Il tema dell’immigrazione divide le opinioni pubbliche di tutti i Paesi verso i quali si indirizzano recenti, imponenti flussi migratori. L’Italia non fa eccezione: ci si divide in base alla maggior o minore conformità dei diversi giudizi, all’insegnamento della religione, agli ideali politici e culturali che siano. Inoltre trova credito, sia all’interno che all’estero, l’immagine dell’Italia come un paese chiuso, ostile allo straniero, preoccupato per la concorrenza sul mercato del lavoro, sui sistemi di welfare sotto pressione, sull’accesso alle case popolari e soprattutto in materia di sicurezza dei cittadini. È vero? Sembra di qualche utilità mettere a disposizione alcuni dati che possono aiutare a formulare valutazioni basate sulla realtà (per quanto possa essere riflessa in aridi numeri).
Quanti sono gli stranieri in Italia: quanti sono gli immigrati residenti
Gli immigrati residenti in Italia, registrati alle anagrafi comunali, che hanno una cittadinanza diversa da quella italiana, sono 5.029.000 secondo i dati Istat aggiornati al 1 gennaio 2017, rappresentando l’8,3% della popolazione italiana.
In termini assoluti l’Italia si colloca al terzo posto in Europa, dopo la Germania che ospita 8,7 milioni di cittadini stranieri e la Gran Bretagna che ne ospita 5,4 milioni e subito prima della Spagna che si ferma a 4,4 milioni. Anche in termini di quota della popolazione totale l’Italia presenta un valore non distante da quello dei maggiori paesi europei, che va dal 10,5% della Germania, all’8,3% dell’Italia., passando per il 9,5% della Spagna e l’8,6% della Gran Bretagna e comunque superiore a quello dei paesi scandinavi (Danimarca 8,1%, Svezia 7,8%).
Tabella 1. Cittadini stranieri residenti nei principali paesi europei
Fonte: Elaborazioni su dati Eurostat "non national population by group of citizenship"
Gli Stati che applicano lo ius soli (ossia quelli che concedono la cittadinanza a chi nasce sul suolo del proprio territorio nazionale) tendono a presentare numeri minori rispetto a paesi dove vige lo ius sanguinis o un sistema misto: è questo il motivo per il quale la Francia ha un’incidenza della popolazione straniera più bassa della nostra (6,6%). I dati comprendono tutti gli stranieri, inclusi i cittadini comunitari: in Italia gli stranieri non comunitari sono circa 3,5 milioni mentre quelli comunitari sono 1,5 milioni (oltre un milione di romeni).
Tabella 2. Cittadini stranieri residenti in Italia per nazionalità
Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT popolazione residente per sesso e cittadinanza
La concessione della cittadinanza agli stranieri residenti: Italia matrigna?
E’ noto a tutti lo scontro in atto circa l’adozione in Italia dello ius soli ritenuto conforme a ideali di giustizia universale e uguaglianza e più favorevole all’integrazione dei nuovi arrivati: la discussione è aperta, ma anche questa dovrebbe fondarsi sugli aridi numeri (e forse sull’analisi dell’esperienza francese in tema di integrazione riuscita grazie allo ius soli). A leggere i commenti sulla stampa o ad ascoltare i talk show in televisione parrebbe che in Italia, vigente lo ius sanguinis, fosse assai difficile per gli stranieri residenti ottenere la cittadinanza italiana.
I dati sembrano smentire queste valutazioni: oltre un milione le concessioni della cittadinanza italiana dal 2002 al 2016 con un’accelerazione dalle poco più di 12.000 del 2002, alle 53.000 del 2008, alle 100.000 del 2013, fino al superamento delle 200.000 unità nel 2016. Tante? Poche? L’Italia potrebbe essere più generosa? I dati Eurostat dicono che con le 178.035 cittadinanze del 2015 l’Italia si colloca al primo posto in Europa davanti alla Gran Bretagna con 118.000: seguono Spagna con 114.351, poi la Francia 113.608 e la Germania con 110.128.
Tabella 3. Cittadinanze concesse a stranieri residenti
Fonte: Fondazione ISMU su dati ISTAT
Nel 2015 l’Italia è il Paese dell’Ue che più di ogni altro ha concesso la nazionalità ai marocchini (37,7% delle nazionalità totali concesse dai 28), agli albanesi (72,6%), ai romeni (50,7%), ai cittadini del Bangladesh (51,6%), ai filippini (28,9%), ai senegalesi (42,8%), ai ghanesi (38,6%), ai serbi (30,2%) e agli egiziani (56,7%). L’Italia è poi il secondo Paese Ue per la concessione della nazionalità a indiani (19,9%), pakistani (21,4%), algerini (8%), ecuadoregni (15,2%), nigeriani (15,8%), colombiani (7,2%), tunisini (38,3%), peruviani (40,6%), boliviani (1,6%), cinesi (17,7%), domenicani (15,9%), e kosovari (29,8%).
Gli stranieri residenti in Italia: un paese aperto agli extracomunitari
Come ben sa chi ha familiarità nel trattare i dati, quali che siano statistici, amministrativi o contabili, per comprendere quale sia in effetti la realtà occorre esaminarli più da vicino, perché spesso il totale generale non riesce a riflettere situazioni a volte assai differenziate.
A livello di opinione pubblica europea sulla stampa, tra le élite politiche, tra i cittadini in generale, l’Italia è considerata un paese poco aperto agli stranieri, spesso dimenticando i consensi che movimenti dichiaratamente xenofobi registrano in paesi importanti, dal Front National in Francia alla Alternative fur Deutschland in Germania.
