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Il Comune di Milano ha istituito la giornata del “lavoro agile”, un’iniziativa finalizzata a verificare l’impatto dell’introduzione di modelli organizzativi flessibili su lavoratori, imprese e ambiente. Ma che cos’è il lavoro agile? Vi presentiamo questa innovativa tipologia che presenta molteplici benefìci – dal work-life balance per il dipendente, a una maggiore produttività per l’impresa – ma che in Italia fatica a decollare.  

 

La giornata del lavoro agile

Più tempo per sé, più qualità della vita, più produttività, meno stress e meno inquinamento. Con questi obiettivi il Comune di Milano lancia la Giornata del lavoro agile, prima sperimentazione in Italia, nell’ambito del nuovo Piano territoriale degli orari, finalizzato a promuovere un’organizzazione del lavoro che segua le trasformazioni della città.
La Giornata del lavoro agile sarà realizzata a Milano e nell’hinterland il 6 febbraio 2014. 
Possono aderire le aziende private, gli enti pubblici e gli studi professionali, facendo il modo che i propri dipendenti, dove possibile, lavorino per un giorno da casa o dove vogliono, comunque non dal proprio ufficio (per partecipare è necessario collegarsi al sito del Comune di Milano e registrarsi).

Scopo dell’iniziativa verificare i vantaggi per i lavoratori – in termini di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro -, per le aziende e per l’ambiente – riduzione delle emissioni di CO2 e PM10, contenimento del traffico e dei consumi energetici.
La Giornata del lavoro agile è promossa dal Comune di Milano insieme ad ABI, AIDP, Anci Lombardia, Assolombarda, CGIL Milano, CISL Milano Metropoli, UIL Milano e Lombardia, SDA Bocconi School of Management, Unione Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza, Valore D.

Ma che cos’è il lavoro agile?

Il lavoro “agile” è sostanzialmente un lavoro flessibile, dove il concetto di flessibilità viene declinato soprattutto sul lavoratore, il quale viene facilitato nella conciliazione dei propri tempi di vita e lavoro. Favorito dall’utilizzo di strumenti informatici e telematici, il lavoro agile permette di liberare il lavoro dai vincoli spaziali e temporali, consentendo un’elevata libertà sia nella scelta del luogo di impiego che nelle modalità di svolgimento (nel lavoro agile possono quindi essere ricompresi diversi modelli organizzativi quali home working, telelavoro, work-shift, coworking, ecc.). Una modalità che soddisfa chi lavora e rende le imprese più competitive, più adatte alla società contemporanea. Secondo Adele Mapelli, docente dell’università Bocconi, “Il rito della timbratura impone un confine netto tra vita e lavoro, ma di fatto è ormai impossibile separare vita privata e altri impegni. Mentre il lavoro sconfina nella vita privata, l’orario di lavoro è sempre misurato su una base rigidamente ancorata al luogo fisico dell’ufficio. Nella società della conoscenza, la proposta di forme di flessibilità temporali e spaziali costituisce una risposta necessaria a chi reclama un rapporto di lavoro basato non sulla presenza, ma sui risultati”.

I vantaggi del lavoro agile

Il tema della gestione del tempo è cruciale per il benessere di persone, imprese e società.
Il lavoro agile induce la riduzione dei momenti di congestione del traffico, migliorando la qualità della vita dei cittadini e degli abitanti temporanei. Pensiamo che i pendolari italiani sono oltre 26 milioni – e solo a Milano sono 700.000 -, si spostano per 42 km in media al giorno per raggiungere per l’83% il posto di lavoro in auto. Per questo motivo da alcuni anni i Comuni hanno cominciato a ripensare i tempi dei propri territori attraverso un Piano Territoriale degli Orari – per ora obbligatorio per i comuni con più di 30.000 – finalizzato a riorganizzare e armonizzare gli orari dei servizi con le esigenze di residenti e lavoratori. Il contenimento del traffico cittadino, ha evidenti benefici ambientali sia in termini di riduzione dell’inquinamento acustico e atmosferico che di risparmio energetico. Quando nel 1973 Jack Nilles teorizzò il concetto di telelavoro, lo fece proprio nel tentativo di affrontare la prima grande crisi energetica, proponendo di ridurre il pendolarismo con il telelavoro.

