non era riuscita ad individuare le risposte adatte, la Fondazione si è quindi rivolta ad enti che si occupano di anziani, realizzando un accordo che prevede l’inserimento di padre e figlio in un appartamento protetto con la clausola che alla morte del padre il figlio avrebbe continuato a vivere lì. Questo ha richiesto un complesso lavoro di rete che ha visto coinvolti diversi attori: dalla Fondazione all’ente gestore della struttura protetta, dai servizi sociali pubblici al giudice tutelare, e ha previsto la messa in campi di articolati strumenti giuridici per dare un quadro stabile e preciso alla soluzione abitativa personalizzata.

La Fondazione, inoltre, forma amministratori di sostegno in collaborazione con il Tribunale. L’esperienza accumulata aiutando le famiglie a individuare e formare queste figure ha infatti portato a formalizzare una collaborazione con il Tribunale di Bologna che permette alla Fondazione di realizzare corsi per amministratore di sostegno aperti a tutti i cittadini e avanzare proposte al giudice tutelare quando questi si trova a dover nominare un amministratore per persone con fragilità. I cittadini formati attraverso i corsi sono a disposizione del giudice tutelare per qualunque bisogno rilevato, quindi non solo per supportare persone con disabilità (spesso i beneficiari sono anziani). I corsi sono confluiti nel progetto “SOStengo!” realizzato grazie ad una convenzione tra Fondazione Dopo di Noi, Città Metropolitana di Bologna l’Istituzione G.F. Minguzzi la Provincia di Bologna, al Comune di Bologna, l’AUSL di Bologna, il CSV Volabo, il Tribunale di Bologna e Università degli Studi – Dipartimento di Psicologia.

Oltre alla consulenza sociale e giuridica e alla costruzione di soluzioni abitative personalizzate, come attività marginale la Fondazione propone anche corsi di pittura realizzati da artisti professionisti (volontari) che si relazionano direttamente con le persone con disabilità in assenza di operatori. Obiettivo dei corsi è favorire l’espressione artistica delle persone con disabilità e realizzare opere poi esposte in luoghi istituzionali.


Alcune riflessioni

L’esperienza della Fondazione Dopo di Noi Bologna ONLUS pone in rilievo alcuni peculiari tratti dell’evoluzione dei servizi per il “durante e dopo di noi” in Italia.

Una realtà del terzo settore non si sviluppa dal nulla, ma nasce in un terreno civico fertile ove vi sono esperienze e competenze da valorizzare, ove vi è conoscenza del problema o del bisogno da affrontare; in questo caso la maggior parte dei genitori fondatori proveniva da una lunga esperienza nella locale sezione di ANFFAS ove aveva maturato quelle conoscenze e competenze poi espresse nella Fondazione, grazie anche al supporto iniziale del Comune.

Il ruolo giocato dai genitori nel processo costituente mostra come la famiglia continui ad avere un ruolo fondamentale nella cura delle persone fragili; sono stati infatti i genitori ha portato nello spazio pubblico il “durante e dopo di noi”, problema che fino a quel momento era rimasto nella sfera privata; la cura dei propri figli con disabilità passa così anche attraverso l’attività di advocacy, andando oltre l’assistenza in senso stretto, svolta nell’interesse di tutte le persone con disabilità.

Questo ha tre importanti conseguenze:

  1. le famiglie che partecipano alle attività della Fondazione (socie o solamente beneficiarie) non delegano a un soggetto terzo la propria funzione di cura, bensì la sviluppano in modo nuovo, costruendo un insieme di supporti che garantisca al figlio con disabilità una vita indipendente. Questi supporti sono garantiti da una fondazione di partecipazione governata da famiglie, in un’ottica di continuazione della volontà e dell’azione della famiglia d’origine;
  2. la funzione di cura della famiglia è finalizzata a garantire l’autonomia e l’integrazione sociale della persona con disabilità. La strategia sviluppata dallo staff pedagogico della Fondazione modifica radicalmente l’approccio educativo rivolto a persone con disabilità; viene definito “decremento della presa in carico” in quanto l’educatore deve lavorare per non essere più necessario, per rendere gli utenti capaci di prendere decisioni in autonomia risolvendo le situazioni che si trovano di fronte. La funzione dell’educatore non è quella di proteggere la persona con disabilità dal mondo esterno (o viceversa), prendere decisioni al suo posto, fare quello che non è in grado di fare bensì facilitare le relazioni interpersonali e la capacità di sviluppo di un pensiero autonomo. Questo elemento aggiunge un ulteriore tassello al quadro di sviluppo dei servizi per il “durante e dopo di noi”: il ruolo delle professioni sociali nell’elaborare nuovi approcci;
  3. la famiglia, partecipando alle attività di una fondazione, cessa di essere un soggetto privato ma diventa attore dello spazio pubblico quindi un soggetto politico in una logica di welfare mix. La Fondazione partecipa all’elaborazione e alla costruzione delle politiche pubbliche locali sulla disabilità negoziando con diversi attori del territorio, avanzando le proprie proposte e realizzando servizi innovativi che in seguito diventano componente riconosciuta dell’offerta territoriale in aggiunta a proposte più tradizionali ma comunque necessarie.


Il presente articolo è stato scritto grazie alle informazioni e alla documentazione raccolta nel corso di una lunga intervista realizzata il 5 maggio 2016 con il dott. Luca Marchi (direttore Fondazione Dopo di Noi Bologna ONLUS).