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“In Italia l’accesso alla conoscenza e alla cultura rimane un problema per tanti bambini, in particolare per chi nasce in contesti familiari svantaggiati”. E’ questa l’amara considerazione che emerge dal rapporto “Illuminiamo il futuro 2030 di Save the Children pubblicato negli scorsi giorni e frutto di una ricerca partita nel 2014, dedicata interamente alle povertà educative.


Povertà educativa: quali cause?

La povertà educativa è definita dall’organizzazione come “la privazione da parte dei bambini e degli adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni”. Questa deprivazione comporta un grosso limite allo sviluppo di competenze cognitive, relazionali e sociali, fondamentali per il benessere futuro, per il successo nel mondo del lavoro e per una partecipazione attiva nell’economia e nella società delle giovani generazioni. I dati raccolti da Save the Children tengono conto di diversi indicatori quali i tassi di dispersione scolastica, i risultati sulle competenze scolastiche OCSE PISA1, il contesto educativo e culturale offerto dal territorio attraverso la partecipazione dei ragazzi ad attività ricreative, sportive e culturali extra-curriculari. L’analisi dei dati mette in evidenza sia il legame a doppio filo tra povertà economica delle famiglie e povertà educativa dei figli, sia la trasmissione intergenerazionale dello svantaggio socio-economico e culturale.

In Italia, secondo le rilevazioni OCSE PISA; il 24,7% degli alunni di 15 anni non supera il livello minimo di competenze in matematica e il 19,5% in lettura, posizionandosi tra i “low achievers” nella classifica dei paesi OCSE. I risultati variano però notevolmente in base alle seguenti variabili:

  • Status socio-economico e culturale della famiglia: povertà economica e povertà cognitiva sono variabili interdipendenti. Chi vive in contesti disagiati ha più difficoltà a raggiungere i livelli minimi di competenza in matematica e lettura, rispetto ai compagni che vivono in migliori condizioni socio-economiche. Allo stesso tempo chi dispone di livelli di istruzione molto bassi fa fatica a trovare un lavoro ben remunerato ed avanzare nella scala sociale2. Questa situazione favorisce il perpetrarsi del circolo vizioso dello svantaggio.
  • Area geografica: gli adolescenti provenienti da famiglie svantaggiate del sud o delle isole mostrano risultati nettamente inferiori rispetto a quelli che abitano al nord (i ragazzi che non raggiungono le competenze minime si attestano tra il 26,2% e il 31,2% al nord, 44,2% al sud e 41,9% nelle isole).
  • Stimoli ricreativi e culturali: i ragazzi che non hanno fatto sport, letto libri, non sono andati a concerti, a teatro, non hanno visitato musei e siti archeologici hanno conseguito risultati inferiori rispetto ai coetanei che hanno svolto attività ricreative, culturali e sportive.
  • Fattori relazionali: molti adolescenti che si sentono outsiders a scuola hanno punteggi sotto la soglia minima. 
  • Genere: le ragazze mostrano risultati inferiori rispetto ai loro compagni maschi in matematica e punteggi superiori in lettura.
  • Origine migrante: il 41% dei minori non nati in Italia non raggiungono la soglia minima di competenze in matematica e lettura, mentre per i ragazzi di seconda generazione, la percentuale scende al 31% in matematica e al 29% in lettura (la percentuale per i ragazzi non migranti è al 19% per matematica e 15% in lettura). La situazione dei ragazzi con origine migrante peggiora notevolmente per i residente al sud e isole.

 
Gli obiettivi di Save the Chidren

Secondo Save the Children eliminare la povertà educativa e spezzare le catene della diseguaglianza tra minori sono obiettivi possibili. Per riuscirci, è fondamentale l’impegno e il coinvolgimento di attori chiave quali istituzioni, associazioni, università, comunità locali e gli stessi ragazzi. Per dare avvio al processo, Save the Children ha individuato 3 obiettivi principali – con relativi sotto-obiettivi aventi target temporali di breve termine (2020) e di medio termine (2030)-, per “illuminare il futuro” dei ragazzi in Italia ed eliminare la povertà educativa entro il 2030:

1. Apprendimento e sviluppo: tutti i minori devono poter apprendere, sperimentare, sviluppare capacità, talenti ed aspirazioni.
1a. Tutti i ragazzi di 15 anni devono raggiungere i livelli minimi di competenze in matematica e lettura (misurati attraverso le prove OCSE PISA) in ogni regione italiana.
1b. Il tasso di dispersione scolastica (misurato attraverso l’indicatore europeo “Early School Leavers”) deve scendere di almeno il 5% entro il 2030 a livello nazionale, arrivando a non oltre il 10%, come stabilito dalla Strategia 2020 dell’Unione Europea.
1c. Tutti i minori tra i 6 e 17 anni in ogni regione italiana devono svolgere in un anno almeno 4 tra le seguenti attività: andare almeno una volta a teatro, musei o mostre, monumenti o siti archeologici, fare sport in modo continuativo, utilizzare internet spesso, leggere libri (i dati 2014 riportano che il 64% dei ragazzi non ha svolto alcuna di queste attività).

