Rassegna Stampa
Rapporti

Welfare, alla ricerca di un nuovo modello

Oscar Serra, Era Stato sociale ora è solo iniquo, lospiffero.com
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Alla fine è sempre questione di soldi. E di tasse. Perché hai voglia a parlare di nuovi e crescenti bisogni da soddisfare, di politiche dell’inclusione da praticare, di “benessere” da estendere quando lo Stato, in tutte le sue articolazioni, ha le casse vuote e i cittadini sono ormai limoni spremuti fino all’ultima goccia. Con la mammella pubblica rinsecchita mungere risorse per il Welfare State è un’impresa. In tutti i sensi. Nel rapporto del Centro Einaudi su quello che i sociologi definiscono "secondo welfare", presentato questa mattina alla Biblioteca Nazionale di Torino, emerge con forza un consolidamento di tutti quei soggetti – enti, fondazioni, associazioni, società di mutuo soccorso (sono 100 in tutta Italia), piattaforme di crowdfounding (già più di 50) – che sempre più spesso si sostituiscono allo Stato, alle Regioni, ai Comuni.

Il settore non profit – centro nevralgico del secondo welfare – è arrivato a contare oltre 300mila organizzazioni, il 28% in più rispetto al 2001, con una crescita del personale dipendente pari al 39,4%. Compresi i volontari, il settore coinvolge oltre 5,7 milioni di persone. Il totale delle entrate di bilancio delle istituzioni non profit, nel 2014, è pari a 64 miliardi di euro. Bastano queste cifre per comprendere quanto si sia sviluppato negli anni una sorta di welfare complementare. Certo, come fa notare la professoressa Chiara Saraceno, docente di Scienze sociali all’Università subalpina, sotto la definizione di secondo welfare c’è un po’ di tutto e anche nel variegato mondo del non profit esistono molti enti che poi godono di contributi pubblici, quindi possono essere considerati una estensione della mano pubblica.

Era Stato sociale ora è solo iniquo
Oscar Serra, lospiffero.com, 27 novembre 2015