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Negli ultimi mesi il novero degli attori che si occupano di welfare aziendale è cresciuto rapidamente. I vantaggi fiscali previsti dalle Leggi di stabilità 2016 e 2017, unitamente alle difficoltà del settore pubblico di rispondere a diversi rischi e bisogni sociali degli italiani, ha infatti portato un numero consistente di soggetti a cimentarsi con un mercato che è ormai in fortissima espansione.

Ci sono le assicurazioni, che già da diversi anni hanno rafforzato la loro offerta sia sul fronte della previdenza complementare che della sanità integrativa. Ci sono i provider "classici", che si occupano attivamente del tema sin da tempi "non sospetti". Ci sono i vari broker, consulenti e professionisti del mercato del lavoro e delle relazioni industriali, che quasi per magia si sono scoperti "esperti" di welfare aziendale proprio nel momento in cui la domanda ha iniziato a espandersi. E c’è anche il variegato mondo del terzo settore, che sempre più spesso, specialmente nella sua componente cooperativa, ha iniziato a interrogarsi sul ruolo che può giocare nell’offerta dei servizi sfruttando le proprie reti, le sue ampie competenze nei servizi alla persona e il forte radicamento territoriale. E adesso c’è anche un grande gruppo bancario.

Nel corso di una conferenza stampa tenutasi il 22 marzo a Milano, UBI Banca ha infatti annunciato il proprio ingresso nell’arena del welfare aziendale. Non sul fronte dei servizi interni dedicati ai propri dipendenti, dove il Gruppo (come vi raccontavamo qui, qui e anche qui) è attivo ormai da diversi anni, ma strutturando un’offerta dedicata alle aziende che vogliono investire in tale ambito. Letizia Moratti, Presidente del Consiglio di Gestione, e Rossella Leidi, Chief Wealth and Welfare Officer di UBI Banca, hanno presentato un nuovo servizio che intende sviluppare soluzioni integrate di welfare da dedicare a imprese e lavoratori. Il suo nome è UBI Welfare, e intende garantire un nuovo tipo di offerta in grado di accompagnare le imprese nella creazione di piani di welfare aziendale che rispondano alla crescente domanda di servizi dedicati a prevenzione, cura, assistenza, educazione e tempo libero dei dipendenti.


Coniugare profitto e utilità sociale

Aprendo la conferenza stampa Letizia Moratti ha voluto anzitutto sottolineare i gravi problemi che ormai da divesi anni attanagliano il nostro sistema sociale. Il welfare pubblico spende infatti tantissimo per le pensioni (circa il 17% del PIL) mentre è sotto la media europea per quel che riguarda la Sanità e l’inclusione sociale. Questo perché "il modello del welfare italiano, che per molto tempo si è basato sulla figura del lavoratore, non è più adeguato agli sviluppi che ci sono stati negli ultimi anni". Una situazione che sta determinando un gap sempre più ampio tra offerta pubblica e richiesta di welfare da parte dei cittadini

E se guardiamo al futuro lo scenario appare ancora più complesso e drammatico: "le proiezioni dicono che nel 2050 la popolazione inattiva sarà l’85%" con evidenti conseguenze sulla tenuta del sistema di welfare nel suo complesso e "il gap entro il 2025 dovrebbe arrivare a valere 70 miliardi di euro".

È avendo in mente questa situazione che UBI Banca ha deciso di muoversi con l’idea di affiancare il settore pubblico per "trasformare le problematiche legate alla crisi in opportunità". In questo senso UBI sarà la prima banca in Italia a sviluppare "una piattaforma innovativa in grado di ripensare la sostenibilità in una chiave economica che coniughi profitto e utilità sociale, sfruttando le opportunità offerte dal Legislatore". "Con UBI Welfare" ha continuato Moratti "la nostra banca propone un modello particolarmente innovativo, in grado di offrire informazione e servizi in campo sociale, sanitario, di assistenza e cura alla persona e di educazione".

  

 

Un ecosistema di welfare territoriale

Per quanto riguarda la parte operativa, Rossella Leidi ha spiegato che "l’offerta prevede una soluzione di full outsourcing per l’azienda cliente e il supporto della banca in tutte le fasi del progetto: dalla consulenza sulla realizzazione dei fattori abilitanti, ai servizi di education ed advisory per imprese e dipendenti, fino alla messa a disposizione e gestione della piattaforma dei servizi di Welfare". La piattaforma consentirà, ad esempio, di avere accesso ad una nuova Cassa di Assistenza Sanitaria, a Fondi Pensione aperti, a un network sanitario convenzionato e a rimborsi per le spese sostenute per l’educazione dei figli e la cura della propria famiglia. Inoltre, UBI Welfare darà accesso anche a beni e servizi per il tempo libero e a card/voucher per effettuare acquisti.

Tale offerta, che sarà veicolata attraverso l’azione di professionisti che sono stati formati negli ultimi mesi, sarà inzialmente dedicata alle 300.000 imprese già clienti di UBI, ma le ambizioni sono di più ampio respiro. Leidi ha infatti sottolineato come la banca stia già lavorando insieme al sistema delle associazioni provinciali di Confindustria, alle altre associazioni di categoria e con il terzo settore, cioè quegli attori che sui territori possono giocare un ruolo nello sviluppo del welfare.

In quest’ottica, pur avendo come primo target le aziende intenzionate a sviluppare piani di welfare e i loro dipendenti, il Gruppo UBI punta alla creazione di un "ecosistema di welfare territoriale" in cui "aziende e operatori del terzo settore che rispondono ad elevati standard di qualità possano diventare fornitori diretti dei beni e servizi che alimentano la piattaforma". 

Un Osservatorio per capire il welfare aziendale e le sue evoluzioni

Nel corso della conferenza stampa Michele Tiraboschi, Ordinario di Diritto del lavoro e Coordinatore Scientifico di ADAPT, ha presentato "Osservatorio UBI Welfare", di cui è direttore scientifico. Con l’istituzione di questa realtà il Gruppo UBI Banca ha deciso di investire nella ricerca relativa allo stato dell’arte e delle evoluzioni del welfare in Italia, ponendosi l’obiettivo di elaborare indicatori affidabili e chiavi di lettura con particolare riferimento al welfare aziendale.

"Nel dare vita nel 2000 al centro studi ADAPT" ha ricordato Tiraboschi "il professor Marco Biagi si proponeva di offrire un contributo di riflessione anche progettuale alla costruzione del futuro del lavoro a fronte della grande trasformazione del lavoro innescata da imponenti cambiamenti tecnologici e demografici già allora intuibili e oggi giunti a definitiva maturazione".

È anche per questo che Tiraboschi ha deciso di "accettare con convinzione di accompagnare questo progetto attraverso la direzione scientifica, perché legato a un’iniziativa in linea con le buone prassi offerte della analisi internazionale e comparata, capace di fornire un contributo concreto alla coesione sociale e allo sviluppo ordinato dei processi economici, mediante la messa a punto di un ecosistema territoriale in grado di rispondere, con logiche di prossimità, ai nuovi bisogni delle persone e delle comunità locali".