2. Offerta educativa: tutti i minori devono avere accesso a un’offerta educativa di qualità.
2a. Entro il 2030, la differenza nella copertura pubblica dei servizi educativi per l’infanzia tra le regioni non deve essere superiore a 10 punti percentuali. La riduzione delle differenze deve avvenire esclusivamente attraverso l’aumento nella copertura dei low performers (i dati 2012-2013 indicano un 25% di copertura dei servizi educativi, scostandosi dell’8% rispetto a quanto stabilito dall’Unione Europea per il 2020 nei Barcelona targets). Gli investimenti nella prima infanzia sono fondamentali poiché “influenzano gli esiti nel corso della vita , le performance scolastiche, i guadagni sul mercato e possono contribuire a ridurre le diseguaglianze” (Daniela Del Boca, Università di Torino).
2b. Tutte le classi nella scuola primaria e secondaria di primo grado devono garantire il tempo pieno in ogni regione italiana . Il tempo pieno deve favorire l’attività extra-curricolare, in particolare, musica, sport, volontariato, arte, e la lettura (i dati 2013-2014 riportano che il 68% delle scuole primarie e l’80% delle scuole secondarie non garantiscono il tempo pieno).
2c. Tutte le istituzioni scolastiche principali, in ogni regione italiana, devono garantire un servizio mensa di qualità per tutti e tale servizio deve essere gratuito per i minori in condizioni certificate di povertà (i dati 2011-2010 evidenziano che il 40% degli istituti sono sprovvisti di servizio mensa).
2d. Tutti gli alunni dovranno frequentare scuole con infrastrutture adeguate per l’apprendimento in ogni regione italiana (i dati 2012 riportano che il 59% degli alunni frequentano istituti con infrastrutture inadeguate, prive di certificati di agibilità, prevenzione incendi e/o collaudo statico).
2e. Tutte le aule didattiche dovranno dotarsi di connessione ad internet veloce in ogni regione italiana. Inoltre, tutte le scuole dovranno garantire percorsi didattici finalizzati all’acquisizione da parte degli studenti delle competenze digitali necessarie ad utilizzare con dimestichezza e spirito critico le TIC per il lavoro, il tempo libero e la comunicazione3.

3. Eliminare la povertà minorile: eliminare la povertà minorile per favorire la crescita educativa, eliminando il tasso di povertà economica assoluta dei minori in ogni regione italiana (nel 2013, il tasso di povertà assoluta economica assoluta dei minori tra 0 e 17 anni era al 13,8%). Per quest’azione sono fondamentali interventi di sostegno al reddito delle famiglie, il rafforzamento dei servizi sociali ed educativi, il sostegno alla genitorialità, la fruibilità di servizi essenziali a titolo gratuito per le famiglie in difficoltà.

Gli obiettivi prefissati da Save the Children paiono di gran lunga ambiziosi, se paragonati alle attuali performance, ma secondo l’organizzazione internazionale sono “obiettivi realistici” se si dispone di un intervento integrato tra i diversi livelli di responsabilità che si devono impegnare nel rafforzamento progressivo dell’investimento globale sull’infanzia e nella creazione di un pacchetto di misure che comprendano non soltanto la scuola e il welfare, ma anche le politiche urbane, l’ambiente, lo sport e la cultura. E’ necessario trasformare la scuola in una “comunità educante”, che si apra al territorio e che potenzi le competenze degli studenti con attività extra-curriculari e strumenti di didattica laboratoriale.

Considerando, inoltre, l’ampio divario territoriale, è necessario focalizzare l’intervento nelle aree più deprivate, come il Mezzogiorno, le aree urbane degradate e i piccoli centri situati in territori isolati. Fondamentale è inoltre un utilizzo strategico delle risorse europee disponibili, attraverso i Programmi Operativi Nazionali e Regionali (PON, POR) e il programma attuativo del Fondo aiuti materiali agli indigenti (FEAD).


Misure europee e internazionali

Il programma di Save the Children si inserisce nel dibattito in corso nelle Nazioni Unite per una “Agenda 2030 for Sustainable Development Goals”, che riporta la necessità di “fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva e opportunità di apprendimento permanente per tutti”. Gli obiettivi sono inoltre in linea con la Strategia 2020 dell’Unione Europea che prevede, per il campo “istruzione”, una riduzione degli abbandoni scolastici al di sotto del 10%, e per “povertà/emarginazione”, la riduzione di almeno 20 milioni di persone a rischio o in situazione di povertà ed emarginazione.

