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Lunedì 22 maggio a Napoli si terrà il convegno “Italia 2030: che nessuno resti indietro”, che inaugurerà ufficialmente il Festival dello Sviluppo Sostenibile. Si tratta del primo degli oltre 200 eventi che si terranno in tutta Italia nei 17 giorni (dal 22 maggio al 7 giugno) promossi dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) e realizzati dalle oltre 160 realtà  che vi aderiscono – tra cui Percorsi di secondo welfare, che a Milano ha organizzato un grande convegno sulla povertà per lunedì 29 maggio.

L’obiettivo della manifestazione è diffondere i contenuti dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile – firmata dai leader del mondo nel settembre 2015 per cambiare il modello di sviluppo del nostro Pianeta –  e i suoi 17 obiettivi: i Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese. Ma cosa sappiamo davvero dell’Agenda 2030 e degli SDGs?

Di seguito vi proponiamo cinque approfondimenti questi temi e su quanto sta facendo (o non sta facendo) l’Italia per rispettare gli impegni presi, insieme alle raccomandazioni dell’ASviS, che da marzo 2016 opera per far crescere nella società italiana, nei soggetti economici e nelle istituzioni la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e cambiare il modello di sviluppo del nostro Paese (e non solo).


Agenda 2030: 17 goal per garantire lo sviluppo sostenibile del Pianeta

A settembre 2015, i 193 Paesi membri dell’ONU hanno sottoscritto l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. Si tratta di un programma d’azione pensato per le persone, il pianeta e la prosperità, che prende in considerazione 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile – Sustainable Development Goals, SDGs – suddivisi in 169 target che i Paesi si impegnano a raggiungere entro il 2030. 

Gli SDGs rappresentano traguardi comuni su un insieme di questioni vitali per il futuro del pianeta e delle nostre società. Si va dalla “povertà zero” all’eliminazione della fame, dalla garanzia della salute e del benessere all’accesso a una istruzione di qualità per tutti. Dall’uguaglianza di genere ad acqua pulita e igiene per tutti, dall’energia pulita e accessibile ad un lavoro dignitoso e una crescita economica inclusiva, da infrastrutture resilienti fino alla riduzione delle disuguaglianze, dalla realizzazione di modelli sostenibili di produzione e di consumo alla tutela di oceani e mari al contrasto al cambiamento climatico, dalla protezione dell’ecosistema alla promozione di società pacifiche, fino all’organizzazione di comunità e città sostenibili e alla realizzazione di partnership che favoriscano il raggiungimento degli obiettivi. 

Con l’adozione dell’Agenda è stato espresso un chiaro giudizio sull’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo, superando l’idea che la sostenibilità sia unicamente una questione ambientale, a favore di una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo che sia anche economico e sociale. E il motto dell’Agenda 2030, “nessuno resti indietro”, segnala anche che gli obiettivi vanno raggiunti per tutti, e non solo per alcuni o per il cittadino medio. L’avvio ufficiale degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile ha coinciso con l’inizio del 2016. 

 


Italia: il primo Paese a inserire gli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile nel DEF

L’Italia ha giocato un ruolo di primissimo piano in tutte le fasi del negoziato ONU che ha portato all’adozione dell’Agenda 2030 e l’impegno del nostro Paese si è tradotto anche in alcuni passi concreti. Nella stesura del Documento di Economia e Finanza 2017 (DEF), appena adottato dal Consiglio dei Ministri, il nostro Governo ha incluso – oltre al Prodotto Interno Lordo (PIL) – alcuni indicatori del Bes, il Benessere equo e sostenibile, un sistema di misurazione della condizione del paese che guarda a concetti molto vicini a quelli incorporati negli SDGs. L’Italia è stata così la prima, in Europa e tra i Paesi del G7, a dotarsi di questo strumento (per saperne di più guarda qui).

