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Dopo avervi raccontato che cosa è successo nel corso della presentazione del secondo rapporto di Welfare Index PMI, in questo contributo andremo ad approfondire i principali risultati emersi dall’indagine promossa da Generali con la partecipazione di Confindustria, Confagricoltura, Confartigianato e Confprofessioni. In particolare, riportando i dati raccolti nel rapporto, cercheremo di offrivi una sintesi di quelle che sono le principali caratteristiche che il welfare aziendale assume nelle PMI italiane

Il campione dell’indagine

Le imprese che hanno partecipato alla seconda edizione del rapporto di Welfare Index PMI sono state 3.422 (il 60% in più rispetto al 2016). Tali realtà fanno parte di settori produttivi diversi e contano tutte meno di 250 dipendenti. Per la precisione il campione è composta da: 670 imprese con un numero di dipendenti compreso fra 101 e 250; 905 che hanno da 51 a 100 addetti; 865 che impiegano da 10 a 50 lavoratori; 573 che contano dai 6 ai 9 addetti; 239 con meno di 6 (figura 1).
 

Figura 1. La composizione del campione
Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2017

Il welfare nelle PMI

Da quanto emerge dall’indagine, l’evoluzione del welfare all’interno delle PMI non procederebbe in modo omogeneo. Nel tentativo di esaminare tutte le iniziative realizzate, il welfare aziendale è stato suddiviso nel rapporto in 12 aree. Ciò che sembra chiaro da una prima analisi è il fatto che queste aree hanno conosciuto uno sviluppo molto diverso (figura 2).

 

Figura 2. Tendenze evolutive del welfare aziendale (2016-2017)
Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2017

Per quanto riguarda la diffusione delle prestazioni, al primo posto (con una frequenza del 46,3%) si trovano le polizze assicurative per il personale, diverse dalle assicurazioni previdenziali e sanitarie; tuttavia, se si escludono le polizze infortuni che in molti casi sono obbligatorie, il tasso di iniziativa nelle assicurazioni scende al 17,1%.

In altre 5 aree l’iniziativa delle imprese è molto elevata, pari o superiore al 33%. Questi ambiti particolarmente considerati sono: il sostegno economico ai lavoratori, la sicurezza e prevenzione degli incidenti (con iniziative aziendali aggiuntive a quelle obbligatorie), la formazione del personale (anche in questo caso con iniziative in aggiunta a quelle obbligatorie), la conciliazione vita-lavoro (prevalentemente con misure a favore della flessibilità degli orari). Anche la sanità integrativa fa parte di questo gruppo: il 34,8% delle imprese ha attuato iniziative, prevalentemente aderendo ai fondi istituiti dai CCNL di riferimento. Se invece si limita l’ambito della sanità integrativa alle sole iniziative aziendali, queste sono attuate da un numero minore di imprese, pari all’8,2%.

Infine, le iniziative aziendali di previdenza integrativa sono attuate dal 23,4% delle imprese. Seguono aree con tassi di iniziativa meno elevati: il welfare allargato al territorio (17,3%), il sostegno ai soggetti deboli e all’integrazione sociale (7,7%), i servizi di assistenza per i lavoratori e le loro famiglie (6,7%), le iniziative per la cultura, la ricreazione e il tempo libero (5,8%), il sostegno all’istruzione dei familiari (2,7%) (figura 3).
 

Figura 3. La percentuale delle imprese con almeno un’iniziativa
Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2017

 


Quanto incidono il settore produttivo e l’area geografica di appartenenza?

Le iniziative di welfare aziendale si distribuiscono in modo molto differenziato per settori produttivi. Le imprese dell’industria presentano tassi di iniziativa molto elevati nella maggior parte delle 12 aree di welfare aziendale individuate. Le imprese del commercio e dei servizi, invece, sono particolarmente in aree come la sanità integrativa, le polizze assicurative, il sostegno economico ai lavoratori. Gli studi e servizi professionali investono in aree di welfare specifiche per la propria attività e per le proprie caratteristiche organizzative, come la formazione dei dipendenti, la sicurezza e prevenzione degli incidenti, la conciliazione vita-lavoro.

Nell’artigianato la dimensione media molto piccola delle imprese non favorisce la diffusione delle iniziative: ciò vale per tutte le aree del welfare aziendale considerate nel rapporto. L’agricoltura raggiunge tassi di iniziativa molto elevati particolarmente nel sostegno economico, nella formazione, nella conciliazione vita-lavoro, nella sicurezza e prevenzione. Infine, le imprese del terzo settore raggiungono livelli di iniziativa molto elevati nelle aree della conciliazione vita-lavoro, del welfare allargato al territorio e alla comunità, della formazione, della sanità integrativa, sicurezza e prevenzione degli incidenti, della cultura, ricreazione e tempo libero (figura 4).
 

