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Può esistere il mercato nel welfare? Possiamo definirlo buono o cattivo?
Il libro di Jane Gingrich, Making Markets in the Welfare State: The Politics of Varying Market Reforms affronta proprio uno degli interrogativi più attuali e controversi del dibattito sul welfare state: l’ingresso dei privati come fornitori di servizi di welfare.

Nel tentativo di trovare una ricetta per la ormai perdurante crisi del welfare state, in molti propongono la liberalizzazione del mercato dei servizi socio-sanitari. Altrettanto numerosi sono invece coloro che si oppongono alla “cessione” del welfare, elemento centrale delle politiche di governo.
Se riuscissimo però a superare la contrapposizione ideologica, potremmo scoprire che non esiste un unico modello di mercato. Non solo, ma anche che l’apertura dei servizi socio-sanitari ai fornitori privati può avvenire con svariate modalità e per scopi antitetici. La riflessione di Jane Gingrich parte proprio dall’idea che – al di là delle tradizionali preferenze dei partiti di sinistra e destra rispetto al welfare state – i governi europei hanno dovuto, nell’arco dell’ultimo trentennio, ricorrere al settore for-profit per fornitura dei servizi. Ci sono però diversi gradi di apertura al mercato, caratterizzati da numerose combinazioni di pubblico e privato. I governi di sinistra ricorrono al mercato – mantenendo tuttavia una forte supervisione pubblica – per rinnovare la fiducia dei cittadini nel welfare attraverso il miglioramento dell’offerta, mentre le amministrazioni di destra cedono la fornitura di servizi ai privati per ridurre i costi sociali di uno Stato che vogliono più “leggero”.

L’autrice, attualmente ricercatrice presso il Dipartimento di Scienza Politica dell’Università del Minnesota, ha infatti analizzato tre aree di policy – sanità, istruzione e assistenza agli anziani – in altrettanti paesi europei. Regno Unito, Svezia e Paesi Bassi sono i casi studio selezionati per “disegnare” una tipologia costituita da sei diversi modelli di mercato. Ognuno di questi è caratterizzato da diverse combinazioni di “controllo” – inteso come l’influenza di ciascuno degli attori coinvolti nella gestione dei servizi – e allocazione dei costi tra Stato e individui.
Come mostra la figura 1, la tipologia nasce dall’incrocio di due dimensioni: la prima fa riferimento alla distribuzione del potere di governance del sistema tra Stato, utilizzatori, e aziende fornitrici dei servizi, mentre la seconda distingue i modelli a seconda di chi – tra Stato e singoli cittadini – è chiamato a farsi carico dei costi dei servizi. I modelli contraddistinti da spesa sociale a carico dello Stato sono: il Managed Market, generato appunto dall’incontro tra finanziamento pubblico e controllo pubblico su funzionamento e qualità dell’offerta; il Consumer-Controlled Market, che abbina invece finanziamento pubblico e possibilità per i beneficiari di scegliere i servizi; e infine il Pork Barrel Market, che consente ai privati di approfittare di contratti lucrativi senza supervisione pubblica ma a spese dello Stato. La seconda riga della figura 1 presenta invece i tre modelli accomunati dallo spostamento dei costi dallo Stato ai cittadini, attraverso ad esempio sistemi di compartecipazione alla spesa. Si tratta dell’Austerity Market, che prevede un forte controllo statale sul servizio, e del Two Tiered Market, in cui la libertà di scelta degli utilizzatori è fortemente influenzata dai costi che possono sostenere, così da creare una sorta di “doppio binario” caratterizzato da diversi livelli di qualità. Infine abbiamo il Private Power Market, che coniuga assenza di regolazione da parte dello Stato, possibilità per i fornitori di stabilire le regole del mercato, e costi sostenuti dai singoli cittadini.

Fig 1. I diversi tipi di mercato

                        Production dimension:who has effective control?
Allocation Dimension: Responsibility for Access State: "Efficiency aims"
Users: "Quality aims"
Producers: "Profits and rents
Collective
Managed Market Consumer Controlled Market Pork Barrel Market
Individual
Austerity Market Two Tiered Market Private Power Market

Fonte: Jane Gingrich, Making Markets in the Welfare State, CUP 2011, p. 12.

