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E’ scaduto il 29 giugno 2012 il termine per l’invio al Dipartimento del Tesoro di valutazioni, osservazioni e suggerimenti riguardanti la nuova disciplina in materia di limiti agli investimenti e conflitti d’interesse per i fondi pensione, che sostituisce quella contenuta nel DM 703/1996. Abbiamo chiesto un parere circa le nuove disposizioni e le prospettive per gli investitori istituzionali al prof. Riccardo Cesari, in occasione del suo intervento al seminario tecnico organizzato da Mefop lo scorso 12 luglio.
 

Mentre l’attuale regolamento dispone precisi limiti agli investimenti – specificando le tipologie di attività finanziarie in cui il fondo può investire, fissando percentuali massime di investimento per ogni asset class, e verificando i risultati tramite benchmark – il nuovo decreto si baserà su maggiore attenzione alle capacità gestionali e ai processi di investimento. L’approccio “qualitativo” agli investimenti richiederà la crescita delle competenze tecnico- professionali all’interno dei fondi, mentre l’autorità di vigilanza sui fondi pensione avrà la responsabilità di stabilire i casi in cui siano necessari limiti più stringenti, ma anche la facoltà di derogarli nel caso di fondi che dimostrino il know-how per il corretto monitoraggio di rischio e rendimento.

A seguito della consultazione pubblica, Il Dipartimento del Tesoro ha pubblicato online le osservazioni inviate dai diversi soggetti interessati, tra cui associazioni come ABI, ANIA, Assofondipensione e Assoprevidenza, ma anche consulenti e società di gestione del risparmio come – tra le altre- Prometeia ed Eurizon Capital

Ania – Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici e Assoprevidenza – Associazione Italiana per la Previdenza Complementare, hanno dichiarato di condividere l’idea che limiti quantitativi non rappresentino lo strumento ottimale per contenere i rischi dei fondi pensione ritenendo, al contrario, che il fondo pensione che dimostri di essersi strutturato in modo adeguato dovrebbe poter operare senza limiti quantitativi imposti ex lege. E’ altrettanto necessario però che l’Autorità di vigilanza comunichi tempestivamente i criteri da utilizzare per la valorizzazione periodica degli investimenti, in particolare per l’utilizzo degli strumenti finanziari non quotati. Per quanto riguarda poi la disciplina dei conflitti di interesse, la direttiva MIFID dovrebbe tenere conto del fatto che il fondo pensione è un “investitore istituzionale” e non un “intermediario”, nonché delle differenze fra le diverse tipologie di forme pensionistiche, tra cui ad esempio i PIP e le forme preesistenti gestite tramite polizza assicurativa.

Assofondipensione – Associazione dei fondi pensione negoziali – ha invece ribadito l’importanza di considerare le peculiarità del risparmio previdenziale rispetto ad altre forme di risparmio e dei relativi profili di rischio, e ha richiamato la presenza del benchmark come elemento virtuoso della normativa vigente e l’opportunità di introdurre ulteriori parametri oggettivi e confrontabili. Ha infine auspicato un rafforzamento della Covip come Autorità unica del settore.

Anche Fondapi – Fondo Nazionale Pensione Complementare per i Lavoratori delle Piccole e Medie Imprese – ha concordato circa la necessità che la gestione a benchmark, di più facile comprensione per gli iscritti, mantenga un carattere di prevalenza.

Prometeia, società di analisi e consulenza economica e finanziaria, ha osservato come la stima preventiva della rischiosità negli investimenti a finalità previdenziali, che hanno un orizzonte temporale pluriennale, sia particolarmente complessa e necessiti quindi di strumenti e competenze adeguati, facendo ricorso se necessario a soluzioni in outsourcing e coinvolgendo maggiormente la Banca Depositaria. Ha proposto inoltre l’ipotesi di prevedere una soluzione di governance duale, mutuata da recenti esperienze industriali, con un Organo di Indirizzo e uno di Amministrazione per garantire maggiore trasparenza e responsabilizzazione degli Organi dei FP. E’ auspicabile infine che la nuova normativa definisca con precisione le competenze e i requisiti richiesti al Consulente, una figura facoltativa, esterna e indipendente che sta diventando sempre più utilizzata nei paesi anglosassoni, dove la previdenza complementare è più sviluppata.

