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Di social housing si parla sempre più spesso, tuttavia l’impiego – e ancora prima la conoscenza – di questo strumento nel nostro Paese sono ancora piuttosto limitati. Abbiamo incontrato Marco Gerevini, consigliere delegato della Fondazione Housing Sociale e Giordana Ferri, Responsabile Progettazione e Sviluppo, che ci hanno spiegato come opera la Fondazione e perché una più forte diffusione di queste esperienze può avere effetti positivi sulla questione abitativa italiana.

Come nasce la Fondazione Housing Sociale? Quali soggetti ne fanno parte?

La Fondazione Housing Sociale (FHS) nasce nel 2004 per sviluppare il progetto Housing Sociale di Fondazione Cariplo, finalizzato a realizzare interventi immobiliari di natura sociale. L’idea di base era di creare una piattaforma che promuovesse la conoscenza e la diffusione dell’housing sociale e rendesse sistematico – e quindi più virtuoso – questo tipo di intervento: l’edilizia sociale nel nostro Paese era infatti episodica, le erogazioni con cui veniva finanziata date “a goccia”.
Alla costituzione hanno partecipato anche Regione Lombardia e Anci Lombardia, rimarcando la natura della partnership pubblica–privata del progetto. Nel 2008, in esito al riscontro delle prime iniziative, la sua operatività è stata estesa dall’area lombarda a tutto il territorio nazionale. La Fondazione è un soggetto privato, non profit, che opera per finalità di interesse pubblico e sociale. Trasformatasi di recente nella forma della fondazione di partecipazione, è partecipata da un socio fondatore, Fondazione Cariplo, due membri istituzionali (Anci e Regione Lombardia) e da soggetti aderenti in numero crescente. Possono aderire quei soggetti che assicurino un sostegno economico alla fondazione per il perseguimento dei suoi scopi (investitori nell’ambito del Sistema Integrato dei Fondi Immobiliari, delle Società di gestione del risparmio e altri) e i soggetti pubblici o privati che, in ragione della loro natura, del profilo istituzionale e della loro attività, possono concorrere a legittimare o sostenere – anche patrimonialmente e economicamente – l’attività della fondazione.

Quali sono le attività della fondazione?

FHS è un punto di riferimento per il settore dell’edilizia sociale, avendo maturato nel corso degli anni competenze professionali diversificate che consentono un approccio integrato e olistico all’intero processo di sviluppo delle iniziative. FHS offre infatti una progettazione integrata tra il progetto urbano (definizione delle caratteristiche dell’insediamento e linee guida per la realizzazione degli immobili), il progetto sociale (individuazione dei servizi da insediare, start-up della comunità, formazione del gestore sociale e continuo monitoraggio dell’operazione) e il piano finanziario (analisi economico-finanziaria dell’investimento).
FHS ricopre così un ruolo centrale in tutte le fasi di realizzazione di un progetto di housing sociale, a cominciare dall’elaborazione del concept plan – cioè della visione progettuale di riferimento – e dalle analisi della fattibilità urbanistica-territoriale e della sostenibilità economica. Prima di procedere con la progettazione, viene infatti condotta un’analisi socio-abitativa del contesto locale finalizzata a definire i bisogni della popolazione e delle potenzialità che il territorio offre, così da produrre una proposta abitativa efficace. A questo punto si procede con l’impostazione del progetto e la realizzazione concreta. Generalmente, al fine di andare incontro a richieste sempre più diversificate, i progetti presentano un mix tra funzioni (residenza, affitto temporaneo, attività commerciali); modalità dell’offerta abitativa (monolocali, bilocali, trilocali); tipologia abitativa (affitto, affitto/acquisto; vendita libera/convenzionata) e composizione sociale degli inquilini, così da formare una comunità eterogenea. FHS definisce inoltre i criteri per l’assegnazione degli alloggi e, eventualmente, porta avanti la selezione dei beneficiari. Infine, provvede al monitoraggio delle attività del gestore sociale e lo accompagna nella sua attività.

Per chi sono pensati i progetti di housing sociale?

I progetti di housing sociale sono destinati a quelle persone e famiglie che hanno un reddito troppo alto per avere diritto alle case popolari ma, al tempo stesso, troppo basso per avere accesso al mercato libero. Questa fascia di mercato è aumentata drammaticamente in Italia negli ultimi anni e continua a incrementarsi.

Quali sono gli aspetti che rendono il social housing potenzialmente così efficace?