Anche per i lavoratori i vantaggi sono molteplici. Ridurre i tempi di spostamento e la rigidità degli orari abbassa lo stress e aumenta i momenti da dedicare a se stessi, con evidenti benefici per la vita privata e il work-life balance, soprattutto per le donne. Secondo uno studio effettuato da Valore D e Mc Kinsey & Company la diffusione di programmi di flessibilità favorisce infatti una presenza più ampia delle donne ai vertici delle aziende -specialmente in Italia, dove le mansioni di cura sono ancora pesantemente sbilanciate sulla componente femminile. Nei paesi europei più avanzati da questo punto di vista, il 36% dei dipendenti – uomini e donne – usufruisce di strumenti di flessibilità e la presenza di donne nei Consigli di Amministrazione è pari al 17%, tre volte superiore al dato italiano, dove solo il 10% dei lavoratori aderisce a programmi di flessibilità. Ma l’interesse per i programmi di flessibilità riguarda tanto gli uomini quanto le donne e nella maggior parte dei casi l’utilizzo non è motivato dalla necessità di occuparsi della famiglia e dei figli. Lo studio presenta anche altri risultati sorprendenti: più flessibilità non significa necessariamente più part-time; aderire a programmi di flessibilità non è un ostacolo alla carriera. In questo senso, il concetto di flessibilità assume una connotazione positiva anche per il dipendente, abituato a “subirla” – nella misura di contratti di lavoro e carriere instabili.

Infine, anche le aziende possono trarre beneficio dal lavoro agile. E’ ormai consolidato che un lavoratore soddisfatto è più produttivo, creativo e motivato al successo dell’impresa. Il rapporto Gallup, relativo alle organizzazioni americane, riporta che il telelavoro, ad esempio, è un fattore chiave nella responsabilizzazione dei dipendenti. In particolare i lavoratori remoti sono più coinvolti (32%) rispetto ai dipendenti che lavorano in loco (28%), e il loro engagement, coinvolgimento, è l’elemento decisivo per la generazione della produttività aziendale. Inoltre, riduce sostanzialmente anche l’assenteismo — in media di circa il 63% – dal momento che riduce i permessi per questioni familiari, bisogni personali o stress (ILO, 2013).
Ci sono poi vantaggi economici che riguardano la diminuzione dei costi di gestione (energia, beni immobili e costi di allocazione) ed efficienza. L’insieme delle innovazioni tecnologiche ed informatiche disponibili per le aziende (es. mobility, cloud, information & collaboration), combinate al contatto diretto occasionale e a sistemi di valutazione basati sul rendimento, costituiscono un elemento propulsivo nell’affermarsi di nuovi modi e tempi di lavoro, più flessibili e efficaci.

Limiti e resistenze al lavoro agile

Nonostante più di tre organizzazioni su cinque (64%) siano convinte che sia importante offrire opportunità di lavoro flessibile per attrarre e fidelizzare i migliori talenti, solo il 49% dei dipendenti dichiara di avere l’opportunità di lavorare in maniera flessibile e meno di un terzo di ricevere linee guida (26%). I Paesi dell’Europa occidentale in cui le imprese sono maggiormente propense a concedere flessibilità lavorativa ai propri dipendenti sono la Germania, il Regno Unito e la Norvegia; mentre l’Italia si trova, insieme al Belgio e al Portogallo, tra i meno propensi. E’quanto emerge da uno studio condotto da Microsoft Italia.