Nel DEF è stata presentata, in via sperimentale rispetto ai tempi previsti dalla normativa, l’evoluzione passata e futura di quattro indicatori significativi per la qualità della vita dei cittadini: il reddito medio disponibile, un indice di diseguaglianza di reddito, il tasso di mancata partecipazione al lavoro e le emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti. L’introduzione degli indicatori Bes contribuisce ad imprimere un cambiamento di approccio alla visione di sviluppo economico del nostro Paese, perché introduce il principio che se il benessere trae vantaggio dall’aumento del prodotto interno lordo non vuol dire comunque che coincida con esso.

Il Governo sta inoltre lavorando, anche attraverso una fitta serie di consultazioni istituzionali, con gli enti di ricerca e con la società civile, all’elaborazione della Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile (SNSvS). Obiettivo della Strategia 2017-2030 è la definizione di un programma globale, in linea con l’Agenda 2030, che segnali una rotta comune per orientare le politiche del Paese e iniziare ad affrontare in maniera strutturale problematiche ambientali, economiche e sociali che premono a livello nazionale e mondiale. La Strategia sarà oggetto della Voluntary National Review che l’Italia effettuerà il prossimo luglio a New York, nell’ambito dell’High Level Political Forum delle Nazioni Unite.

Perché siamo ancora lontani dal raggiungere gli obiettivi

In termini di obiettivi raggiunti o in fase di avanzamento rispetto ai singoli SDGs e agli altri Paesi, il Sustainable Development Solutions Network (SDSN) e la Fondazione Bertelsmann, basandosi su 54 indicatori comuni a 152 Paesi, valutano l’Italia in 25ª posizione. Risultato sostanzialmente in linea con quanto emerge analizzando un insieme più ampio (con 13 indicatori aggiuntivi), ma relativo ai soli Paesi OCSE, dove il nostro Paese si trova al 26° posto. Rispetto ai 17 SDGs, l’Italia compare nella “zona rossa”, ossia in condizione critica in ben 7 casi: educazione, occupazione, disuguaglianze, consumo responsabile, lotta contro il cambiamento climatico, pace e giustizia, partnership. I restanti 10 goals, invece, si pongono attualmente in una “zona gialla”. In sostanza, in nessun caso l’Italia rientrerebbe nella cosiddetta “zona verde”, ossia in linea con gli obiettivi concordati. Una situazione che deve spronare tutti gli attori in campo a dare un contributo maggiore per riuscire a centrare questi obiettivi che vanno raggiunti in tempi definiti (alcuni già entro il 2020), perché ogni anno “perso” senza assumere decisioni adeguate rende più arduo il percorso di avvicinamento agli SDGs.

Nella definizione della Strategia nazionale di sviluppo sostenibile, il Governo italiano ha valutato dettagliatamente il “posizionamento” italiano rispetto ai 17 obiettivi (Goal) e 169 sotto-obiettivi (Target) dell’Agenda 2030, individuando un sistema di punti di forza e di debolezza su cui costruire gli obiettivi da perseguire, oltre a un sistema di obiettivi strategici organizzati intorno alle aree (5P) dell’Agenda 2030 – Persone, Pianeta, Prosperità, Pace e Partnership – formulazione che restituisce appieno tutte le dimensioni della sostenibilità dello sviluppo.

Nel suo Rapporto “L’Italia e gli obiettivo di sviluppo sostenibile”, l’ASviS propone di: inserire il principio dello sviluppo sostenibile nella Costituzione italiana, intervenendo sugli articoli 2,3 e 9; far assumere alla Presidenza del Consiglio un ruolo di guida dell’attuazione della Strategia, alla cui preparazione sta lavorando il Governo, e in particolare il Ministero dell’Ambiente; trasformare il CIPE nel ‘Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile’, coinvolgendo la Conferenza Unificata per valutare le responsabilità delle Regioni e dei Comuni rispetto alle materie dell’Agenda 2030; creare un Comitato consultivo sull’Agenda 2030 e le politiche per lo sviluppo sostenibile, cui partecipino esperti nelle varie materie rilevanti e rappresentanti delle parti sociali e della società civile, come avviene in Francia e Germania; predisporre un Rapporto annuale, curato dal Governo, che valuti il percorso del nostro Paese verso gli Obiettivi dell’Agenda 2030; avviare una campagna informativa estesa e persistente nel tempo sui temi dello sviluppo sostenibile e un programma nazionale di educazione allo sviluppo sostenibile; creare una base dati “ufficiale” con gli indicatori esistenti per l’Italia tra gli oltre 230 selezionati dalle Nazioni Unite rilevanti per l’Italia.