Il valore dei nostri progetti consiste nella capacità di realizzare abitazioni di qualità a basso costo e ricche di servizi creando le condizioni ideali per la nascita di nuove comunità, vivaci e partecipate. A questo scopo viene istituito un piano di accompagnamento sociale che prevede attività finalizzate a formare il senso di appartenenza alla comunità di inquilini; consolidare le relazioni tra i componenti; organizzare gli organi di rappresentanza; stabilire compiti e ruoli della partecipazione attiva.
Per progettare e realizzare queste attività e servizi collaborativi, FHS predispone inoltre un percorso di progettazione partecipata dedicato agli inquilini, coadiuvato da alcuni facilitatori e dal gestore sociale. I futuri abitanti vengono così coinvolti nella presentazione del progetto e sono chiamati a immaginare spazi e servizi comuni, a elaborare il patto di convivenza. Consideriamo che la selezione degli inquilini, avverrà non solo sulla base della condizione di bisogno, ma anche della loro compatibilità col progetto in corso, della disponibilità a inserirsi nei progetti di coabitazione. Ognuno sarà infatti coinvolto attivamente nella gestione in virtù delle proprie inclinazioni (relazioni tra inquilini, contabilità, acquisti, ecc.).
In questo modo gli inquilini imparano sin da subito a lavorare insieme, a convivere, ad assumersi compiti e responsabilità sia verso gli altri inquilini che verso il soggetto produttore. Si tratta di un vero e proprio patto di convivenza che comporta il passaggio dalla condizione di utente di un servizio a quella di abitante di una comunità. Tra i servizi previsti troviamo spazi comuni con servizi integrativi all’abitare (area living; attrezzi e utensili condivisi; palestra e lavanderia; e servizi locali e urbani (ristorante, spazio anziani; bambini); co-lavoro (wifi zone e sala riunioni); cibo km 0 (gastronomia; mercato agricolo); artigianato e arte.

I gestori sociali, infine, vengono scelti in base a valutazioni di idoneità al contesto. Generalmente si tratta di cooperative sociali, ma possono essere prese in considerazione altre modalità, non c’è una regola su questo aspetto.

Quali sono generalmente le caratteristiche dei beneficiari?

La scelta dei beneficiari, e quindi dei criteri di selezione, dipende dal contesto del progetto specifico, non ci sono parametri predefiniti. In generale si cerca di individuare un gruppo di inquilini equilibrato e che abbia le caratteristiche per diventare una comunità sostenibile. Ai fini della selezione, oltre alla verifica dei requisiti economici, vengono tenuti dei colloqui conoscitivi atti a verificare le motivazioni e l’attitudine alla convivenza, anche grazie alle attività partecipate prima indicate. A quel punto incrociamo gli idonei col punteggio di partecipazione, selezioniamo i più adatti e assegniamo l’alloggio adeguato alle loro necessità. Anche in seguito, continuiamo a monitorare e verificare la domanda abitativa, così da produrre un’offerta il più possibile efficace.

Da quali attori generalmente prendono avvio questi progetti? Quale iter seguono?

Le proposte arrivano un po’ da tutti: privati, costruttori, amministratori locali. Possono giungere direttamente alla fondazione o tramite le Società di Gestione del Risparmio locali e la Cassa Depositi e Prestiti. L’SGR incaricata, poi, supportata dalla Fondazione,vaglia queste richieste e, dopo un’attenta valutazione, le seleziona e le propone a CDPI. Al momento, ad esempio, la Fondazione sta analizzando circa 100 progetti.
Nello svolgimento di questa attività, FHS opera nell’ambito del Sistema Integrato dei Fondi Immobiliari introdotti con il Piano nazionale di edilizia abitativa (DPCM 16 luglio 2009). Il sistema integrato di fondi è costituito da un fondo nazionale, il Fondo Investimenti per l’Abitare (FIA), del valore di 2.028 miliardi di euro nel quale confluiscono risorse della Cassa Depositi e Prestiti (1 miliardo), del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (140 milioni) e di altri investitori privati (gruppi bancari, assicurativi, ecc.) per 888 milioni. Il Fondo viene gestito da CDP Investimenti Sgr S.p.a. e investe il proprio patrimonio principalmente in quote di fondi immobiliari locali gestiti da altre società di gestione del risparmio, attraverso partecipazioni nel limite massimo del 40% – parzialmente abolito dal DPCM del 10 luglio 2012. La restante parte dei fondi locali viene invece coperta da investitori quali fondazioni di origine bancaria, amministrazioni locali, aziende per la casa, operatori privati e del privato sociale. Sono poi le Sgr locali a gestire tali fondi e realizzare le singole iniziative di social housing. FHS, in particolare, si occupa del management dei fondi locali, affiancando le Sgr locali nella progettazione, implementazione e gestione dei progetti.