Chi è straniero? E’ questa una domanda che si pongono le religioni e le scuole filosofiche e che incombe con la sua pregnanza su ideologie e movimenti politici. La costruzione europea si è proposta, con le quattro libertà di circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali, di realizzare una cittadinanza europea: le conquiste di Schengen e i programmi quali l’Erasmus sono importanti tessere di questo complesso e faticoso mosaico, ma non sono stati ancora rimossi pregiudizi razziali nei confronti di polacchi, italiani o portoghesi, per non dire di romeni e bulgari che pure oggi sono parte della Comunità europea.
Si può comunque dare la seguente definizione condivisa di straniero: il cittadino residente di nazionalità di un paese non appartenente all’Unione europea, ovvero, secondo la dizione tecnica, di nazionalità di un paese terzo. In termini assoluti il maggior numero di residenti extracomunitari (4,8 milioni) si trova in Germania, seguita dall’Italia (3,5 milioni) e poi sotto i tre milioni si trovano Francia, Spagna e Gran Bretagna.
Come quote percentuali di extra UE sul totale, il paese con il valore più elevato è la Grecia (74,1%), seguita dall’Italia (69,8%) e dalla Francia (65,3%): immediatamente sotto, circa al 58% Svezia e Danimarca, mentre Germania e Spagna sono attorno al 56%.
Tabella 4. Residenti con cittadinanza di altro paese (migliaia) al 1° gennaio 2016 per UE ed Extra UE e quota 5 extra UE su totale
Fonte: Elaborazioni su dati Eurostat "non national population by group of citizenship"
In Germania, per esempio le comunità più numerose di residenti stranieri provengono nell’ordine da: Turchia, Polonia, Italia, Romania e Siria, mentre in Belgio provengono da: Francia, Italia, Olanda, Marocco e Romania; in Austria nell’ordine da: Germania, Serbia, Turchia, Bosnia Erzegovina e Romania. Se si rapportano i residenti con cittadinanza extra UE al totale della popolazione, il paese con il maggior "carico" è l’Austria, con il 7,2%, seguita dalla Germania con il 5,9% e dall’Italia con il 5,8%, un paese quindi aperto agli stranieri.
Figura 1. Percentuale di residenti con cittadinanza extra UE su totale popolazione del paese
Fonte: Elaborazioni su dati Eurostat
Gli extracomunitari per il lavoro e la natalità: mito o realtà?
Emerge con evidenza dai dati resi disponibili da ISTAT che, in conseguenza della crisi economica che l’Italia ha attraversato in questi anni ma non soltanto di questa, le motivazioni che portano gli extracomunitari a venire in Italia sono radicalmente cambiate. Continuano a diminuire drasticamente gli ingressi per motivi di lavoro, anche per la sospensione dei decreti flussi, salvo quelli per lavoro stagionale.
Figura 2 – Composizione % ingressi di cittadini extra UE per motivazione, 2010-2015
Fonte: Elaborazioni su dati ISTAT
Tra il 2010 ed il 2015 c’è stato un forte calo dei permessi di soggiorno per lavoro: se nel 2010 rappresentavano il 60% dei nuovi rilasci (pari a 359mila unità), nel 2014 sono scesi al 23% (pari a 57mila unità) e nel 2015 sono ulteriormente calati al 9% pari a 21.728 (-62%.) anche per i motivi soprarichiamati. Di converso nello stesso periodo è aumentata la quota dei permessi legati a motivi familiari: se nel 2010 rappresentavano il 29,9% del totale, nel 2014 rappresentavano il 40,7%, nel 2015 il 44,8%.
I permessi di soggiorno al 31 dicembre dell’anno 2015 mostrano intanto una stabilizzazione della presenza degli extracomunitari con l’aumento dei permessi di lungo periodo (permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo UE) che sono saliti da 1,6 milioni del 2010 a 2,3 milioni del 2015 (in percentuale passano dal 46,3% al 59,5% del totale). I permessi a tempo determinato riflettono le dinamiche degli ingressi nell’anno: quelli per lavoro da più di un milione del 2010 (29,8%) scendono a poco meno di 670 mila (17%), mentre quelli per motivi di famiglia sostanzialmente restano stabili, da 690 a 660 mila (dal 19,5% al 16,85). Stabili su livelli assai modesti quelli per studio, ad esplodere sono gli ingressi per asilo umanitario, da 57 mila a 153 mila (dall’1,6% al 3,95).
Tabella 5. Permessi di soggiorno al 31 dicembre % e numero in migliaia di unità
Fonte: ISTAT Permessi di soggiorno dei cittadini non comunitari
Il differenziale di occupazione a vantaggio degli stranieri che era di quasi dieci punti nel 2006 (67,2 % contro 57,9%) si è progressivamente ridotto a meno di tre punti nel 2015 (58,9% contro 56,0%).
Figura 3. Quota di occupati italiani stranieri 2006-2015
Fonte: ISTAT Rilevazione sulle forze di lavoro, vari anni
Una notazione ulteriore va fatta anche in merito alla natalità: negli ultimi anni la natalità degli stranieri è scesa gradualmente passando dagli 80mila nati del 2012 (massimo raggiunto) ai 72mila del 2015, pur continuando a dare un contributo importante allo svecchiamento della popolazione, nonostante non sia sufficiente in quanto gli immigrati si stanno sempre più adattando al modello riproduttivo della società italiana.