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Il settore dei “servizi di supporto al Welfare Aziendale” (SSWA) – ormai un vero e proprio mercato che ha recentemente trovato in AIWA (Associazione Italiana Welfare Aziendale) anche una sua espressione rappresentativa – è in grande movimento. Di tale mercato fanno parte tutte quelle imprese che, pur provenendo da settori anche molto diversi fra loro (broker, software house, payroll, banche, agenzie per il lavoro ed altri), offrono servizi in grado di ottimizzare operativamente tutti o anche solo alcuni degli step nei quali si articolano le iniziative di Welfare Aziendale (WA).

Acquisizioni (DoubleYou preda di Zucchetti), partnership tra operatori sinergici (AON e ADP), ingressi nell’arena competitiva anche da parte di realtà dell’imprenditoria sociale (come il Consorzio marchigiano COOSS) e nascite di nuovi player (qui l’elenco sarebbe davvero lungo), sono solo alcune delle più recenti evidenze che dimostrano come il settore stia vivendo una fase di notevole vitalità.

Il che si spiega con il corrispondente attivismo delle aziende che, sempre più numerose, introducono policy di WA in favore dei propri dipendenti e delle loro famiglie. Favorisce questo dinamismo, e non di poco, anche la contrattazione (a tutti i livelli: nazionale, aziendale e territoriale). A breve (1 giugno 2017) entrerà in vigore il CCNL dei Metalmeccanici e scatterà la prima obbligatoria tranche di WA per quasi due milioni di lavoratori; e non si deve dimenticare, poi, la recente disciplina sui Premi di Risultato che consente di welfarizzare, in tutto o in parte (e a scelta del lavoratore), il salario variabile collegato al raggiungimento dei target aziendali di produttività (al 13 marzo scorso, oltre 4.300 contratti, dei 20.000 depositati, prevedevano questa possibilità, ancorché sia tutta da verificare l’entità del tasso di effettiva conversione che avranno saputo generare).

In gioco quindi ci sono numeri importanti e la gestione operativa dei Piani di Welfare Aziendale (PWA) è diventata un’attività d’impresa non più limitata a poche realtà specializzate, ma praticata ormai da molti operatori, anche come completamento della propria tradizionale offerta di servizio, quindi come utile e sinergico meccanismo per fidelizzare clientela business ed espandere la propria azione commerciale in un settore emergente e dalle indubbie notevoli potenzialità.

Provider “puri” e “re-seller”: il caso Assolombarda

Tutti questi operatori, noti nel settore come “provider”, possono essere sostanzialmente distinti tra “provider puri” (ossia realtà nate per gestire SSWA con soluzioni online, tipicamente basate su portali web) e “provider re-seller”, ossia realtà che si propongono sul mercato di riferimento come “rivenditori” di piattaforme o di altri strumenti operativi di proprietà di terzi – generalmente si tratta dei “provider puri” e degli emettitori di voucher – per conto dei quali esse agiscono come una sorta di “forza vendita” aggiuntiva.

Quest’ultima fattispecie è ormai associabile ad un buon numero di casi e solo eccezionalmente riguarda qualche big player, mentre ha una maggiore diffusione presso piccole società specializzate locali oltre che presso studi professionali (consulenti del lavoro), società assicuratrici, centri di elaborazione delle buste paga ed altri operatori del mondo HR il cui core-business è, e resta, un altro, ma che rivendendo i SSWA completano la propria offerta intercettando almeno una parte della crescente domanda di soluzioni gestionali per “fare welfare” nelle aziende.

Tra i “re-seller” il caso più interessante è certamente quello di Assoservizi, società di Assolombarda (Confindustria Milano, Monza e Brianza) che promuove presso le società ad essa iscritte tre diversi portali, riconducibili ad altrettanti diversi provider in grande concorrenza tra loro: EasyWelfare, DoubleYou ed Eudaimon. Questo di Assolombarda è stato il primo caso di estensione dei servizi associativi confindustriali anche alla gestione informatizzata dei PWA delle aziende iscritte (mentre del tutto “caratteristica” per le sedi territoriali di Confindustria e quindi anche per Assolombarda è stata e continua ad essere, ovviamente, la prestazione di servizi finalizzati alla definizione del PWA come quelli di consulenza fiscale e giuslavoristica, nonché quelli di assistenza svolti in sede di contrattazione di secondo livello che, da sempre e nel loro insieme, esprimono parte del core-service di una rappresentanza datoriale).


“Welfaremeet”: Vicenza fa da sé

A questa prima esperienza lombarda fa ora seguito un’iniziativa veneta che proietta Confindustria (sia pure a livello locale) in un’arena competitiva ormai ben affollata (e presidiata) dai vari player che erogano SSWA.