La diffusione del lavoro agile si scontra con barriere culturali molto alte. Nei confronti delle due categorie ancestrali su cui più profondamente ha inciso l’organizzazione industriale – il tempo e lo spazio – l’impresa rappresenta un sistema particolarmente conservatore e refrattario (Ciacia e Di Nicola, 2001) sia dal punto di vista del datore di lavoro che del lavoratore. Il sistema italiano è basato su una cultura aziendale “del presidio”, che predilige la misura del tempo anziché dei risultati, lasciando poco spazio al lavoro per obiettivi. Mentre la tecnologia è il fattore abilitante, una leadership e una cultura aziendale di trasparenza e fiducia solide sono i prerequisiti per ottenere i migliori risultati dall’adozione di prassi lavorative flessibili.
Si tratta tuttavia di un problema che non è circoscritto al solo versante datoriale: solo il 49% dei dipendenti, infatti, ritiene che i propri colleghi siano produttivi quando lavorano fuori dall’ufficio. Inoltre, occorre considerare che il luogo di lavoro è un ambiente sociale vero e proprio, in cui l’individuo tesse relazioni, esprime le propria personalità, manifesta sentimenti (dall’agonismo alla solidarietà). Abbandonare questo ambiente e lavorare a distanza cambierebbe profondamente quindi il modo stesso di rapportarsi al lavoro.

Per alcune tipologie occupazionali ci sono poi vincoli ancora più restrittivi. Alcune mansioni per loro stessa natura limitano fortemente la flessibilità, pensiamo al commercio, alla sanità, cioè quei settori dove la presenza fisica del lavoratore non può venire meno. In questo caso, la flessibilità può essere conseguita grazie a turni di lavoro meno rigidi, che però sembrano allo stato attuale poco perseguibili, considerando che i tagli al personale stanno già mettendo a repentaglio diritti acquisiti come ferie e malattia.

Nonostante gli indubbi vantaggi del lavoro agile quindi, esistono anche una serie di svantaggi, in parte riconducibili a difficoltà organizzative. La flessibilità comporta necessariamente una certa dose di incertezza e rende così più difficile pianificare servizi, per gli enti locali, o organizzare l’attività lavorativa, per le aziende.
Sul lato dei lavoratori, invece, alcuni lamentano che sia un’arma a doppio taglio, nel senso che “sfumare” il confine tra vita privata e lavorativa finirebbe per fare strabordare la seconda nella prima, senza esigere né il pagamento del tempo di lavoro straordinario, né una revisione contrattuale delle vecchie regole industriali che regolavano luoghi e tempi delle prestazioni. Delocalizzare i lavoratori potrebbe poi disperdere ulteriormente quella capacità di associazionismo tipica del sistema di lavoro tradizionale – già messo in crisi dall’avvento del lavoro atipico.

Tuttavia, si tratta di rischi non insormontabili, soprattutto se paragonati ai vantaggi che il lavoro agile comporterebbe. Momenti di riflessione che, come quello di Milano, mettano in connessione aziende, parti sociali, imprese e dipendenti, sono quindi fondamentali per testare punti di forza e debolezza di questa innovativa modalità di lavoro, e apportare i necessari cambiamenti a livello normativo e organizzativo per una sua diffusione.

 

Riferimenti

La giornata del lavoro agile

Manuale sulle best practice del telelavoro, Cinzia Ciacia e Patrizio Di Nicola, Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, Fondo Sociale Europeo, 2001.

Il valore della flessibilità: una leva per una maggiore rappresentanza, sintesi della ricerca Valore D- McKinsey & Company

I vantaggi del telelavoro, Jon Messenger e Laura Addati, ILO, 26 marzo 2013

Il lavoro flessibile è ancora un’utopia, Microsoft, 10 aprile 2012

Telelavoro a parole, ma non nei fatti, Giampaolo Colletti, Il Fatto quotidiano, 11 giugno 2012

Telelavoro: le dieci cose da sapere, Sindacato Networkers, 17 gennaio 2012

 

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