Anche Mefop – società per lo sviluppo del Mercato dei Fondi Pensione – ha sottolineato la necessità di ricordare che si sta disciplinando un risparmio accantonato per finalità previdenziali, che richiede dunque di tenere alta l’attenzione verso i profili di prudenza gestionale. “È chiaro quindi – continua il parere inviato da Mefop– che in tutte le riflessioni che verranno svolte è necessario considerare due prospettive diverse e complementari: la prima è quella che riguarda gli assetti gestionali degli operatori, dall’adeguatezza dell’organizzazione che governa l’investimento finanziario delle risorse degli iscritti fino agli aspetti di vigilanza e controllo dei diversi soggetti coinvolti; la seconda prospettiva è invece quella della trasparenza verso gli iscritti, dal momento che l’aderente è coinvolto fortemente nella gestione delle proprie risorse e un suo comportamento non coerente potrebbe invalidare il miglior assetto gestorio predisposto dal fondo pensione”.

Proprio per approfondire il tema e favorire la circolazione di idee e informazioni circa le novità del nuovo regolamento, Mefop – società fondata nel 1999 con la partecipazione maggioritaria del Ministero dell’Economia e delle Finanze, e che conta oggi circa 80 soci tra i fondi pensione – ha organizzato a Roma, presso la sala conferenza della Banca Nazionale del Lavoro, il seminario tecnico "Il nuovo decreto sui limiti agli investimenti: quali opportunità per gli investitori previdenziali".
 

Tra gli esperti presenti al seminario anche il professor Riccardo Cesari, docente di Metodi matematici dell’economia e delle scienze attuariali e finanziarie presso la Facoltà di Economia dell’Università di Bologna. Abbiamo colto l’occasione per chiedere a lui un parere sul nuovo regolamento in consultazione e circa le future prospettive dei fondi pensione.

Quali novità introduce il nuovo decreto in consultazione rispetto alla legislazione vigente?
La bozza di decreto vuole cambiare l’approccio ai limiti di investimento nei FP passando da una normativa basata su parametri assoluti e percentuali massime a un approccio in cui, fatti salvi alcuni principi fondamentali, si concedono maggiori possibilità di gestione a fronte di adeguate capacità di controllo e monitoraggio.

Quali sono a suo parere le novità più interessanti del nuovo decreto?
Questa nuova "filosofia" è certamente una novità interessante. Alcuni strumenti e mercati finanziari (commodities, emergenti, etc.) diventano parte dell’universo investibile dei FP con verosimili benefici per i patrimoni dei lavoratori aderenti.

Quali nuove prospettive si aprono per i fondi pensione con il nuovo decreto?
Fatte le opportune modifiche alla bozza, per i FP si apre una doppia sfida.
Da un lato occorrono sistemi informativi adeguati, validati e tempestivi. Dall’altra servono capacità di analisi, di controllo e di gestione dei rischi, con conseguente riqualificazione anche delle risorse umane interne. Tutti i FP, nessuno escluso, devono raggiungere al riguardo uno standard minimo imprescindibile. Sopra tale soglia, chi saprà dotarsi e accumulare esperienze positive potrà trovare nuove opportunità e più adeguati risultati di rischio/rendimento per gli associati.

Come valuta nel complesso il nuovo decreto? Si tratta di un cambiamento positivo per le gestioni dei Fondi Pensione?
Si tratta certamente di una occasione storica, considerato che il glorioso "703" sta per compiere 16 anni, è più vecchio del TUF (1998) e aveva certamente bisogno, dopo quanto è successo sui mercati internazionali, di una importante revisione.