Un passo indietro. Nel 2015 Confindustria Vicenza (che raccoglie circa 2.000 imprese della relativa provincia) lanciò un progetto (denominato “Welfaremeet”) che aveva inizialmente assunto la forma di una “rete d’imprese” (undici, per un totale di circa 10.000 addetti) resesi disponibili a scambiarsi know-how ed informazioni in materia di WA. A tutto vantaggio della diffusione delle best practice locali (e della propagazione delle iniziative di WA) era stata allestita anche una rete di operatori economici territoriali disponibili ad offrire beni e servizi coerenti con i PWA a condizioni economiche di miglior favore (a tal fine era stata ideata anche un’apposita card per facilitare il riconoscimento dei beneficiari di tali speciali condizioni).

Da quest’anno il progetto ha subìto un upgrade tecnologico che, pur avendone mutato la fisionomia, ne ha preservato le finalità. Infatti, l’obiettivo principale, secondo le parole di Laura Dalla Vecchia – Vicepresidente di Confindustria Vicenza con delega alle Relazioni Industriali – resta quello di ridurre il gap sul cuneo fiscale che ci separa dalla media UE: “Abbiamo uno strumento per far calare questo gap e si chiama welfare aziendale il quale, peraltro, permette di migliorare la competitività delle nostre aziende e la qualità della vita e del lavoro dei nostri collaboratori”.

Grazie all’attivazione di una piattaforma web (denominata anch’essa “Welfaremeet”, come l’originario progetto da cui trae spunto) il piano d’intervento è stato trasformato in un’infrastruttura tecnologica ed è in questa sua nuova veste che è stato ufficialmente “lanciato” come nuovo servizio reso disponibile alle aziende associate.


La presentazione dell’iniziativa e il ruolo di Confindustria Vicenza

Per l’occasione l’11 aprile scorso è stato organizzato un apposito convegno di presentazione, tenutosi presso la sede di Confindustria Vicenza, cui hanno partecipato, oltre agli esponenti confindustriali che hanno curato il progetto, anche numerosi imprenditori locali. Nel corso dell’evento sono state illustrate le potenzialità dell’applicazione che permetterà alle aziende di fornire ai dipendenti una piattaforma di facile ed intuitiva utilizzazione per accedere a servizi che vanno dal sostegno al reddito familiare, allo studio, alla tutela della salute fino a proposte per il tempo libero.

L’approccio che caratterizza l’iniziativa vicentina si distingue da quello milanese in maniera molto netta: Confindustria Vicenza ha fatto da sé (e per sé), senza ricorrere a partnership con uno (o più) provider, le soluzioni tecnologiche. Il portale offerto alle aziende beriche è stato, infatti, interamente progettato e realizzato “in house”, potendo contare sulle competenze della propria struttura ICT interna. La novità è, dunque, questa: Confindustria (sia pure limitatamente ad una sua sede territoriale) si propone ora, essa stessa, come “provider puro”: la locale sede confindustriale non solo mette sul piatto le sue soluzioni tecnologiche e di servizio, ma anche (e forse soprattutto) le speciali condizioni commerciali che caratterizzano la sua offerta.

Come tiene, però, a sottolineare Carlo Frighetto – Responsabile Area lavoro, Previdenza ed Education di Confindustria Vicenza – “attraverso Welfarmeet s’intende dare un servizio agli associati e non fare business”. La possibilità offerta alle aziende vicentine di avvalersi del portale confindustriale locale “è inclusa nel costo d’iscrizione” e rappresenta, quindi, un plus dei servizi associativi. Ciò – ha tenuto a precisare Frighetto – “vale almeno in questa fase inziale” che ha già raccolto le adesioni di tre importanti realtà industriali presenti nel vicentino: Baxi Spa, Marelli Motori Spa e Safilo Spa. Se in futuro la platea delle aziende che si avvarranno di “Welfaremeet” dovesse crescere, come si augurano i promotori dell’iniziativa, “allora – prosegue Frighetto – verificheremo la sostenibilità del progetto e potremmo anche prevedere di far pagare un prezzo per il servizio che, però, sarà calibrato solo per coprirne il relativo costo”.

A quali costi ci si riferisce? Principalmente a quelli di back-office, ossia quelli più “pesanti” nel business model dei provider, perché correlati alle attività (umane, non “robotizzabili” da un software) di puntuale verifica della documentazione presentata dai dipendenti: un passaggio delicato e necessario per poter procedere ai rimborsi dei servizi e dei beni acquistati dai lavoratori utilizzando il “conto welfare” messo a loro disposizione dal datore di lavoro. Ma si tratta anche delle attività di acquisto di tutte quelle prestazioni che, per poter fruire del favor fiscale previsto dal TUIR, non possono essere procacciate direttamente dai beneficiari (e che le aziende, se non vi provvedono direttamente esse stesse, acquistano proprio tramite i provider).

