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La proposta di legge che prevede l’introduzione di un voucher universale per i servizi alla famiglia e alla persona, presentata l’11 giugno al Senato e alla Camera, modifica e razionalizza il sistema di detrazioni di cui possono usufruire i nuclei familiari impegnati nel welfare attraverso una spesa sostenuta “di tasca propria”. Nel contempo incentiva l’utilizzo del voucher in ambito aziendale, offrendo notevoli vantaggi per i lavoratori e le imprese. Infine offre alle Amministrazioni Pubbliche, impegnate sul fronte socio-assistenziale, uno strumento di razionalizzazione degli interventi sociali, di eliminazione degli sprechi e dell’utilizzo inappropriato dei servizi. Si tratta di una proposta di legge destinata ad allineare l’Italia alle più avanzate esperienze europee e a favorire un processo di revisione delle oltre 700 diverse forme di incentivo fiscale (detrazioni/deduzioni) previste dalla spending review.

Vista la portata di questa proposta è però di fondamentale importanza comprenderne la fattibilità e a questo fine è stata effettuata dal Censis una verifica di compatibilità degli oneri che la proposta comporta rispetto agli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, che restano un vincolo ineludibile per qualsiasi revisione delle politiche di protezione sociale.


La proposta di legge

La proposta di legge s’ispira al modello dei Chèque emploi service universel (CESU) francesi adattandoli alle caratteristiche del nostro sistema di welfare e del nostro mercato dei servizi alla persona. Essa si propone quattro obiettivi principali, destinati ad avere importanti riflessi sul mercato del lavoro. In primo luogo favorire la costruzione di un sistema di servizi alla persona e alla famiglia di qualità e con costi sostenibili che faciliti la conciliazione tra vita privata e lavoro al fine di contribuire alla crescita dell’occupazione femminile. In secondo luogo, rendere sostenibile e quindi più diffuso un moderno sistema di welfare aziendale e contrattuale, in grado di rispondere ai bisogni di conciliazione, dell’infanzia e delle persone non autosufficienti attraverso la mobilitazione di risorse anche private. In terzo luogo promuovere la crescita di una occupazione regolare e di maggiore qualità nel settore degli household services. Infine, far emergere il lavoro nero così diffuso nel settore dei servizi, anche per recuperare risorse aggiuntive e maggior gettito fiscale e contributivo, ben sapendo che in Italia su circa 1,7 milioni di lavoratori domestici, il 50% è costituito da non regolari.

La proposta di legge introduce agevolazioni fiscali innanzitutto a favore delle famiglie che utilizzano il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia elencati nell’allegato A. L’agevolazione fiscale prevista nella proposta di legge tiene conto che in Italia il costo del lavoro per un collaboratore familiare assunto regolarmente è superiore di circa un terzo a quello assunto in nero, perché alla retribuzione netta occorre aggiungere la tredicesima, i contributi sociali, il TFR e le ferie.

Di conseguenza, si propone sia per le colf che per le badanti, cosi come per l’acquisto di servizi erogati da strutture pubbliche o private solo se pagati con il voucher, una detrazione fiscale pari al 33% degli oneri sostenuti dal contribuente, per un importo massimo che va da 6 mila a 8 mila euro in relazione alla presenza di bambini e di persone disabili o di anziani non autosufficienti. Si prevede anche la corresponsione di un assegno per gli incapienti. Per quanto riguarda i voucher erogati dalle imprese a favore dei propri dipendenti, non si prevede alcuna norma aggiuntiva, ma s’interviene semplicemente stabilendo che le agevolazioni fiscali già previste a favore delle misure di welfare aziendale si applicano anche quando i benefit sono erogati dal datore di lavoro attraverso il voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia.

Il sistema del voucher si basa su tre pilastri, ciascuno dei quali contribuisce in diversa misura a ridurre il costo dei servizi per la famiglia attraverso un unico titolo di credito (il voucher o buono acquisti):
1. le famiglie che acquistano a costo agevolato i servizi;
2. le imprese che erogano a costi agevolati prestazioni di welfare aziendale ai propri dipendenti o le banche in favore dei propri clienti;
3. le amministrazioni regionali e locali che erogano servizi alla persona a favore di persone bisognose e svantaggiate o servizi di conciliazione ai destinatari delle politiche del lavoro attraverso i servizi pubblici e privati del lavoro.

Il flusso per l’utilizzazione del voucher e il ruolo dei soggetti della filiera sono piuttosto semplici: i voucher per i servizi di cura dei bambini, degli anziani non autosufficienti o delle persone con disabilità vengono emessi dalle società concessionarie e possono essere acquistati dalle famiglie o ricevuti dai dipendenti delle imprese e dai destinatari dei servizi di protezione sociale.

