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Lo scorso giovedì 26 ottobre è stata presentata in tutta Italia la 27esima edizione del Dossier Statistico Immigrazione, curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS e dal Centro Studi Confronti, sostenuto dai fondi dell’Otto per Mille della Chiesa valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi e dall’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica (UNAR).

Il Dossier, nato nel 1991, raccoglie dati statistici relativi al fenomeno migratorio in Italia, offrendo anche un’analisi approfondita di vari suoi aspetti. L’ultima edizione conferma come gli immigrati, da molti punti di vista, rappresentino per il nostro Paese una consistenza e una rilevanza sempre maggiore.

Da un punto di vista numerico gli stranieri in Italia hanno quasi raggiunto la presenza degli italiani all’estero: 5.359.000 immigrati in Italia a fronte di 5.383.199 italiani residenti all’estero.

Nonostante dal 2015 gli arrivi in Italia via mare siano cresciuti quasi del 17,9% e le richieste d’asilo del 46,2%, restano comunque importanti le richieste per visto di ingresso per motivi familiari (49.013) e per motivi di studio (44.114).

In particolare, le richieste di ingresso legate alla coesione familiare suggeriscono una presenza stabile e strutturata di stranieri, in possesso dei requisiti richiesti dalla legge per poter chiedere il ricongiungimento, quali la titolarità di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro, un alloggio che presenti determinate caratteristiche di idoneità abitativa, e requisiti di reddito che denotano una certa stabilità economica.

Rispetto alle nazionalità, i cittadini comunitari rappresentano il 30,5% del totale degli stranieri in Italia, la cui maggioranza è rappresentata dai romeni (1.168.552 su 1.537.223).
I paesi terzi maggiormente rappresentati nel nostro Paese restano, invece, l’Albania (8,9%) e il Marocco (8,3%).

Il Dossier mette anche in evidenza le implicazioni anagrafiche di questa rilevanza numerica: i nuovi arrivi e i nati da genitori stranieri compensano, infatti, in modo abbastanza rilevante il calo demografico della nostra popolazione.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, nonostante nel 2016 sia aumentata l’incidenza degli stranieri occupati sul totale della popolazione (10,5%), e nel 2015 abbiano prodotto l’8,8% della ricchezza complessiva, rispetto ai lavoratori italiani gli immigrati continuano a svolgere lavori poco qualificati, sono spesso sovra-qualificati rispetto alle mansioni esercitate e la loro retribuzione resta mediamente inferiore a quella degli italiani.

Infine, in diversi capitoli del Dossier viene analizzato e approfondito anche il pluralismo religioso: il documentoevidenzia come persista la netta prevalenza dei cristiani (53%) rispetto ai musulmani, che rappresentano un terzo dell’intera presenza straniera, e che i dati "non giustificano il timore di un’invasione e l’atteggiamento contro l’islam".

Ecco in dettaglio alcuni fra i dati più interessanti, estrapolati dal Dossier:

Dati di sintesi (2016)

Fonte: Dossier Statistico Immigrazione 2017, p. 4


I dati del 2016

Tra il 2007 e il 2016 la popolazione straniera residente in Italia è aumentata complessivamente di 2.023.317 persone e nel solo 2016 sono state 262.929 le persone registrate in provenienza dall’estero.

Oltre agli ingressi temporanei, sono continuati i flussi in entrata per insediamento stabile: il maggior numero di visti è stato rilasciato per motivi familiari (49.013), studio (44.114), lavoro subordinato (17.611), motivi religiosi (4.066), adozione (1.640) e residenza elettiva (1.274) e, in totale, sono stati rilasciati 131.559 visti nazionali che autorizzano a una permanenza superiore ai 3 mesi.

Seppure estremamente ridotte, le quote programmate per i nuovi lavoratori non comunitari sono state 13.000 per gli stagionali e 17.850 per tutti gli altri comparti, in larga misura (14.250) riservate a cittadini già presenti in Italia e interessati a convertire il proprio titolo di soggiorno (ad esempio, da studio a lavoro).

Intanto, gli arrivi in Italia via mare sono passati dai 153.842 del 2015 ai 181.436 del 2016 (+17,9%) e le richieste d’asilo, secondo Eurostat, da 84.085 a 122.960 (+46,2%). L’Italia si colloca a livello mondiale subito dopo la Germania, gli Stati Uniti, la Turchia e il Sudafrica per domande d’asilo ricevute (Unhcr). In particolare tra gli sbarcati, i minori non accompagnati sono stati 25.843, mentre sono 6.561 quelli che, censiti, si sono poi resi irreperibili.

Sono poco meno di 200 le nazionalità degli stranieri residenti in Italia. I cittadini comunitari sono il 30,5% (1.537.223, di cui 1.168.552 romeni, che hanno in Italia il loro maggiore insediamento), 1,1 milioni provengono dall’Europa non comunitaria. Africani e asiatici sono, rispettivamente, poco più di 1 milione. Solo 13 paesi hanno più di 100.000 residenti: Romania, Albania, Marocco, Cina, Ucraina, Filippine, India, Moldavia, Bangladesh, Egitto, Pakistan, Sri Lanka e Senegal.