Venendo alle criticità, quali modifiche proporrebbe?
Questi i suggerimenti che mi sentirei di proporre.
1) I titoli derivati dovrebbero essere utilizzati sia per finalità di copertura sia per finalità di efficiente gestione. La bozza di decreto sembra chiedere entrambe queste giustificazioni mentre ovviamente andrebbero chieste in alternativa (e/o).
2) Il vincolo di uso dei derivati solo se quotati su mercati regolamentati è positivo ma nelle more dello sviluppo delle Borse sui derivati con relative Casse di Compensazione (Clearing Houses) andrebbe consentito l’uso dei derivati OTC (over-the-counter) a fini di copertura.
3) Sempre nella logica della trasparenza, il vincolo massimo del 30% ai titoli OTC mi sembra troppo ampio. I valori mobiliari – quindi gli strumenti finanziari al netto di liquidità, OICR e derivati- dovrebbero essere non quotati per una percentuale massima del 5%.
4) I limiti di concentrazione (5% a livello di emittente e 10% a livello di gruppo) non dovrebbero essere applicati agli OICR, per i quali vale il principio del look-through (OICR come portafoglio dei titoli componenti).
5) L’investimento in OICR deve potersi fare non tanto in assenza di oneri (situazione impossibile anche in presenza di retrocessione delle commissioni di gestione, stante la presenza almeno di quelle di banca depositaria) ma nella trasparenza dei costi assunti, fissando di norma un tetto massimo ai costi totali.
6) Poiché il D.Lgs. 252/2005 già prevede la possibilità di una quota del 20% in fondi chiusi (mobiliari o immobiliari) la bozza dovrebbe consentire un ulteriore 10% in fondi alternativi per poter rappresentare un effettivo ampliamento di universo investibile.
7) Da alcune simulazioni si ricava che gli "strumenti connessi a merci" (da specificare più chiaramente) andrebbero consentiti fino al 10% (contro il 5% proposto) per sfruttare appieno le possibilità di diversificazione.
8) L’esposizione valutaria netta vincolata al 30% massimo (contro l’odierno 66%) mi pare troppo contenuta, soprattutto nei comparti più "dinamici". L’implicita diversificazione consentita dalle valute verrebbe molto penalizzata con perdita di redditività attesa. Anche qui, fatta salva la previsione UE del limite di 70%, vedrei positivamente e coerentemente una maggiore liberalizzazione e possibilità di assumersi il rischio di cambio (accanto al rischio azionario, di tasso e di credito) in misura proporzionale alle capacità del FP di tenere i rischi (tutti) sotto adeguato monitoraggio e controllo.

Come cambierebbe il ruolo dell’autorità di vigilanza sui fondi pensione?
L’Autorità di Vigilanza (Covip o chi per lei) acquisisce un ruolo ancor più pregnante. Da un lato dovrà vigilare sull’adeguatezza dei FP affinché la politica di investimento (come definita e articolata nel recente Documento introdotto da Covip) sia adeguata al FP e questo sia all’altezza (per struttura, organizzazione, risorse etc.) della sua politica d’investimento.
Dall’altro l’Autorità dovrà definire anche in termini pratici gli standard minimi richiesti ai FP in tema di controllo della gestione finanziaria e gli up-grade necessari per poter accedere a forme più sofisticare di investimento del risparmio previdenziale.
 

Riferimenti

I materiali presentati durante il seminario Mefop

Consultazione sullo schema di regolamento ministeriale di attuazione dell’articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, recante norme sui criteri e i limiti di investimento delle risorse dei fondi pensione e sulle regole in materia di conflitti di interesse

Le osservazioni ricevute dal Dipartimento del Tesoro

Fondi pensioni: diritto di rischiare, Corriere della Sera.it, 28 giugno 2012

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