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Ne ha fatta di strada il progetto MAAM – Maternity as a master – da quando nel 2012 Riccarda Zezza e Andrea Vitullo ne hanno gettato le basi. Come vi abbiamo raccontato qui, il metodo MAAM valorizza il potenziale formativo della genitorialità che, se accompagnata da un percorso di consapevolezza e da un network, può contribuire in maniera positiva allo sviluppo personale del genitore e delle sue competenze trasversali, oggi molto ricercate nel mondo del lavoro. A tale riguardo si pensi che – secondo dati Istat – ogni anno, solo in Italia, un miliardo di euro viene investito nella formazione delle competenze soft dei dipendenti.

Con questa intervista ad Elisa Vimercati, team Ricerca e Sviluppo di MAAM, cerchiamo di capire meglio che cosa il progetto propone alle aziende, a partire dal grande successo che sta avendo da quando, un paio di anni fa, si è posizionata nel mercato B2B.

Da un libro che ha riscosso un grande successo, il progetto si è evoluto attraverso l’ideazione di una piattaforma digitale sempre più tecnologica. Come funziona?

La particolarità della piattaforma è che unisce la tecnologia ad un metodo formativo scientifico proprietario strettamente legato all’esperienza umana. Il programma digitale, che ha anche la finalità di inserire la persona in un network di utenti, è destinata a donne in gravidanza, neo-mamme e neo-papà di bambini fino ai 3 anni di età.

Il percorso formativo è costituito da contenuti multimediali ed esercizi di autoriflessione che, suddivisi in macro-argomenti, portano il partecipante a migliorare le seguenti competenze: ascolto, comunicazione, empatia, creazione di network, capacità decisionale, gestione del tempo e delle priorità, delega, gestione delle complessità, creatività, agilità mentale, complex problem solving, visione e gestione del cambiamento e infine networking.

L’iscrizione da parte del dipendente avviene su base volontaria, in particolare per le collaboratrici che decidono di sostenere il programma durante il periodo di congedo di maternità.
L’utilità della formazione è dimostrata anche dai dati che abbiamo raccolto fra i partecipanti: l’85% sostiene di avere più risorse e il 95% raccomanderebbe il programma agli altri genitori.

Il percorso digitale è sul mercato da un paio di anni. Quali sono i primi risultati?

I risultati sono estremamente positivi. In soli 2 anni, 30 grandi aziende hanno acquistato MAAM; la società è andata a break even già nel primo anno, e nel 2017 ha raggiunto un fatturato di +70% rispetto al 2016.

L’80% delle aziende clienti ha riacquistato il programma per l’anno successivo. Questo grazie alle eccellenti percentuali di utilizzo dei dipendenti: il 70% degli invitati al programma si iscrive (l’iscrizione è su base volontaria) e il livello di partecipazione è del 55% (contro il 20% del settore e-learning). Anche in termini di efficacia formativa i risultati sono soddisfacenti. I primi 2.000 partecipanti confermano un miglioramento delle competenze coinvolte nel percorso formativo fino al 35%.

Qual è, secondo voi, la ragione di un tale successo?

MAAM, rivoluzionando i tradizionali metodi di apprendimento, risponde ad una reale esigenza delle aziende di investire in soluzioni formative all’avanguardia. Le competenze soft, ormai riconosciute essere fondamentali per l’efficacia lavorativa, sono molto difficili da migliorare perché richiedono un esercizio pratico difficilmente attuabile in aula. MAAM consente di trasformare esperienze di vita "vera" in palestre di formazione, senza ulteriori investimenti di tempo e fatica.

A proposito di investimenti – secondo dati UE – alle aziende, che notoriamente già sostengono costi per gestire sia materialmente sia culturalmente l’assenza di una donna in congedo di maternità, un ritardo o un non ritorno dal congedo può costare tra i 2.500 e i 10.000 euro a persona. Inoltre i neo genitori rappresentano il 10% della forza lavoro ai quali le società riservano programmi sempre più avanzati per migliorare le competenze professionali e di leadership. MAAM propone un metodo di apprendimento che, senza ulteriori investimenti di tempo e fatica, trasforma l’esperienza in formazione.

Abbiamo visto quali sono le competenze che acquisiscono i collaboratori e i vantaggi che ne traggono. Qual è invece l’interesse dell’azienda nel favorire lo sviluppo di queste abilità trasversali?

MAAM risolve un "problema" che le aziende hanno nel creare un ponte tra l’esperienza della maternità e l’esperienza lavorativa delle proprie collaboratrici.
In particolare, il progetto agisce sulle seguenti aree strategiche per la gestione delle risorse umane in azienda: diversity e inclusion, gestione del talento, retain ed engagement.

Attraverso il percorso formativo è l’azienda che propone al neo genitore una valorizzazione del suo ruolo di maternità/paternità, mediante un percorso di sviluppo delle proprie competenze utile dentro e fuori l’ufficio. Quello che stiamo riscontrando è la diffusione di un messaggio positivo in tutta l’azienda, i partecipanti al percorso aumentano la motivazione e migliorano il coinvolgimento con l’azienda stessa. Il risultato è un miglioramento generalizzato sia a livello culturale che gestionale.

Quali sono le caratteristiche delle aziende che partecipano al progetto in termini di approccio al tema della conciliazione vita-lavoro?

Le aziende che partecipano al progetto MAAM appartengono a diversi settori (dai servizi bancari alla grande distribuzione, dalla consulenza al food & beverage, dalla pubblica amministrazione al settore dell’energia) e hanno dimensioni molto varie (sono nostre clienti aziende sia medio-piccole, sia grandi, fino ad arrivare ad aziende multinazionali quotate in borsa).

