Rassegna Stampa
Primo Welfare / inclusione sociale

Il bonus sulla cultura utile (forse) ma non equo

Dare ai diciottenni 500 euro per teatro, cinema e libri è un incentivo positivo. Però non tiene conto delle grandi disparità sociali e territoriali

Un miliardo alla sicurezza ed uno alla cultura. Questo l’impegno finanziario annunciato da Renzi per “rispondere al terrore”. Che ci sia un nesso fra orgoglio nazionale e fermezza contro le minacce esterne, fra maturità civile e contrasto alla violenza è innegabile. Perché questo nesso produca risultati concreti occorre però scegliere gli strumenti giusti. Il Presidente del Consiglio ha parlato di riqualificazione delle periferie, di borse di studio per giovani meritevoli, di contributi alle associazioni culturali: e fin qui ci siamo. La quarta misura lascia invece perplessi.

Trecento milioni verranno destinati a un bonus di 500 euro per tutti i diciottenni, da spendere in attività culturali. Uno strumento sensato? Perché no, si potrebbe rispondere. L’interesse dei giovani italiani per musei, teatro, iniziative artistiche e sportive è in linea con gli standard europei. Ma un incentivo a migliorare è sempre utile, soprattutto se esiste davvero un legame fra cultura e sicurezza. Il problema però che in Italia i dati medi nascondono sempre enormi disparità territoriali e sociali e ciò vale anche per le attività culturali. Dare 500 euro a tutti significa trattare in modo uguale giovani che si trovano in condizioni di partenza molto diseguali, violando il principio dell’eguaglianza di opportunità.

Nel Sud quasi un quarto dei minori non possono permettersi attività ricreative di tipo intellettuale o sportivo, di contro al 13% del Nord e al 9% del Centro. Le scuole non aiutano: nel nostro paese solo il 30% dei quindicenni frequenta istituti con programmi extra-curriculari. Sempre nel Mezzogiorno, il 16% dei minori vive in famiglie che hanno da zero a dieci libri: la metà di questi ragazzi ha scarsissime probabilità di raggiungere livelli minimi di competenze in matematica e in lettura, percentuale quasi doppia rispetto a chi vive in case con più di 25 libri (dati tratti da Save the Children). In Campania e Calabria un quindicenne su due fa regolarmente giochi d’azzardo, più del triplo rispetto al Veneto o al Trentino. Che dire poi dei 50 mila minori arrivati con i barconi negli ultimi quattro anni, più della metà non accompagnati? Se non investiamo su di loro, non solo sperperiamo i loro talenti, ma rischiamo di gettarli nelle braccia del fondamentalismo.

Il nostro Presidente del Consiglio sembra avere una predilezione per le misure “universali”: 80 euro a tutti, niente IMU per tutti, ora il bonus cultura a tutti i diciottenni. Sarà un approccio facile ed elettoralmente premiante, ma non è quello corretto rispetto agli scopi che si vogliono raggiungere. La consapevolezza della identità e del patrimonio italiano così come la maturità civile vanno infatti promosse innanzitutto fra coloro che hanno meno opportunità oggettive di formazione. La Legge di Stabilità prevede uno stanziamento di 130 milioni per il contrasto alla povertà educativa, con il contributo delle Fondazioni. Non sarebbe meglio incrementare queste risorse invece di disperderle a pioggia?

Se poi il governo vuole dare una risposta concreta, sul piano educativo, alle minacce terroristiche, esistono strategie più mirate, peraltro discusse pochi giorni a Bruxelles fa dai Ministri della pubblica istruzione. Si tratta di misure volte a rafforzare la capacità delle scuole, degli insegnanti, delle associazioni e degli operatori culturali in genere al fine di prevenire la radicalizzazione dei giovani, la diffusione di comportamenti e mentalità troppo indulgenti nei confronti della violenza. L’Unione europea ha istituito una rete per la “sensibilizzazione contro l’estremismo” (RAN), che illustra le moltissime iniziative già in corso nei vari paesi per promuovere i valori della tolleranza. I dati del RAN segnalano che il nostro paese sta facendo ben poco in questa direzione. Eppure anche questa è politica culturale contro “il terrore”. Forse, anzi, è quella da cui converrebbe partire, con un po’ di inventiva e molta lungimiranza.

Questo editoriale è stato pubblicato anche su Il Corriere della Sera del 26 novembre 2015