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Sono sempre di più gli italiani che non vogliono avere rapporti con le altre generazioni. Per l’esattezza si tratta di 8 milioni di persone che quando devono sottoporsi a una visita medica, fare acquisti, farsi consigliare su questioni personali, andare in vacanza o impegnarsi sul luogo di lavoro preferiscono non rapportarsi con persone di un’età troppo distante dalla propria. È il quadro sconcertante che emerge dalla ricerca «L’Italia delle generazioni» realizzata da Censis e Fondazione Hpnr (Human Potential Network Research) in collaborazione con la Fondazione Oic (Opera Immacolata Concezione). Mentre ci si concentra sulle difficoltà di integrazione delle nuove culture e confessioni religiose, i numeri dimostrano una sorprendente scissione nel cuore della società italiana: un Paese fatto di tribù generazionali che non comunicano fra loro.


Come cambia la demografia in Italia

Oggi in Italia i giovani tra i 18 e i 34 anni sono 11,1 milioni. Negli ultimi quindici anni sono diminuiti del 17,3%: 2,3 milioni di persone in meno rispetto al 2001. In questo stesso periodo sono aumentati vertiginosamente gli agedle persone con più di 65 anni. Attualmente sono 13,2 milioni: rispetto al 2001 sono aumentati del 24,2% (2,6 milioni in più). A crescere sono anche i cosiddetti baby boomers (35-64 anni), che oggi sono 26,4 milioni, cioè il 14,2% in più rispettto a cinque lustri fa (3,3 milioni in più).

Cambiamenti che si fanno ancora più evidenti nel momento in cui si allarga il periodo temporale di riferimento. Il confronto con l’anno 1951 – quando l’Italia preparava il miracolo economico – è a dir poco impietoso. Allora gli italiani erano 47,5 milioni: oltre 14 milioni avevano meno di 18 anni (erano il 29,6% della popolazione totale) e quasi 13 milioni avevano tra 18 e 34 anni (erano il 27,2% del totale). Oggi, invece, su 60,8 milioni di abitanti gli under 18 sono poco più di 10 milioni (il 16,6% del totale) e i giovani di 18-34 anni sono poco più di 11 milioni (il 18,3% del totale). In sessantacinque anni l’Italia, con la popolazione aumentata di oltre 13 milioni di unità, ha perso complessivamente 5,7 milioni di giovani.

A dimostrarlo sono soprattutto i dati relativi alle fasce più anziane della popolazione. Nel 1951 i grandi vecchi con 80 anni e oltre erano solo 622.000, mentre oggi sono poco meno di 4 milioni. Le persone di 90 anni e oltre erano appena 28.000: oggi hanno superato le 666.000 unità. E i centenari, che allora erano uno sparuto gruppo di 165 persone, sono diventati oggi quasi 20.000. In sintesi, nell’Italia del miracolo economico il 57% delle persone erano giovani con meno di 35 anni, nell’Italia del letargo si sono ridotti al 35% della popolazione. In generale gli ultrasessantacinquenni sono 9 milioni in più rispetto al ’51.


Le trincee generazionali

Proprio in questo quadro si delinea un elemento preoccupante: un difficilissimo rapporto tra generazioni
. Secondo la ricerca Censis sono 2,3 milioni gli italiani che se non trovano un medico della propria età vanno in un altro studio o rinunciano alla visita. 3,8 milioni sono quelli che rinviano o riunciano agli acquisti in assenza di un commesso della propria età. 5,2 milioni quelli che non accettano consigli personali da una persona di una età diversa dalla propria. 7,4 milioni coloro che, piuttosto che partire per le vacanze con persone di altre generazioni, preferiscono restare a casa. E la musica non cambia sul lavoro: sono 7,5 milioni gli occupati che preferiscono avere rapporti con lavoratori della propria età e 4,6 milioni coloro che ai corsi di formazione vogliono solo propri coetanei. 

Gli «isolazionisti» sono soprattutto i più giovani.
 Il 10% dei millennials (18-34 anni) non vuole avere rapporti con persone di altre età. Il 5,6% si fa visitare solo da un medico giovane, il 9,4% fa corsi di formazione solo con altre persone della stessa età, il 10,8% acquista solo in presenza di un commesso coetaneo, il 12% accetta consigli solo da altri giovani, il 22,2% fa viaggi solo con i coetanei.  Gli anziani, al contrario, si rivelano più aperti alla intergenerazionalità: 9 su 10, dalla sanità alle vacanze, non sono preoccupati dalle differenze di età oppure vi si adattano

Una tendenza a "trincerarsi"
, quella dei giovani, che può essere ricondotta alla sensazione di contare sempre di meno, tanto sul piano demografico che su quello sociale. Pochi e sempre meno, circondati dagli spettri della precarietà lavorativa, poco influenti sul piano politico e sociale, i giovani reagiscono legittimandosi reciprocamente e cercando di tenere fuori le altri generazioni. Un atteggiamento che può essere compreso anche alla luce delle questioni legate al welfare, in particolare sulle pensioni, che rischiano di cristallizzare situazioni complesse, cui occorrerà prestare crescente attenzione onde evitare un collasso del sistema che dei giovani, comunque, ha assoluta necessità.