I voucher possono essere finanziati o cofinanziati dalle imprese per servizi a favore dei propri dipendenti nell’ambito delle misure di welfare aziendale e contrattuale, dalle banche e assicurazioni a favore dei propri clienti, dalle amministrazioni regionali e locali per l’erogazione delle prestazioni sociali o dagli operatori pubblici e privati per i servizi di conciliazione a favore delle donne coinvolte in percorsi di ricollocamento.

I servizi sono resi da imprese, asili nido, centri per anziani o associazioni e organizzazioni del terzo settore e di volontariato accreditati, così come da lavoratori, i quali verranno pagati dalle società emettitrici, mentre i dipendenti (collaboratori domestici e assistenti personali) possono riscuotere i voucher presso istituti bancari convenzionati.
 

La ricerca del Censis

Il Censis ha sviluppato un modello per stimare l’impatto economico e sull’occupazione della proposta di legge per l’istituzione del voucher universale per i servizi alla persona e alla famiglia.

Il modello di stima degli oneri per la spesa pubblica derivanti dall’introduzione del voucher universale riguarda il primo anno di introduzione e l’impatto a regime a cinque anni dall’avvio (gli effetti del provvedimento relativi al numero di beneficiari, all’emersione del lavoro irregolare e all’occupazione aggiuntiva si dispiegano invece gradualmente nel tempo).

Gli oneri per lo Stato sono pari al saldo fra i minori introiti tributari (oneri stimati per l’introduzione del voucher meno oneri da detrazioni/deduzioni già esistenti per la stessa tipologia di servizi) e le maggiori entrate per effetto dei:
− benefici diretti, come l’emersione del lavoro irregolare, la creazione di nuova occupazione, il minor impiego dell’ASPI;
− benefici indiretti, tra cui l’occupazione in altri settori, l’IVA sui consumi familiari, le imposte sugli utili d’impresa.

Per il primo anno il costo per lo Stato ammonterebbe a circa 1,3 miliardi di euro. Tale costo si riduce a circa 640 milioni di euro grazie ai benefici diretti, in particolare per il maggior gettito fiscale determinato dall’emersione del lavoro non regolare (305 milioni di euro). Gli oneri si riducono ulteriormente a 273 milioni di euro in considerazione dei benefici indiretti: gettito fiscale derivante dall’occupazione attivata in settori collegati (128 milioni di euro) e per l’IVA sui consumi aggiuntivi delle famiglie e dei lavoratori (187 milioni di euro) per l’utilizzo del minor onere tributario per acquisti. Nell’analisi viene considerata anche la disponibilità dei fondi strutturali europei per un importo indicativo di 470 milioni di euro per misure utilizzabili per la “promozione dell’occupazione femminile” e la realizzazione di “servizi di cura per l’infanzia e la non autosufficienza”.

Il sistema a regime avrebbe quindi un costo di circa 3,6 miliardi di euro, che si riduce a 1,9 miliardi tenuto conto dei benefici diretti e a 700 milioni di euro se si considerano anche quelli indiretti.

Secondo questa ricerca – come evidenziato dalla figura 1 – dopo cinque anni la platea di famiglie in grado di accedere ai servizi socio-assistenziali crescerebbe di 482 mila unità, in coerenza con gli accresciuti bisogni di assistenza connessi con l’invecchiamento della popolazione. I lavoratori beneficiari del welfare aziendale salirebbero da 127 mila a 858 mila, con enormi vantaggi sia per i dipendenti che per la produttività aziendale.


    Figura 1. Impatto del voucher sulla domanda di servizi da parte delle famiglie (valori assoluti in migliaia)

     Fonte: elaborazioni e stime Censis su dati di fonte varia.

 

La ricerca stima inoltre che l’emersione del lavoro irregolare nel periodo di messa a regime raggiungerebbe le 326 mila unità, mentre l’occupazione aggiuntiva è valutabile in 315 mila nuovi occupati fra diretti (assistenza domiciliare) e indiretti (settori collegati) (figura 2).


Figura 2. Nuovi occupati e lavoratori emersi ogni anno, nei primi cinque anni dall’introduzione del voucher universale (valori assoluti in migliaia)

     Fonte: elaborazioni e stime Censis su dati di fonte varia.

Le stime effettuate indicano quindi una sostenibilità del provvedimento in termini di oneri per la spesa pubblica, come riportato nella tabella 1. A fronte di tale sostenibilità i servizi alla persona, se opportunamente promossi grazie al voucher universale introdotto dalla legge delega, potrebbero diventare così uno dei volani più importanti della ripresa dell’occupazione in Italia


Tabella 1. Effetti diretti e indiretti e saldo per lo Stato, derivanti dall’introduzione del voucher. Confronto tra primo anno e con sistema a regime (milioni di €)

      Fonte: elaborazioni e stime Censis su dati di fonte varia.

 

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