Come si rendono questi progetti sostenibili finanziariamente, nonostante i profitti derivanti dalla vendita e dalla locazione siano ridotti rispetto al mercato privato?

Il social housing riesce a mantenere prezzi inferiori rispetto al mercato grazie alla ricerca della massima efficienza nei vari anelli della catena del valore: dal costo del capitale, grazie a investitori etici che mettono a disposizione capitali “pazienti”, con ritorni limitati e di lungo periodo, al costo di acquisizione delle aree, spesso messe a disposizione gratuitamente o a costo ridotto dagli enti pubblici o cedute a sconto da privati non più in grado di sviluppare i progetti, sino, infine, ai costi di costruzione, su cui è stato possibile realizzare importanti risparmi, anche grazie alla partnership con operatori efficienti. Non operiamo attraverso contributi a fondo perduto, ma attraverso investimenti in grado di generare un ritorno dai canoni di locazione e dalla vendita degli alloggi. Di solito è previsto un patto di futura vendita all’ottavo anno. La vendita è comunque ridotta rispetto all’affitto, perché uno dei grandi problemi del mercato immobiliare italiano è la poca disponibilità di case in affitto – con ripercussioni importanti anche sul mercato del lavoro.
Gli investitori ricevono un ritorno economico attraverso le quote del fondo. E’ un ritorno certamente inferiore rispetto al mercato privato, ma più affidabile, aspetto non ininfluente in tempi di crisi edilizia.

E’ possibile quantificare il volume dell’attività della fondazione?

Attualmente abbiamo circa 100 progetti in fase di valutazione su tutto il territorio nazionale, principalmente concentrati nell’Italia settentrionale e centrale. Nell’Italia meridionale, a oggi le scarse risorse locali hanno impedito un vero sviluppo del settore. Ci aspettiamo tuttavia un incremento del numero di progetti anche al Sud, principalmente per effetto della volontà di CDP di intervenire direttamente, anche compensando l’eventuale mancanza di capitale locale.

Qual è lo stato del social housing? Quali ostacoli incontrate maggiormente?

La diffusione del social housing in Italia sta procedendo rapidamente ma, per un’ulteriore accelerazione richiederebbe, innanzitutto, un cambio di paradigma. Spesso i privati non sono ancora pronti ad accettare la riduzione del valore dei propri immobili, il che determina una complessità negoziale maggiore. Le imprese edili, inoltre, faticano ad accettare di tornare a profitti a una cifra soprattutto dopo i livelli che avevano raggiunto ai tempi pre-crisi. Ma anche loro possono capire che si tratta comunque di un buon sistema per piedi avere una corretta remunerazione nonostante la contrazione del settore immobiliare. Sarebbe inoltre necessario un maggiore coordinamento con le istituzioni pubbliche, che possono contribuire positivamente alla riuscita dei progetti, grazie alla definizione congiunta delle politiche abitative e dei servizi.

I soggetti che più apprezzano e riconoscono il valore dell’edilizia sociale sono quelli che ne hanno più necessità: i giovani, che conoscono i costi abitativi e hanno poche risorse economiche a disposizione, hanno più capacità e voglia di condividere. Ma anche gli anziani, che hanno più necessità di servizi specifici e tempo libero da mettere a disposizione degli altri.

In generale, però, in Italia non c’è ancora una sensibilità sufficiente sul tema del social housing, i cui livelli di diffusione sono ancora molto indietro rispetto a quelli degli altri Paesi Europei, nonostante i numerosi benefici che potrebbe portare in termini di qualità della vita e dei servizi, non solo dell’abitare. Ultimamente il social housing si sta orientando molto verso il riuso e il recupero di edifici esistenti, ad esempio nei centri storici, che tendono a svuotarsi. Questo è un approccio che complica molto gli interventi rispetto a costruzioni ex novo, poiché spesso ci si trova con appartamenti difficilmente convertibili (la presenza di vani non destinabili alla residenza perché non dotati dei requisiti necessari o difficilmente suddivisibili, costringe a costruire appartamenti grandi e, quindi, troppo costosi), ma è molto virtuoso, anche in termini di equilibrio urbano e recupero di aree degradate. E questo è un aspetto importantissimo per tutta la società.

 

Riferimenti

Il sito della Fondazione Housing Sociale

 

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