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Si è svolta venerdì 9 gennaio a Riga la cerimonia di apertura dell’Eyd2015, l’Anno Europeo per lo Sviluppo. Dal 1983, infatti, l’Unione Europea dedica ogni anno ad un tema specifico con l’intento incoraggiare il dibattito e il dialogo sia tra i paesi europei che al loro interno.

Il 2015 sarà la volta della cooperazione e dello sviluppo, come sottolinea il motto scelto “il nostro mondo, la nostra dignità, il nostro futuro”. Un anno dedicato all’azione esterna dell’Unione europea e al ruolo dell’Europa nel mondo.

Perché lo sviluppo?

Lo aveva deciso il Parlamento Europeo lo scorso 3 aprile, a conclusione di un lungo percorso iniziato a maggio 2011 su proposta della Confederazione europea delle ONG di emergenza (CONCORD) e del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE). L’Anno Europeo dello Sviluppo porrà l’accento su dodici temi, uno per ogni mese. Si comincia a gennaio con “l’Europa nel mondo”, seguito da “istruzione”, “donne e ragazze”, “salute”, “pace e sicurezza”, “crescita verde sostenibile e lavori dignitosi”, “infanzia e giovani”, “aiuti umanitari”, “demografia e flussi migratori”, “sicurezza alimentare”, “sviluppo sostenibile e azione climatica”, per concludere a dicembre con “diritti umani e governance”.

La campagna europea di sensibilizzazione servirà ad evidenziare l’impegno dell’UE nei settori della cooperazione e dello sviluppo (cooperazione internazionale, sviluppo sostenibile, lotta ai cambiamenti climatici e sicurezza alimentare), rendendone più trasparenti le finalità, le modalità di erogazione dei finanziamenti e l’individuazione delle aree geografiche che ne beneficiano. Nonostante il costante impegno dell’UE nell’implementazione di politiche per lo sviluppo e la cooperazione internazionale, un sondaggio di Eurobarometro del 2013 ha evidenziato infatti lo scarso grado d’informazione dei cittadini europei in merito alla destinazione e al valore aggiunto degli aiuti erogati dall’Unione: il 50% degli intervistati ha affermato di non conoscere la destinazione degli aiuti, seppure i due terzi ritengano che la lotta alla povertà nei paesi in via di sviluppo debba essere una delle priorità principali dell’Unione europea.

L’impegno della UE nello scenario mondiale

“Una delle mie priorità per questa Commissione è quella di rafforzare la posizione dell’Europa come attore globale”, ha dichiarato il Presidente Juncker. Questo sarà possibile – ha continuato il capo dell’esecutivo UE – “solamente se i cittadini europei comprenderanno come il ruolo di Unione e Stati membri sia un beneficio per tutti nel nostro mondo interdipendente”. L’Unione rappresenta infatti il maggiore donatore mondiale: nel 2013 ha fornito oltre metà di quello che l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) definisce "aiuto pubblico allo sviluppo". Complessivamente, nel 2013, ha speso 56,5 miliardi di euro per aiutare paesi di tutto il mondo nella loro lotta contro la povertà. L’Alto Rappresentante Mogherini ha dichiarato in occasione della cerimonia di apertura che tutti, in Europa e al di fuori, dovrebbero fare la propria parte “per un mondo più equo”. “Non è questione di carità”, ha aggiunto, “ma del nostro stesso interesse”.

Ma l’Anno europeo per lo sviluppo non rappresenta solo una campagna mediatica per giustificare le spese dell’Unione in termini di politica estera, quanto anche un’occasione di riflessione sul passato, il presente e soprattutto il futuro della cooperazione e le politiche di sviluppo. In un mondo in rapida evoluzione, infatti, i confini tra i paesi in via di sviluppo e quelli industrializzati sono diventati sempre più sfumati. Alcuni paesi un tempo in via di sviluppo sono diventati donatori emergenti, mentre altri restano ancora intrappolati nella povertà. Nel frattempo, hanno fatto la loro comparsa nuove fonti di finanziamento e nuovi partner. Il panorama dello sviluppo ha visto il tradizionale rapporto donatore-beneficiario cedere il passo a un mondo fatto di cooperazione e di responsabilità e interesse reciproci. In questo contesto, quindi, ha ancora senso ad esempio parlare di ‘aiuti’ allo sviluppo collocando automaticamente al vertice della piramide i ‘Paesi sviluppati’ che trasferiscono risorse economiche ai ‘Paesi in via di sviluppo’? Inoltre, tenendo in considerazione i flussi migratori sud-nord degli ultimi cinquant’anni, non sarebbe più opportuno sostituire al termine ‘sviluppo’ quello biunivoco di ‘co-sviluppo’, alla luce dell’impegno civico crescente dei migranti nei Paesi europei di accoglienza?

Aiutare i paesi in via di sviluppo di tutto il mondo a costruire società pacifiche e prospere non è solo una questione di equità, ma contribuirà anche a un mondo più sicuro e con maggiori potenzialità economiche e commerciali per l’Europa.

Un anno di appuntamenti

Il 2015 sarà un anno cruciale per le politiche di sviluppo: si giocherà l’ultima partita per conseguire i Millenium Development Goals, che hanno orientato il cammino globale verso l’alleviamento della povertà estrema, in nome di giustizia sociale e difesa dell’ambiente. Ma non si tratterà solo di valutare ex-post i risultati raggiunti in termini di politiche per lo sviluppo, quanto anche di decidere ex-ante quale sia la direzione giusta da prendere dopo il 2015, per non commettere gli stessi errori.

Infine l’Italia sarà in prima fila in questo campo, ospitando l’Expo 2015 di Milano “Nutrire il pianeta, energia della vita”.

 

Riferimenti

Il sito dell’Anno Europeo per lo Sviluppo

2015, l’Anno europeo per lo sviluppo, Europae

Informazioni sugli "Anni Europei"