Un ulteriore passo avanti all’interno della ricerca della Gingrich riguarda poi le preferenze politiche di destra e sinistra nei confronti di ognuno dei tipi. L’autrice assegna ai governi di destra – tradizionalmente più liberali e “pro-mercato”, nonché favorevoli a uno stato sociale più “snello”– tutti i modelli caratterizzati dal finanziamento dei servizi a carico dei cittadini, indipendentemente dalla collocazione rispetto alla dimensione del controllo (Austerity Market, Two Tiered Market, Private Power Market). Inoltre, l’analisi riconduce alle preferenze dei governi di destra anche il così detto Pork Barrel Market, modello generato dall’incrocio tra costi a carico del pubblico e potere decisionale esercitato dai fornitori privati. Un tipo di mercato che – come dimostra la Gingrich – finisce inevitabilmente per “scivolare” nel Private Power Market una volta che lo Stato non riesce più a coprirne i costi a causa dell’aumento della spesa sociale, ma anche della mancanza di un controllo pubblico sulla gestione finanziaria del sistema. Le amministrazioni di sinistra sembrano invece propendere – come prima scelta – per l’introduzione di Managed Market e Consumer Controlled Market, entrambi caratterizzati da costi a carico dello Stato, ma con diverse combinazioni di potere decisionale esercitato dal pubblico e dagli utilizzatori.

L’analisi empirica dei tre casi nazionali mostra tuttavia l’esistenza di numerose “strategie miste” non direttamente riconducibili a un modello ideale, e soprattutto evidenzia come lo status quo preesistente – vale a dire il modello di mercato che l’amministrazione entrante “eredita” dalla precedente – costituisca un enorme vincolo al passaggio verso un nuovo modello. Proprio per questo motivo, ad esempio, il governo di centro-sinistra guidato da Tony Blair – eletto in Gran Bretagna nel 1997 dopo quasi un ventennio di governo dei conservatori inglesi – non è riuscito nel campo dell’assistenza agli anziani a passare da un Private Power Market a un Managed Market, poiché costretto da vincoli di bilancio e dinamiche politiche ad “accontentarsi” di un Austerity Market. Nel campo dell’educazione, il partito laburista di Blair è riuscito invece a istituire un modello di Managed Market, partendo però da una situazione preesistente di Two Tiered Market. La precedente amministrazione conservatrice di Margaret Thatcher non era infatti riuscita a smantellare completamente il sistema scolastico di stampo universalistico istituito in Gran Bretagna con l’Education Act del 1944. Il punto di partenza, insomma, influenza le possibilità di cambiamento dei governi di qualsiasi colore, in una logica che possiamo definire di path-dependency.

Il libro di Jane Gingrich analizza un tema di grande attualità di fronte alla ormai perdurante “crisi del welfare”, e fornisce nuovi e interessanti spunti al dibattito accademico. Invita infatti politici e studiosi a superare le posizioni ideologiche pro-e-contro l’apertura dei servizi socio-assistenziali e sanitari alle logiche di mercato, per valutarne di volta in volta obiettivi ed effetti. L’assunto dell’autrice circa le preferenze dei partiti – benché largamente in linea con la letteratura esistente – meriterebbe ulteriore approfondimento, così come del resto i casi di studio potrebbero in futuro essere ampliati al fine di ricostruire più nel dettaglio le dinamiche di interazione tra attori sociali ed economici, pubblici e privati. Infine, il framework teorico elaborato potrebbe costituire un punto di partenza per intraprendere una valutazione puntuale delle politiche di liberalizzazione dei servizi di welfare, con rinnovata attenzione ai risultati dell’interazione tra scelte di policy e ruolo delle istituzioni.

 

Riferimenti

Gingrich, J.R., 2011, Making Markets in the Welfare State: The Politics of Varying Market Reforms, Cambridge University Press, Cambridge, UK.

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