Gli italiani non conoscono i SDGs, ma l’85% è favorevole a politiche di sviluppo sostenibile

Ma quanto sanno gli italiani degli SDGs? Nel 2016 Demos & Pi per Fondazione Unipolis ha studiato proprio il rapporto tra i cittadini (indagine condotta su 1.619 casi), la tutela ambientale e la conoscenza dell’Agenda 2030 dell’Assemblea Generale ONU, che include anche gli obiettivi di sviluppo sostenibile. In particolare, alla domanda che chiedeva di spiegare quanto sapessero del programma ONU e degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, oltre 7 italiani su 10 (77,1%) sono risultati essere “poco” o “per niente” informati a fronte di un deludente 22,2% di quanti si dicono invece “informati”.

Eppure, anche se la conoscenza del programma ONU non è elevata, la maggior parte degli italiani (l’84,4% del campione intervistato) si dichiara “molto favorevole” o “favorevole” alle politiche volte al perseguimento di uno sviluppo sostenibile. In occasione del Festival italiano dello sviluppo sostenibile verranno pubblicati i dati più aggiornati e dettagliati sull’orientamento degli italiani rispetto alle politiche per lo sviluppo sostenibile.

Le sette mosse di ASviS per centrare gli obiettivi

Nel suo Rapporto, l’ASviS formula numerose proposte rispetto alle politiche da attuare, articolate in sette diverse aree:

  • Cambiamento climatico ed energia. Dopo la ratifica dell’Accordo di Parigi, la priorità assoluta è la definizione di una Strategia Energetica nazionale in linea con gli impegni assunti e che porti, nel lungo periodo, alla decarbonizzazione del Paese.
  • Povertà e disuguaglianze. Dopo l’istituzione del Reddito di Inclusione, è prioritario il varo di un Piano nazionale di lotta alla povertà, cui vanno affiancate politiche che portino a un deciso aumento dell’occupazione femminile. Va pienamente applicata la legislazione esistente in materia di parità di genere.
  • Economia circolare, innovazione, lavoro. Va definito un piano di incentivazione fiscale che incoraggi il pieno uso delle materie prime, la realizzazione di piattaforme di differenziazione, di riciclo e di valorizzazione dei rifiuti generati dalla produzione, confezionamento, distribuzione e vendita dei prodotti. Vanno potenziate le politiche attive del lavoro.
  • Capitale umano, salute ed educazione. Serve un investimento significativo in capitale umano, la cui qualità dipende, in primo luogo, da un’adeguata alimentazione, una buona salute e un’educazione di qualità. Serve l’avvio di un programma di lifelong learning, assente nel nostro Paese.  
  • Capitale naturale e qualità dell’ambiente. Per raggiungere gli Obiettivi relativi a capitale naturale e qualità dell’ambiente serve, prima di tutto, attuare le normative esistenti e i piani nazionali già disegnati. Vanno eliminati i sussidi dannosi per l’ambiente e trasformati in sussidi per lo sviluppo sostenibile e l’economia circolare.
  • Città, infrastrutture e capitale sociale. Serve una Strategia per lo sviluppo urbano sostenibile, sulla quale sia incardinata l’Agenda urbana nazionale. Va approvata la legge sul consumo di suolo e un adeguamento alle normative europee.
  • Cooperazione internazionale. L’Italia deve avanzare in maniera decisa verso il rispetto degli impegni assunti sull’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) (0,7% del PIL), realizzando l’aumento di risorse stabilito con la Legge di Stabilità 2016, adottando gli SDGs come quadro concettuale per la scelta degli interventi.


Riferimenti

Il sito di ASviS