Andamento demografico e immigrazione

Nel 2016, tra i cittadini italiani le morti sono prevalse sulle nascite di 204.675 unità (tendenza in corso da diversi anni). Anche l’intera popolazione residente (italiani e stranieri) è diminuita (-76.106) seppure in maniera più contenuta grazie alla compensazione assicurata dai nuovi arrivi (per quanto meno numerosi rispetto al passato) e alle nascite da genitori stranieri (69.379, il 14,7% del totale). Secondo le previsioni demografiche dell’Istat, tale scenario caratterizzerà l’intero periodo 2011-2065.

Il mercato occupazionale

Nel 2016 gli occupati con cittadinanza straniera sono aumentati arrivando a 2.401.000 (+42.000 unità), con un’incidenza del 10,5% sul totale. Si sono concentrati per i due terzi nei servizi (66,4%), quindi nell’industria (27,5%) e solo in maniera residuale nel settore agricolo (6,1%). Il tasso di occupazione è leggermente risalito (59,5%) e, seppure più basso rispetto al passato, supera di due punti percentuali quello degli italiani. Le donne sono il 44,8% degli occupati stranieri (incidenza in calo).

Diversi sono gli aspetti del loro inserimento subalterno. Per oltre i due terzi svolgono professioni non qualificate o operaie (appena il 6,7% professioni qualificate). Sono spesso sovra-istruiti rispetto alle mansioni svolte (lo è il 37,4% contro il 22,2% degli italiani), mentre 1 su 10 è sottoccupato. La loro retribuzione (in media 999 euro netti mensili) è inferiore del 27,2% rispetto a quella degli italiani e l’anzianità di servizio attenua poco questo divario.

A impiegare quasi i tre quarti (73,4%) degli immigrati occupati in Italia sono le micro-imprese (quelle fino a un massimo di 9 addetti), seppure a bassa tecnologia e scarsamente concorrenziali.

Tra gli occupati stranieri il 13,4% svolge un lavoro autonomo-imprenditoriale (tra i cinesi il 50,4%). Alla fine del 2016 sono 571.255 le imprese a gestione immigrata (+3,7% in un anno rispetto a -0,1% delle imprese gestite da italiani, da anni in diminuzione); di queste, 453.000 sono a carattere individuale. L’incidenza sul totale sfiora il 10% (9,4%), ma sale al 16,8% tra le nuove imprese. È alta anche la percentuale di imprese immigrate su quelle che nell’anno hanno cessato l’attività (12,0%), per cui, nell’insieme, si evidenzia una maggiore vitalità e un più elevato turn over.

Nel 2015 gli occupati stranieri hanno prodotto una ricchezza di 127 miliardi di euro, vale a dire l’8,8% della ricchezza complessiva, e hanno dichiarato in media redditi di 11.752 euro annui a testa, pari a un totale di 27,3 miliardi di euro. Essi hanno versato Irpef per 3,2 miliardi di euro, in media 2.265 euro a testa (gli italiani 5.178 euro).
È in continua crescita anche l’inserimento bancario degli immigrati.

Presenze stabili

La tendenza all’insediamento stabile dei cittadini stranieri è attestata dal crescente aumento dei titolari di un permesso Ue di lungo periodo (pari al 63,0% di tutti i soggiornanti non comunitari), come anche dal numero delle nuove nascite da genitori stranieri (69.379, un settimo di tutti i nati nell’anno), dei ricongiungimenti familiari (50.000 visti richiesti, come già ricordato) e dall’incidenza complessiva dei minori (20,6% tra i residenti stranieri e 21,9% tra i soggiornanti non comunitari).

Significativo è anche l’ulteriore aumento degli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana, più per naturalizzazione (che presuppone 10 anni di residenza previa) che a seguito di matrimoni con cittadini italiani (17.692 nel 2015).

Pluralismo religioso

Le principali appartenenze religiose sono: oltre 1,5 milioni di musulmani e altrettanti cristiani ortodossi; poco meno di 1 milione di cattolici; 340.000 tra induisti, buddhisti, sikh (concentrati questi ultimi in Lombardia e nel Lazio) e fedeli di altre tradizioni religiose orientali; oltre 250.000 evangelici e fedeli di altre chiese cristiane; 220.000 atei e agnostici e quindi altri gruppi minori. Dai primi anni del 2000 persiste la netta prevalenza dei cristiani (53%), tra i quali gli ortodossi sono i più numerosi, seguiti dai cattolici e dai protestanti.

La composita comunità islamica ha il suo perno in Africa, con oltre il 50% dei membri (a partire dai marocchini e, a seguire, gli immigrati provenienti da Egitto, Tunisia e Senegal), ma sono importanti anche altre provenienze, sia europee (Albania) che asiatiche (Bangladesh e Pakistan). L’incidenza dei musulmani fra gli stranieri residenti conosce il picco del 40% in Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige. Invece, la loro incidenza rispetto alla popolazione totale residente in Italia si aggira sul 3%, un valore inferiore al 4,5-5% stimato a livello Ue e al 7,5% della Francia.

Fonte:
Dossier Immigrazione 2017
Portale Integrazione Migranti – Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali