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Alla luce del recente articolo con cui Maurizio Ferrera propone un "Cinque per mille per il lavoro ai giovani", volentieri riproponiamo questo articolo di Roberto Rossini, docente di sociologia e Presidente nazionale Acli, che offre alcuni spunti che vanno nella medesima direzione.

Il M5S propone più democrazia diretta. E forse, in una fase di crisi dei partiti, delle élite e dei corpi intermedi, non è un’idea sbagliata. Bisogna capire come, ma bisogna anche immaginare che la politica – vista dalla parte del suo lato più elettorale – non sia l’unico spazio possibile.

Potrebbero essercene altri, altri strumenti per rappresentare gli interessi dei cittadini. In questi tempi di bilancio (una volta si diceva legge finanziaria, poi di stabilità, ora di bilancio), un’idea ci potrebbe anche stare. Lo Stato potrebbe concederci l’opportunità di scegliere come spendere i soldi dello Stato, ovvero dove destinare il prelievo fiscale. Basterebbe che nel modello 730 ci fosse – tra i tanti riquadri – uno dove poter scegliere tra una serie di macro-categorie.

Per dire, a mero titolo di esempio: contrasto alla povertà, istruzione, sanità, difesa dell’ambiente, difesa militare, pari opportunità, miglioramento anti-sismico, infrastrutture, ricerca scientifica e quant’altro. Già il modello 730 prevede forme simili, perché di fatto il 5×1000 (al terzo settore) o il 2×1000 (alle associazioni culturali) o l’8×1000 (alle chiese) sono forme di destinazione specifica del prelievo fiscale: ma sono forme destinate esplicitamente a soggetti.

Qui il soggetto unico sarebbe comunque lo Stato, che però sarebbe vincolato a scegliere alcuni capitoli di spesa piuttosto che altri, anche tenendo conto della flessibilità che la cronaca ci obbliga ad avere, di ciò che sta accadendo, dei fatti che si manifestano. Certo, non possiamo pretendere che tutto il prelievo possa essere gestito così, però basterebbe un segnale, un percentuale: il 5%? il 10%? Una quota, insomma.

Se una misura di questo tipo fosse introdotta, potremmo calcolare almeno due vantaggi politici. Il primo sarebbe dare effettiva rappresentanza ai cittadini, con una scelta diretta, con un coinvolgimento partecipativo non banale, fondato sulla tutela di interessi comuni e non particolari (a volte le campagne del 5×1000 ricordano un po’ troppo quelle politiche, come una lotta interna tra organizzazioni del bene). Il secondo è testare ogni anno le priorità avvertite, facilitando il raccordo tra la politica e la base della politica: si dice sempre che la distanza è eccessiva, e qui ci sarebbe lo spazio per ridurla.

La politica ha bisogno di riacquistare credibilità. Una maggiore trasparenza genera credibilità. La trasparenza dei conti, delle spese comuni, è anche un diritto sacrosanto. L’amico Leonardo Becchetti – economista di chiara fama e di creatività sociale – ci invita sempre a votare col portafoglio, scegliendo i prodotti etici e boicottando quelli che fanno male al bene comune. Qui invitiamo a votare col 730.

In sintesi: la consapevolezza di una cittadinanza si acquista esercitando i propri diritti e le giuste azioni: votare alle elezioni, col portafoglio e col 730, sarebbero tre passi avanti per esprimere una volontà non solo su Facebook o Twitter.

Questo articolo è stato pubblicato sull’Huffington Post il 23 novembre 2016 ed è stato qui riprodotto previo consenso dell’autore