5 ' di lettura
Salva pagina in PDF

L’Annual Meeting sul Welfare Integrato a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, ormai giunto alla quinta edizione, si è focalizzato quest’anno sulla "gestione integrata della protezione sociale complementare per la persona" sviluppandosi su sessioni dedicate ad alcune delle questioni rese più rilevanti dai trend socio-economici e demografici in atto. Vi raccontiamo di cosa si è parlato.

Gli scenari

Impossibile prescindere, per una riflessione di questo tipo, dalle attuali problematiche legate alla demografia: la ripida discesa del tasso di natalità, il saldo naturale tra nascite e decessi in negativo, nonché l’aumento della speranza di vita portano a un bacino di milioni di potenziali assistiti in quanto soli o non autosufficienti. Una situazione già critica, ma che potrebbe raggiungere il massimo della criticità verso il 2045, quando si prevede una popolazione attiva pari al 54,3% del totale, con un’età media di 49,7 anni e con un 33,7% di ultrasessantacinquenni.

A ciò si aggiungono poi le difficoltà dovute al mutato contesto sociale, con famiglie composte da una sola persona (spesso anziana), alle discontinuità lavorative e alle conseguenti contribuzioni frammentarie alla previdenza pubblica, che sempre più richiede l’intervento di integrazioni private. E proprio nella possibile sinergia tra pubblico e privato e tra tutti gli attori delle “politiche sociali” diventa allora possibile cercare una risposta al necessario aumento di protezione, e dunque di welfare, richiesto dalle mutate esigenze della popolazione.

La Long Term Care

Primo possibile ambito di applicazione di questo auspicabile mutamento di paradigma è indubbiamente l’ambito della LTC. Da un esame della situazione attuale inerente la Long Term Care emergono infatti non solo le questioni strettamente correlate alle problematiche demografiche, ma anche e soprattutto una mancata consapevolezza generalizzata della crescita dei non autosufficienti, che conduce a una scarsa cultura della prevenzione, ai ritardi negli interventi dei decisori politici e alla difficoltà nel reperire le risorse necessarie a coprire i costi di una copertura il più ampia possibile.

Da qui il suggerimento emerso dal Meeting, innanzitutto, di arrivare finalmente ad una definizione condivisa di “non autosufficienza” basata sulle patologie INPS, sulla incapacità di compiere un certo numero di atti della vita da parte delle compagnie di Assicurazione e sulla valutazione multimediale interRAI considerata da alcuni enti locali di assistenza. Gli strumenti interRAI sono un protocollo di valutazione globale, basato sulla corretta e capillare registrazione dello stato funzionale e delle vaste problematiche assistenziali dell’anziano a domicilio o presso una residenza sanitaria, volto a formulare un piano di assistenza pragmatico.

A seguire occorrerà dunque procedere con:

  1. la definizione degli ambiti pubblico e privato con le relative sinergie;
  2. la gestione della diversità dei servizi forniti nell’abito territoriale;
  3. la scelta sul privilegiare la domiciliarità o la residenzialità nell’assistenza;
  4. la definizione delle modalità di erogazione dell’assistenza tramite servizi o trasferimenti monetari.

Segnalata in particolare, per lo scorso anno, la mancanza di iniziative pubbliche a fronte del fermento dei privati e, dunque, la necessità da parte del comparto pubblico di raccogliere le sfide poste da una massiccia opera di informazione ed “educazione assistenziale” che, se da un lato, potrebbe condurre a un ampliamento della platea degli assicurati, dall’altro potrebbe tradursi in una maggiore sensibilità nei confronti della prevenzione.

Gli operatori del settore, traendo spunto dalla propria esperienza sul campo, hanno poi riferito come molta parte dell’assistenza sia fatta tramite polizze assicurative e, con particolare riferimento agli enti con gestione diretta, i problemi di sostenibilità derivanti dalla mancata crescita degli iscritti e dall’invecchiamento degli stessi. Una possibile soluzione? Proprio la possibilità di cooperazione con altri enti, laddove sul ricorso alle polizze assicurative grava l’incognita dei costi futuri e della durata dei prodotti, con ricorrente ridiscussione di premi e prestazioni. Molto interessante, poi, riflettere sul mondo della cooperazione, che ha nel proprio ambito soggetti erogatori (Fondi sanitari, Fondi pensione, assicurazioni e cooperative) e percettori (dipendenti degli stessi).