In particolare nel “Social Investment Package”, pubblicato nel 2013, la Commissione Europea sollecita i paesi membri ad investire nei bambini e nei giovani e a combattere la trasmissione di svantaggio tra generazioni. Nel documento, si raccomanda agli Stati UE di creare servizi di qualità per la prima infanzia, fondamentali per il buon sviluppo e futuro benessere dei giovani, e contrastare fortemente fenomeni quali l’abbandono scolastico, riconosciuto come concausa dell’esclusione sociale e della povertà. Il programma si rifà altresì alle Raccomandazioni della Commissione europea del 20 febbraio 2013 “Investing in children: breaking the circle of disadvantage”, che ribadiscono la necessità che gli Stati membri investano nell’istruzione e nell’educazione per “aumentare la capacità del sistema educativo di spezzare il circolo vizioso della disuguaglianza, vigilando affinché tutti i minori ricevano un’istruzione inclusiva di grande qualità, in grado di favorire il loro sviluppo sul piano emotivo, sociale, cognitivo e fisico” e per “incoraggiare la partecipazione di tutti i minori ad attività ludiche, ricreative, sportive e culturali, dando loro occasioni di partecipare ad attività di apprendimento informale al di fuori della famiglia e degli orari scolastici”.


Illuminiamo il futuro

Sul piano concreto, Save the Children ha aperto, a partire dal lancio della campagna “Illuminiamo il Futuro” nel maggio 2014, 13 Punti Luce , centri ad alta densità educativa ubicati in territori particolarmente svantaggiati, privi di servizi e opportunità per i minori. Ad oggi sono stati coinvolti nelle attività 4.510 beneficiari (di cui 2.854 frequentanti regolari). Accanto a questa iniziativa di tipo comunitario-territoriale, l’organizzazione ha avviato un intervento di tipo individuale-personalizzato, fornendo una dote educativa (consistente in contributi per l’acquisto di libri e kit scolastici, strumenti musicali, per l’iscrizione a corsi sportivi, campi estivi, gite scolastiche…) a bambini e adolescenti che vivono in condizione certificate di povertà. Fino ad ora sono state erogate 300 doti educative in tutta Italia.

Nella realizzazione di queste azioni, Save the Children lavora in sinergia con associazioni e cooperative locali in una rete territoriale a cui partecipano servizi sociali, istituzioni scolastiche, parrocchie ed enti locali in un’ottica di welfare plurale.
 

¹ PISA (Programme for International Student Assessment) è un’indagine internazionale promossa dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) con periodicità triennale per accertare le competenze dei quindicenni scolarizzati. L’attenzione non si focalizza tanto sulla padronanza di determinati contenuti curricolari, quanto piuttosto sulla misura in cui gli studenti sono in grado di utilizzare competenze acquisite durante gli anni di scuola per affrontare e risolvere problemi e compiti che si incontrano nella vita quotidiana e per continuare ad apprendere in futuro. PISA ha l’obiettivo di verificare se e in che misura i quindicenni scolarizzati abbiano acquisito alcune competenze giudicate essenziali per svolgere un ruolo consapevole e attivo nella società e per continuare ad apprendere per tutta la vita (lifelong learning). Gli ambiti dell’indagine PISA sono: lettura, matematica e scienze. Ogni ciclo dell’indagine rileva le competenze in tutti e tre gli ambiti ma ne approfondisce uno in particolare. L’indagine, partita nel 2000, è quest’anno (2015) al sesto ciclo.

² Nel suo articolo “La scuola in frantumi”, Marco Revelli, presidente della Commissione di indagine sull’Esclusione Sociale (CIES),sostiene che la povertà è legata a doppio filo con il livello di istruzione, evidenziando che “l’82,9% dei casi di povertà assoluta si riscontrano in soggetti con bassa o bassissima istruzione” (Marco Revelli, Scuola, società, diritti, lavoro, “La scuola in frantumi”, in Paideutika, Anno VI, 2012, Ibis ed.).

³ L’agenda digitale italiana (Decreto Crescita 2.0 (D.L. n. 179, sulla G.U. 18/10/12) prevedeva che entro la fine del 2014 tutte le classi fossero dotate di connessione con banda larga. Obiettivo fallito, considerando che il dato 2014-2015 riporta che il 28% delle aule risulta senza internet veloce. I ritardi italiani sono dovuti principalmente a causa della quasi assenza di investimenti in ICT: meno del 2% del PIL viene investito in ICT.

 

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