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Le fondazioni di comunità sono istituzioni filantropiche che si propongono di sostenere e migliorare la qualità della vita delle persone che vivono in un determinato territorio. Si tratta di enti che, attraverso strumenti e attività che incentivano la possibilità e l’opportunità di donare, mirano alla "democratizzazione della filantropia". Il loro obiettivo in questo senso è fungere da "catalizzatori" e "facilitatori" per cittadini, imprese e istituzioni che vorrebbero contribuire al benessere del proprio territorio e della sua società ma che, per ragioni differenti, hanno difficoltà a farlo autonomamente. A questo scopo le Fondazioni comunitarie costituiscono e gestiscono patrimoni formati da plurime donazioni provenienti “dal basso”, che sono usate – direttamente o tramite rendimenti derivanti da investimenti – per sostenere progetti di utilità sociale per il territorio e la sua comunità.

La natura particolare di queste realtà le configura come protagoniste dei cambiamenti in atto nel mondo del welfare e per tale ragione il nostro Laboratorio ne ha trattato sia nel Primo che nel Secondo Rapporto sul secondo welfare in Italia. Con l’intento di continuare questo percorso di conoscenza, in occasione del Terzo Rapporto (che sarà presentato il 21 novembre a Torino) il nostro sguardo si è orientato verso le realtà della filantropia comunitaria che operano nel Mezzogiorno. L’obiettivo della nostra ricerca è capire come il modello si sia sviluppato nel Meridione e quale impatto stia avendo nelle aree del Paese che più hanno sofferto gli effetti della crisi economica e sociale.

Dopo avervi raccontato di Fondazione della Comunità Salernitana, Fondazione Val di Noto, Fondazione San Gennaro e Fondazione del Centro Storico di Napoli, in questo articolo approfondiamo l’esperienza della Fondazione di Comunità del Salento. Questa realtà, nata in Puglia nel 2014, a differenze delle altre fondazioni sopra citate non ha goduto inizialmente del sostegno di Fondazione CON IL SUD (che ha svolto un fondamentale ruolo di supporto di tali istituzioni attraverso un apposito bando permanente), ma è attualmente al lavoro per sviluppare con essa una partnership volta a rafforzare la sua capacità d’azione. Abbiamo chiesto a Gabriele Ruggiero, attuale Segretario Generale, di raccontarci meglio nascita, sviluppo e prospettive della Fondazione di Comunità del Salento.

Dottor Ruggiero, può raccontarci quali sono le ragioni che hanno portato alla nascita della vostra Fondazione?

La nascita della Fondazione di Comunità del Salento risale al 2014 ed è dovuta principalmente alla forte spinta di un gruppo di enti non profit che operano da anni in risposta alle grandi difficoltà che le persone delle province di Lecce, Brindisi e Taranto stanno incontrando a seguito di questo straordinario periodo di crisi. A queste si aggiungono le tre diocesi della provincia di Lecce – l’Arcidiocesi di Lecce, Nardò-Gallipoli e Ugento Leuca – e un gruppo di volontari che ha collaborato tecnicamente alla predisposizione dei documenti necessari alla costituzione.

Sin dal principio abbiamo assistito ad una rinnovata volontà di tante parti della comunità che, nonostante le varie difficoltà istituzionali che abbiamo incontrato, è rimasta salda nella volontà di creare questo tipo di ente anche nel Salento.

La “trasversalità” della Fondazione è evidente anche nella composizione del Consiglio di Amministrazione. Oltre ai rappresentanti delle tre diocesi abbiamo la presenza di For Life Onlus, della Comunità Emmanuel, della Cisl di Lecce, di Anteas Onlus di Lecce, della BCC di Leverano e di Ortokinesis Srl. In seguito si sono aggiunti il Centro Italiano Femminile di Lecce, la Provincia di Lecce, l’Ordine dei dottori Commercialisti di Lecce e diverse altre istituzioni del territorio (consultabili qui). Complessivamente la Fondazione ad oggi conta, oltre agli 8 soci fondatori, quaranta altri soggetti sostenitori tra enti pubblici, imprese e associazioni.

Prima ha parlato di difficoltà nella fase costitutiva. Può spiegarci meglio?

Avviare un progetto di questo tipo nel Sud è stato un compito estremamente arduo, soprattutto in una zona periferica come la nostra. Poiché la volontà era di creare qualcosa che fosse realmente al servizio del territorio e che non fosse espressione di un gruppo ristretto abbiamo cercato di coinvolgere una compagina più ampia e più seria possibile, ma mettere intorno a un tavolo tante realtà diverse non stata è certo una cosa semplice.


Se non sbaglio in questa fase costitutiva, a differenza di altre Fondazioni di comunità che operano nel Mezzogiorno, non avete partecipato al bando di Fondazione CON IL SUD a sostegno della filantropia comunitaria…

La Fondazione di Comunità del Salento inizialmente ha preferito scegliere una strada diversa per raggiungere i suoi obiettivi. Con la Fondazione CON IL SUD abbiamo però un ottimo rapporto di collaborazione, e già ci aiuta, ad esempio, nello in attività di sviluppo del patrimonio. Il motivo principale per cui non abbiamo partecipato prima al bando è che ad oggi non abbiamo accumulato il patrimonio minimo previsto, cioè 300.000 euro. Ma grazie al grande lavoro di raccolta fondi, siamo quasi riusciti a raggiungere questa soglia e contiamo di procedere con la partecipazione al bando entro la fine dell’anno.