Di sicuro interesse anche la best practice rappresentata e presentata alla platea dalla gestione sanitaria della Regione Umbria, basata sulla informatizzazione del territorio e incentrata sulle esigenze del singolo cittadino. Per ogni cittadino, sono infatti rese disponibili in forma elettronica cartelle cliniche e prestazioni ricevute, oltre alla valutazione del personale di assistenza, con i criteri interRAI; in questo, modo, tramite un’apposita applicazione, diventa possibile stimare quali sono le sue necessità non solo in campo medico, ma anche sociale. In altri termini, il database così strutturato dalla Regione è reso disponibile tanto al cittadino quanto agli operatori socio-sanitari per la predisposizione di Piani di Assistenza Individuali personalizzati.


Welfare integrato

La Dottoressa Concetta Ferrari, direttore generale delle politiche previdenziali e assicurative del Ministero del Lavoro ha, poi, introdotto nel corso del Meeting la tematica delle integrazioni in ambito welfare complementare, segnalando come quest’ultimo sinora sia stato sinora visto solo come sussidiarietà alle prestazioni pubbliche. Necessario tuttavia un cambio di logica che consenta il passaggio a un autentico secondo welfare, che preveda una più ampia partecipazione dei privati. Un reale mutamento di paradigma, che sappia andare oltre l’idea del welfare pubblico come semplice costo, abbracciando gli effettivi bisogni della popolazione, e che sappia al contempo rinnovare l’idea del welfare complementare.

Solo un welfare privato autenticamente integrato a quello pubblico – e non più semplicemente integrativo dello stesso – saprà infatti rispondere all’esigenza di preservare la sostenibilità dei conti pubblici, migliorando al contempo la quantità e la qualità dei servizi e del sostegno offerto ai cittadini.

Gli investimenti degli attori del welfare integrato

A chiudere il cerchio, inevitabile affrontare il tema degli investimenti dei principali attori del welfare integrato, cogliendo in particolare criticità e peculiarità di ciascun soggetto. Se, ad esempio, è vero che la gestione finanziaria dei Fondi sanitari (generalmente limitata all’impiego dei residui di contributi destinati a riserva) è focalizzata sulla liquidità, lo è altrettanto che sempre più spesso si valutano partecipazioni dirette in società che erogano prestazioni (attraverso cui garantire dunque servizi ai propri iscritti). Senza dimenticare poi la possibilità di investimenti alternativi, quali Private Equity, purché strettamente legati alla realtà italiana, laddove impieghi di questo tipo in Europa e/o in altri Paesi sono considerati puramente finanziari e speculativi, mentre gli Enti sono da ritenersi a tutti gli effetti investitori sociali.

Diverse, invece, le problematiche di gestione per Fondi Pensione e Casse i cui patrimoni devono garantire le prestazioni pensionistiche e quindi ricercare rendimenti adeguati a tal fine. Ecco perché, in questo momento, sono alla ricerca di strategie per ovviare agli attuali tassi bassi ma, al contempo, per predisporsi al loro possibile rialzo con l’inizio del tapering da parte delle banche centrali.

Le Casse, meno soggette a vincoli, hanno poi rafforzato le strutture interne di gestione soprattutto per il risk control in modo da poter attivare asset allocation dinamiche con obiettivi total return, ricorrendo sempre più di frequente a investimenti sia più rischiosi che alternativi, con un rafforzamento sulla parte immobiliare. I Fondi Pensione, soggetti a maggiori limitazioni dalla normativa e alle scelte dei propri iscritti, stanno invece rivedendo le proprie politiche di investimento con incremento di obbligazioni corporate, riduzione della duration dei titoli, introduzione di piccole quote di fondi alternativi ed adozione criteri ESG. Attivati poi anche strumenti paralleli, quali il prestito titoli, oltre a una maggiore attenzione al recupero fiscale sui rendimenti di titoli esteri.

Considerazioni conclusive

Il costante ampliamento della platea dei soggetti che forniscono risposte ai bisogni di protezione sociale rende insomma necessaria una riflessione sulle opportune sinergie di tutti questi attori, pur nel rispetto delle loro peculiari caratteristiche, delle loro funzioni e dei loro modelli gestionali. Ecco perché è utile promuovere la “consapevolezza” tra gli operatori su nuovi bisogni e gestione integrata dei servizi di welfare nel segno dell’efficienza e della semplicità nella fruizione.

D’altro canto, è auspicabile un intervento dei Policy Makers su questi temi fondamentali per un Paese, come l’Italia, che vive una situazione di grandi trasformazioni della struttura demografica, con il timore di ridotte risorse pubbliche. Di qui, l’importanza di agevolazioni fiscali e politiche lungimiranti che producano vantaggi concreti per le famiglie, per i cittadini, per la società nel suo complesso e anche per le finanze e pubbliche. Agevolazioni che potrebbero oltretutto rivelarsi un vero e proprio investimento in un settore ad alto “valore aggiunto”.