Rassegna Stampa
Rapporti

Negli anni della crisi economica e sociale, il "secondo welfare" è cresciuto ma non basta

Filippo Piccione, pontediferro.org, 29 novembre 2015

Non è una novità che nel nostro Paese esistano e crescano società di mutuo soccorso che coinvolgono una vasta gamma di attori economici e sociali. Si tratta di imprese, compagnie di assicurazioni, fondi integrativi, sindacati, enti locali, associazioni datoriali, fondazioni ed enti filantropici. Cento in tutto, che assistono circa un milione di italiani. A Torino, al Centro di Ricerca Luigi Einaudi, sarà a breve presentato un Rapporto sul cosiddetto "Secondo Welfare". Dai dati che circolano, emerge che il welfare negoziale coinvolge il 21,7 per cento delle imprese italiane e tende ad arrivare al 31,3. Sono intorno a 1,5 milioni le famiglie direttamente coperte da una polizza malattia che prevede il rimborso spese o prestazioni convenzionate, mentre i soggetti aderenti a fondi integrativi raggiungono i tre milioni.

L’altro dato riguarda il non profit, il cuore del welfare dal basso, che conta 300 mila organizzazioni attive e coinvolge 5,7 milioni di persone. Le risorse messe a disposizione dalla filantropia superano i 12 miliardi di euro. Il commento di uno dei presentatori del Rapporto, il professore ed editorialista del Corriere Maurizio Ferrera, è il seguente: "Il Secondo Welfare ha saputo creare una nuvola di interventi a sostegno delle fasce più vulnerabili, innaffiando la sacche di svantaggio e facendo crescere nei territori risposte innovative in grado di mitigare gli effetti della crisi". A confermare quanto appena riportato è l’11 per cento delle famiglie, che dichiara di aver avuto un componente che nel corso del 2014 ha ricevuto un aiuto economico o ha beneficiato di servizi erogati da enti non pubblici. Ciò è stato possibile grazie ai cosiddetti "volani" di cui una parte va attribuita alle riforme approvate dal Parlamento, l’altra all’autopropulsione della società civile. L’esempio più rilevante è l’emergenza povertà che riguarda 5,5 milioni di connazionali, di cui 1,3 milioni minorenni, che ha visto la creazione di empori della solidarietà che hanno operato in partnership pubblico-privato-terzo settore. Ad avviso di Ferrera "deve essere chiaro però che queste iniziative non possono sostituirsi al "Primo Welfare" – di natura pubblica e obbligatoria – in un’area di bisogno così estesa e cruciale".

Negli anni della crisi economica e sociale, il "secondo welfare" è cresciuto ma non basta
Filippo Piccione, pontediferro.org, 29 novembre 2015