Ci spieghi un po’ meglio come vi siete strutturati.

Abbiamo un Consiglio di Amministrazione che è composto da un rappresentante per ogni socio fondatore, che eleggeun Presidente e due Vice-Presidenti. C’è poi un Segretario Generale in part-time (che sono io) che svolge mansioni di direzione e coordinamento grazie al supporto di un gruppo di lavoro di volontari composto da una dozzina di persone con diversi profili professionali (consulenti fiscali, progettisti, tecnici, ecc).

Recentemente abbiamo avviato anche un Comitato tecnico-scientifico composto da esperti, docenti e vari professionisti per sviluppare progetti nell’ambito del Programma Operativo Regionale. Il Comitato è per ora composto da 7 persone esperte, tra le varie cose, di welfare e sviluppo locale.

L’organizzazione è praticamente tutta orientata allo sviluppo del patrimonio, per questo investiamo soprattutto in comunicazione locale, pubbliche relazioni e progettazione. Questa scelta, ovviamente, ci impedisce di investire in personale, che sarebbe importante per strutturare meglio il nostro agire, ma nonostante questo abbiamo sviluppato un buon piano organizzativo che è quasi a regime.

Come avete strutturato il vostro patrimonio finora?

La costituzione è avvenuta attraverso donazioni dirette dei fondatori e degli altri sostenitori, anche sotto forma di beni immobiliari, la cui gestione però si è rivelata abbastanza problematica (quindi non siamo più molto propensi ad accettarli). Il patrimonio oggi è alimentato principalmente da donazioni e dallo sviluppo di alcuni progetti principali, in particolare il progetto “Sei dei Nostri”, che permette di aiutare bambini con difficoltà di inserimento scolastico, e il programma Talent Farm che prevede la costituzione di nuove realtà imprenditoriali che nascono da forme di responsabilità sociale.

E per quanto riguarda le erogazioni?

In questo momento la Fondazione svolge attività erogative principalmente sul fronte dei servizi, aiutando diversi enti non profit nello sviluppo di progettualità, in attività di consulenza e nell’organizzazione di eventi e di contatti, oppure co-finanziando progetti attraverso partnership e convenzioni.

Finora abbiamo operato prevalentemente sulla provincia di Lecce, ma abbiamo avviato una serie di interlocuzioni sulla Provincia di Taranto e qualche adesione anche su Brindisi; nel prossimo triennio apriremo anche delle sedi in queste province.

In generale i rapporti con la società civile stanno migliorando molto e, anche in funzione delle nuove normative di governance, abbiamo la presenza di diversi Comuni che stanno aderendo e a breve avvieremo il nostro “Community Social Forum” che è un progetto itinerante che prevede l’organizzazione di forum di dialogo all’interno dei territori comunali. Per noi è un passo importante: pensate che la nostra Fondazione “copre” tre province importanti, e solo Lecce ha ben 97 comuni con cui dialogare.


Come giudica il lavoro fatto finora?

La Fondazione in questi primi anni ha fatto letteralmente i salti mortali. Partendo da un patrimonio iniziale di 98.000 euro oggi è arrivata a oltre 200.000. Ma la verità è che siamo ancora troppo lontani dal considerarci quello che vorremmo: un punto di riferimento per il non profit di tutto il Salento.

I problemi che incontriamo ancora oggi sono molto spesso quelli dovuti al grande individualismo del nostro territorio: in primis poca capacità di cooperazione e scarsa capacità di corresponsabilità. Questo ci ha rallentato non poco. Così come ha pesato l’assenza in Puglia di altre istituzioni con una visione simile alla nostra. Ma speriamo che la nostra opera ora possa essere un punto di partenza per tanti.

Con questo intento organizziamo periodicamente la “Borsa della Resposabilità Sociale” (l’ultima edizione si è svolta nel gennaio 2017, nda) che permette ad esperti e rappresentanti del non profit nazionale di incontrarsi per discutere e dialogare di opportunità progettuali e di sviluppo del Salento. In questi eventi abbiamo avuto il piacere di ospitare presidenti di fondazioni italiane, presidenti di reti nazionali di cooperazione, istituzioni, ma anche semplici cittadini che hanno manifestato con forza la volontà di scommettere sull’identità territoriale come strumento di sviluppo. Da questi dialoghi sono nati una serie di iniziative orientate al favorire un maggiore collegamento con il territorio, una migliore comunicazione. Ad esempio, abbiamo prodotto un “Manifesto per l’Agricoltura etico-sociale e rigenerativa del Salento”, scritto a più mani, che a breve vedrà la luce con una iniziativa di economia reale che coinvolgerà giovani agricoltori dei nostri territori.

Quali sono le prospettive future?

Noi vogliamo giocare un ruolo sempre più importante in Salento e siamo impegnati tutti i giorni per diffondere questo “virus” sul territorio. Per farlo, però, ci sarà sempre più bisogno di coinvolgere più realtà che operano sul territorio. Colgo quindi l’occasione per un appello al coinvolgimento diretto nella nostra realtà da parte di persone di buona volontà che credono che una comunità possa essere rafforzata soprattutto grazie ad azioni concrete, condivise e supportate anche da territori esterni.