Figura 4. Il welfare aziendale nelle PMI per settore produttivo
Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2017


La distribuzione territoriale delle iniziative di welfare aziendale è alquanto omogenea
. Non si registrano significative differenze per area geografica tranne che in due aree del welfare aziendale: la previdenza integrativa e la sicurezza e prevenzione degli incidenti, nelle quali i tassi di iniziativa delle PMI del Nord sono di dieci punti superiori a quelli del Sud (figura 5)
 

Figura 5. Il welfare aziendale nelle PMI per distribuzione geografica
Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2017


Il vincolo delle dimensioni dell’impresa

La dimensione dell’impresa sembra essere il fattore che maggiormente incide sulla possibilità di strutturare un piano di welfare complesso. Secondo il rapporto, vi sarebbe una profonda correlazione tra il numero di dipendenti e la possibilità di realizzare dei piani di welfare che assicurino prestazioni diverse: ad esempio, le imprese con il maggior numero di iniziative (da 6 a 12 aree del welfare aziendale) sono il 6,8% nelle imprese con meno di 10 addetti, il 16,2% in quelle tra 10 e 50 addetti, il 24,6% nelle imprese tra 51 e 100 addetti, il 44,7% nelle aziende tra 101 e 250 addetti (figura 6).

 

Figura 6: Il welfare aziendale nelle PMI per dimensione dell’impresa
Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2017


Ciò significa che le PMI si confrontano con il problema della “massa critica”
: non si tratta solamente di una questione di risorse finanziarie e organizzative; è anche una questione di informazioni disponibili e di competenze.

I principali obiettivi del welfare aziendale

Secondo i dati presentati nel rapporto, l’obiettivo principale perseguito dalle imprese che attuano iniziative di welfare aziendale consiste nel miglioramento della soddisfazione dei lavoratori e del clima interno: questo obiettivo è considerato prioritario da più del 50% delle imprese impegnate sul fronte del welfare aziendale.

Gli obiettivi di carattere economico-gestionale – incentivare la produttività del lavoro e contenere il costo del lavoro grazie ai vantaggi fiscali – sono considerati prioritari per le politiche di welfare aziendale dal 20% delle imprese. Gli obiettivi di comunicazione legati alla responsabilità dell’impresa – cioè migliorare l’immagine e la reputazione aziendale – sono considerati in una posizione secondaria (9,2%).
 

Figura 7. I principali obiettivi del welfare aziendale
Fonte: Rapporto Welfare Index PMI 2017

Il coinvolgimento del sindacato

Per quanto riguarda il ruolo delle rappresentanze dei lavoratori, la gran parte delle PMI analizzate (il 75,5%) non ricerca il coinvolgimento dei sindacati. Solamente il 2,6% di queste coinvolgono sistematicamente i sindacati per le iniziative di welfare aziendale. Il 21,9% praticano accordi, ma solo in alcune aree.

Se si suddividono le iniziative unilaterali, quelle negoziali e quelle derivanti dalla contrattazione collettiva (figura 8), si può osservare che le aree della previdenza e della sanità integrativa vedono una larga prevalenza di iniziative in applicazione dei contratti collettivi nazionali. Anche in queste aree, tuttavia, è presente un’attività integrativa di welfare aziendale, di tipo sia unilaterale sia negoziale, attuata dal 22% delle imprese.


Figura 8: Le aree di welfare negoziale e unilaterale
Rapporto Welfare Index PMI 2017

Anche nell’area delle polizze assicurative prevale l’applicazione delle disposizioni contrattuali nazionali. Nelle altre aree prevalgono largamente le iniziative aziendali di tipo volontario; questo vale in modo particolare per la conciliazione vita-lavoro, il sostegno economico ai lavoratori, l’integrazione sociale, il sostegno all’istruzione dei familiari, la cultura e il tempo libero. In tutte queste aree le imprese che negoziano accordi aziendali o territoriali rappresentano una quota significativa, ma ancora minoritaria: soprattutto per quanto riguarda i servizi di assistenza (13%), il sostegno economico ai lavoratori (11%), l’istruzione ai familiari (10%).

Gli effetti del welfare aziendale

Un ultimo aspetto degno di nota riguarda i principali risultati che le imprese hanno dichiarato di aver raggiunto attraverso il welfare aziendale. Dai dati emerge che, per il momento, solo un piccolo gruppo di imprese afferma di avere già constatato netti miglioramenti, in particolare nelle aree della gestione del personale: nella soddisfazione dei lavoratori e nel clima aziendale (9,5%), nella fidelizzazione dei lavoratori (9,4%) ed anche nella riduzione dell’assenteismo (4,1%). Quote più piccole di imprese segnalano impatti positivi sull’immagine dell’azienda (7,4%) e miglioramenti della produttività (3%).

Molto maggiore, oscillante tra il 25% e il 30%, è la quota di imprese che, pur affermando di aver colto alcuni segnali incoraggianti, si aspettano che il welfare aziendale produca miglioramenti significativi nel lungo termine (figura 9).
 

Figura 9: I risultati del welfare aziendale
Rapporto Welfare Index PMI 2017


Riferimenti

Rapporto Welfare Index PMI 2017