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Con disability management si intende “una strategia proattiva nell’identificare e risolvere tutti i fattori che impediscono alle persone con qualsiasi tipo di disabilità di accedere al lavoro” (Geisen, Harder 2011). Non si tratta solo di una strategia di gestione basata solo sulle strutture, le procedure e i processi ma di una vera e propria attività professionale che, attraverso un approccio scientifico interdisciplinare, unisce competenze relative all’ambito medico, educativo, manageriale e del lavoro considerando tutti gli aspetti delle interazioni aziendali per costruire soluzioni e attivare reti finalizzate all’inclusione delle persone con disabilità (Mattana 2016). Sviluppatasi negli anni ’80 nel mondo anglosassone per poi diffondersi in altri Paesi, in Italia è arrivata solo a fine anni ’90, con l’introduzione di norme sul diritto al lavoro delle persone con disabilità, e si è diffusa principalmente nelle grandi imprese del Nord.

Considerata la recente e limitata diffusione di questa strategia, la figura professionale del disability manager in Italia non è ancora regolamentata e non vi è un profilo univoco delle competenze, sebbene vi siano alcuni percorsi formativi post-laurea e un’associazione professionale che raccoglie diversi professionisti attivi. Ma chi è di preciso il disability manager? Si tratta, come spiega Mattana (2015) di un “facilitatore creativo, con il compito di costruire soluzioni che sostengano l’autonomia della persona con disabilità nelle diverse sfere della vita quotidiana”. Da questa definizione si può scorgere un parallelo tra lo sviluppo di questo peculiare ambito del management e l’implementazione dei diritti delle persone con disabilità, segnato dal passaggio tra un modello assistenzialista basato sul bisogno e il modello basato sui diritti. Passaggio sancito ufficialmente dall’approvazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità nel 2006, successivamente ratificata dall’Italia nel 2009.

Dall’analisi di alcune ricerche effettuate a partire dal 2001 (Mattana 2016), in vari contesti territoriali e con diverse metodologie sia qualitative sia quantitative, emerge come di fatto questa figura risulti necessaria alle imprese, che spesso faticano a garantire un corretto inserimento e una concreta valorizzazione della persona con disabilità, in particolare ove questa sia più grave. Sono infatti necessarie competenze interdisciplinari molto specialistiche. Certamente le piccole e medie imprese non posso assumersi l’onere di integrare la figura al loro interno, però possono costituire reti e partenariati sovra-aziendali a livello territoriale per usufruirne insieme ad altre realtà imprenditoriali del medesimo territorio.

Al riguardo è opportuno precisare come l’utilità del disability manager è stata recepita anche dal recente Secondo Programma Biennale di Azione per la Promozione dei Diritti e l’Integrazione delle Persone con Disabilità redatto dall’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità che ne ha previsto l’inserimento in azienda insieme ad altri strumenti come un osservatorio composto da rappresentanti dell’impresa e dei lavoratori. Come ci ha spiegato Silvia Stefanovichj, responsabile per la Disabilità e il Work-Life Balance della Cisl, molte grandi imprese – ad esempio Unicredit, Unipol, Enel, Alma Viva, Hera – hanno adottato questi queste figure con ottimi risultati; non è infatti sufficiente la normativa a garantire l’inclusione lavorativa, è necessario il gioco di squadra tra tutti gli attori coinvolti, impresa, sindacati, lavoratori, dirigenti. Scorrendo le linee d’intervento proposte dal Programma è però facile intuire come le competenze del disability manager siano essenziali per realizzare anche gli altri punti.


Un convegno per approfondire la figura del disability manager

Dopo ben più di dieci anni dall’entrata in vigore della legge 69/1999 anche in Italia sta quindi iniziando a svilupparsi una riflessione più ampia sul disability management. In questo solco si colloca il primo convegno italiano sul tema, intitolato “Disability management: buone pratiche e prospettive future in Italia”, che si svolgerà venerdì 25 novembre presso il Politecnico di Milano e che è stato organizzato grazie alla collaborazione tra IBM Italia, l’associazione Pianeta Persona, con il patrocinio della Regione Lombardia, del Comune di Milano, del CALD (Coordinamento Atenei Lombardi per la Disabilità), del Politecnico di Milano e di ADAPT (Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del Lavoro e delle Relazioni Industriali).

Scopo del convegno è fornire un quadro teorico-concettuale del disability management, presentare casi di buone pratiche di disability management nelle imprese italiane, evidenziare i progetti di collaborazione tra il mondo della ricerca, dell’impresa e delle istituzioni che possono incidere concretamente sulla vita delle persone e sviluppare una prospettiva futura sul disability management in Italia. Tra i relatori saranno infatti presenti accademici, professionisti del settore e rappresentanti di grandi imprese come IBM Italia, Tim e Intesa San Paolo.

Il convegno avrà luogo il 25 novembre 2016 dalle ore ore 09:00 alle ore 13:30, presso l’Aula Rogers della Scuola di Architettura del Politecnico di Milano, in via Ampère 2. La partecipazione è gratuita con iscrizione obbligatoria. È possibile consultare il programma al seguente link. Fino al 24 ottobre è inoltre possibile partecipare alla call for paper proponendo contributi, esperienze e iniziative sviluppate all’interno di organizzazioni, sotto forma di poster di circa 3.000/4.000 caratteri.

 

Riferimenti

Mattana V., Il disability management in Italia: una rassegna degli studi basati su evidenza. Impresa Progetto, 1, 2016.

Mattana V, Battistelli C., Il disability manager in Italia, disabili.com, 2015.