Le peculiarità della piattaforma

Peraltro la piattaforma “Welfaremeet”, realizzata mettendo insieme le competenze interne della sede vicentina di Confindustria coordinate da Mariangela Donà – ingegnere informatico dell’ICT di Confindustria Vicenza – si presta ad essere fruita in maniera molto versatile dalle aziende le quali, come ci viene precisato, “possono continuare ad avere una relazione con il proprio collaboratore anche su questo fronte, verificando esse stesse la correttezza dei documenti necessari a procedere ai rimborsi e quindi restando vicine ai propri dipendenti anche nella soluzione di eventuali problemi”; tradotto: i costi di back-office in questo caso sarebbero azzerati (per Confindustria-provider), mentre sussisterebbero (come oneri interni di gestione) per l’azienda associata-cliente.

“La piattaforma vuole essere” – prosegue Mariangela Donà – “la traduzione informatizzata del regolamento aziendale di fruizione del piano di welfare”: quindi “nessuna spersonalizzazione dell’esperienza di fruizione della piattaforma grazie al mantenimento del controllo aziendale sugli acquisti effettuati dai dipendenti” alla cui assistenza non sono dedicati call-center esterni, ma evidentemente alcuni colleghi che si possono incontrare ogni giorno in ufficio.

“Il nostro portale” – aggiunge Carlo Frighetto – “ha anche la caratteristica di essere stato studiato e realizzato tenendo conto delle indicazioni di uno dei massimi esperti della normativa sulla privacy il che significa che il database dei dipendenti che lo utilizzano non potrà essere utilizzato per operazioni commerciali”. “E’ una web application” – aggiunge Mariangela Donà – “che non è stata concepita per funzionare come una piattaforma di e-commerce”.

Spazio al Territorio

“Welfaremeet”, lo dice il nome, è un incontro. Anche per il tessuto economico vicentino. Le convenzioni e le offerte degli operatori presenti nell’area provinciale che erogano in concreto i singoli servizi oggetto dei PWA saranno “caricate” sul portale, ma personalizzandone la presenza. “Le convenzioni saranno solo quelle coerenti alle risposte che il piano di welfare dell’azienda intende dare ai bisogni che ha rilevato” – chiarisce Frighetto – che aggiunge: “non ci sono vetrine online con decine e decine di offerte che non sono tarate sulle necessità espresse dai lavoratori: la rete delle convenzioni è quindi una rete ad hoc che fornisce risposte, non suggestioni commerciali”.

L’impostazione vicentina del portale è e vuole restare strettamente agganciata al contenuto dei PWA che dovrà contribuire a gestire, senza “distrazioni” per il dipendente dalle finalità che l’investimento aziendale intende conseguire. Lo si potrebbe definire un approccio strettamente B2E (business to employee). Un approccio rigoroso che distingue la proposta di “Welfarmeet” da quella di altre piattaforme invece più orientate da logiche B2C (business to consumer) (il dipendente visto anche come consumatore oggetto di proposte di vendita) e in qualche caso diventate (anche) dei veri e propri cataloghi di offerte, certamente molto ampi, ma anche più “diluiti” rispetto alle finalità che con un PWA s’intendono conseguire proprio grazie al focus maggiormente centrato su alcuni specifici servizi particolarmente meritevoli sotto il profilo “sociale”.

Sindacato o Provider?

L’iniziativa vicentina, come quella di Assolombarda (avanguardie di altre similari operazioni che forse vedremo in futuro) inducono facilmente ad una considerazione. Con oltre 150.000 imprese iscritte (nelle quali lavorano 5,4 milioni di addetti) Confindustria potrebbe, a livello centrale, realizzare una “superpiattaforma” da offrire a tutte le imprese che compongono la sua base associativa ed a questo punto candidarsi, essa stessa, per operare a pieno titolo (e a livello nazionale) nel mercato dei SSWA.

Ma questo scenario, opina qualche operatore del settore, è ancora considerabile come pertinente con l’attività “sindacale” o fuoriesce da questo perimetro? Non si sta, in tal modo, modificando, almeno per questa parte, il ruolo di Confindustria? Perché, si sostiene, se è così, lo si sta facendo proprio su una materia – il Welfare Aziendale – che è una di quelle sulle quali la dialettica delle relazioni industriali contemporanee si sta maggiormente concentrando (dopo non pochi sforzi, per superare non meno resistenze) e sulla quale, forse – questo il timore, ma anche la speranza – non ci dovrebbero essere interferenze di carattere commerciale.