Il 36,1% delle famiglie italiane ha rinunciato a una prestazione essenziale di welfare; la percentuale sale al 56,5% considerando le sole famiglie in condizione di vulnerabilità economica. Le rinunce toccano principalmente il settore dell’assistenza agli anziani e ai non autosufficienti (76,2%), delle cure sanitarie (36,7% il dato complessivo, 58,9% per la fascia più povera), della cura dei figli (41,1% e 54,8%), dell’istruzione (35,4% e 57,7%) e della cultura e del tempo libero (33,8% e 50,5%). È significativo rilevare come la spesa per il welfare incida maggiormente sul reddito delle famiglie economicamente più vulnerabili che nelle famiglie agiate (rispettivamente 19% e 14,7%).
Questi sono alcuni dei dati riportati dal Primo Osservatorio sulla spesa del welfare nelle famiglie italiane realizzato da MBS Consulting, società indipendente di consulenza aziendale, presentato il 7 novembre presso la Camera dei Deputati. L’Osservatorio è frutto di un’indagine che ha approfondito i bisogni e le spese di welfare delle famiglie per la salute, i supporti per il lavoro (trasporto per recarsi al lavoro e pasti) , l’istruzione, l’assistenza, la cultura e il tempo libero e la previdenza complementare, dettagliando le analisi per le diverse condizioni economiche e sociali. Spiega Enea Dallaglio, amministratore delegato di Innovation Team – Gruppo MBS “Nel momento in cui il paese sta lanciando nuove politiche di contrasto alla povertà i dati dell’Osservatorio fanno pensare che sia più efficace intervenire garantendo i servizi essenziali per il benessere e la sicurezza sociale anziché erogare sussidi. Emerge inoltre la necessità di affrontare in modo nuovo la prospettiva di contenimento della spesa pubblica, rifocalizzando la spesa sulle prestazioni essenziali e definendo le aree su cui sollecitare il ruolo dei servizi privati”.
Attualmente infatti la spesa per il welfare delle famiglie italiane ammonta a 109,3 miliardi di euro, pari al 6,5% del PIL. La fetta più grossa è rappresentata dalla salute (33,7 miliardi); seguono i supporti al lavoro (31,2 miliardi), l’istruzione dei figli (15 miliardi), l’assistenza a persone anziane e non autosufficienti (14,4 miliardi), la cultura e il tempo libero (7,6 miliardi) e la previdenza privata (7,3 miliardi). Il totale corrisponde al 14,6% del reddito netto delle famiglie, in media 4.328 euro per nucleo famigliare; dopo il lavoro e la casa il welfare è la terza voce di spesa.
Di fronte a questo scenario MBS Consulting ha anche elaborato alcune proposte per ridefinire il welfare italiano nell’ottica di una maggiore sussidiarietà seguendo quattro direttrici:
- Ripartire dai bisogni delle famiglie: la fragilità sociale delle famiglie si manifesta con l’esplosione di un ampio range di bisogni non coperti dai sistemi di welfare tradizionali che però possono trovare risposta in un nuovo welfare di sussidiarietà;
- Rivedere l’universalità delle prestazioni di welfare state: devono essere definite le prestazioni essenziali garantite dal welfare pubblico con differenziazione tariffaria per reddito e le aree in cui favorire l’investimento privato ;
- Industrializzare il settore: gli attori pubblici devono creare i contesti normativi e le opportunità per favorire aggregazioni tanto della domanda quanto dell’offerta: welfare aziendale, welfare territoriale e di comunità, aggregazioni dell’offerta;
- Promuovere il “business sociale”: valorizzare e implementare sperimentazioni innovative come le start-up a vocazione sociale e le imprese benefit.
Secondo Andrea Rapaccini, presidente MBS Consulting, infatti “Il welfare è oggi un mercato in evoluzione, nel quale operano soggetti diversi, pubblici e privati. Al fianco dello Stato agiscono soggetti di natura collettiva (fondi, enti mutualistici, istituti creati dalla contrattazione di categoria), associazioni, imprese profit e organizzazioni del terzo settore. E’ necessario superare l’estrema frammentazione aiutando questi soggetti a costruire reti e filiere. Lo Stato può acquisire un nuovo ruolo riducendo la pressione della domanda di welfare sulla spesa pubblica, regolando e incentivando il ruolo dei soggetti privati, favorendo la cooperazione tra enti pubblici e privati anche sul piano locale, operando per lo sviluppo di un nuovo welfare di comunità”.