In alcuni contesti aziendali MAAM si inserisce all’interno di strategie già avviate, volte ad agire sulla conciliazione vita-lavoro, sulla formazione, sullo sviluppo dei talenti e sulla leadership del management. Altre aziende, invece, scelgono MAAM come primo avvio al proprio interno di politiche innovative di work-life balance e, più in generale, di welfare, come pure di sviluppo carriere e di crescita dei talenti con uno specifico focus sull’intelligenza emotiva. Infine, MAAM è un’ottima leva di attrazione dei millennials, di miglioramento dell’employer branding nonché di corporate engagement.

Che obiettivi si pongono le aziende nel contattarvi? Quali aspettative hanno?

Le aziende ci comunicano sin dall’inizio i loro obiettivi e ci dicono che per loro è fondamentale creare una community genitoriale, stimolare il senso di appartenenza e lavorare sul piano della propria cultura aziendale. Altre aziende pongono anche l’attenzione sulla diversity, che con MAAM non riguarda solo la maternità ma anche la paternità, tramite la leva formativa su leadership e su sviluppo delle competenze.

Per alcune aziende le aspettative sono più specificamente legate al tema della maternità, e al bisogno di stimolare lo sviluppo delle carriere femminili, come pure alla sostenibilità aziendale rispetto alla parità di genere, andando a integrare il concetto di "benefit" aziendale.

Infine, molto spesso l’esigenza espressa è di natura economica: le aziende vogliono favorire la produttività tramite il benessere che scaturisce dalla rottura degli stereotipi, (es. conflitto vita-lavoro), dall’aumento del "capitale emotivo" e dallo sviluppo delle competenze soft. Non ultimo, dal miglioramento del clima aziendale.


Uno dei temi centrali sostenuti dal progetto è la presa di consapevolezza da parte di mamme e papà che la genitorialità toglie al mondo del lavoro quella possibile assolutizzazione, a favore di un miglior equilibrio tra famiglia e lavoro, spesso aumentando l’efficienza e diminuendo le ore trascorse sul posto di lavoro. Il management delle aziende che incontrate si dimostra pronto a questa nuova visione del lavoro (spesso a vertici aziendali "illuminati" non corrisponde analoga posizione nel middle management)? Monitorate anche questo aspetto nel cambiamento della cultura aziendale?

Certamente. Se la strategia aziendale in cui si sviluppa MAAM è già avanzata e metabolizzata nel DNA aziendale, sin dall’inizio è coinvolto il management con attività di sensibilizzazione e di preparazione; in questo scenario, molto spesso il manager è già sensibile "culturalmente" e abbraccia il nuovo paradigma con convinzione. Se MAAM è l’avviamento di una nuova strategia, si parte da un livello informativo e il coinvolgimento diretto del management arriva quando si hanno i primi risultati positivi dall’esperienza MAAM (solitamente dopo il primo anno di attività). In termini di monitoraggio misuriamo il cambiamento del clima aziendale grazie all’impatto di MAAM coinvolgendo anche il management. Infine, segnaliamo l’esistenza di un progetto pilota in Poste Italiane che prevede l’utilizzo di un tool di coinvolgimento dei manager, tramite cui questi vengono invitati dalla mamma o dal papà che sta partecipando a MAAM a co-progettare il percorso formativo, valorizzando l’esperienza non solo a livello individuale ma anche di impatto sul contesto organizzativo aziendale.

Spesso uno degli ostacoli che l’azienda incontra nel proporre nuove iniziative all’interno della propria organizzazione è la difficoltà nel trasmettere, valorizzandoli, i vantaggi che da esse derivano per i propri collaboratori. In che modo MAAM supporta le aziende nella fase di comunicazione?

Il progetto prevede un piano di comunicazione co-progettato, che copre tutte le fasi del programma attraverso contenuti, immagini e video e un kit informativo per i dipendenti che comprende una lettera di invito e indicazioni per implementare il programma. Viene inoltre predisposta una bacheca digitale dove l’azienda può caricare news e contenuti a disposizione dei partecipanti al percorso. Ogni anno viene organizzato un evento dedicato alle aziende clienti come momento di condivisione dell’esperienza e di presentazione delle best practice.

È previsto un monitoraggio e una restituzione dei dati raccolti attraverso la piattaforma?

La membership annuale prevede quattro report quanti-qualitativi trimestrali sull’andamento e l’impatto del programma in azienda. I dati rispettano il totale anonimato dei singoli partecipanti e sono trattati solo in forma aggregata. In termini di monitoraggio, stiamo per rendere attivi nuovi progetti e prodotti che rafforzeranno questo aspetto. Inoltre stiamo lavorando a sperimentazioni di ricerca con partner di assoluto rispetto, azione che sicuramente darà valore aggiunto alle aziende clienti.

Il progetto era partito su una riflessione legata alla donna come madre e lavoratrice, si è poi esteso alla sfera della paternità (ne abbiamo parlato qui). Su quali ulteriori fronti vi state orientando?

Abbiamo in programma di progettare nel prossimo biennio dei percorsi formativi legati all’apprendimento che scaturisce da altre situazioni di cura come la relazione con i figli adolescenti o i genitori anziani (in generale, applicare il metodo MAAM ad altri contesti di cura). Inoltre vorremmo estendere il progetto al di fuori delle aziende, rivolgendoci direttamente alle persone, anche quelle non occupate, per valorizzarne l’apprendimento e facilitarne il reinserimento lavorativo o il miglioramento di carriera. Infine è attualmente in corso una campagna di equity crowfunding – che scadrà il 30 marzo 2018 – attraverso cui è possibile diventare socio di MAAM.