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Con un export che nel 2015 ha toccato i 5.8 miliardi di euro, l’Emilia Romagna si posiziona tre le regioni leader in Europa nel settore agroalimentare. Nell’ambito del progetto di ricerca Parma Social Food, e in occasione di Origo Geographical Indications Global Forum 2017 svoltosi a Parma dall’11 al 13 aprile, abbiamo chiesto a Simona Caselli, Assessore regionale all’agricoltura, caccia e pesca, di raccontarci cosa fa – e cosa potrebbe fare – la Regione per affrontare i problemi della povertà e dello spreco alimentare, dando al patrimonio agroalimentare regionale anche una prospettiva sociale. 


Il suo assessorato è impegnato in iniziative contro lo spreco e la povertà alimentare? Quali sono i progetti futuri, le priorità su questo fronte?

L’assessorato ha in corso un’iniziativa di recupero dal mercato delle eccedenze ortofrutticole nell’ambito dell’Organizzazione Comune di Mercato, con finanziamento comunitario. All’iniziativa partecipano la quasi totalità delle organizzazioni dei produttori, una trentina, e produttori agricoli associati in tutto il territorio nazionale. A titolo di esempio, sul territorio parmense il prodotto viene distribuito agli indigenti attraverso l’impegno del Banco Alimentare, che nel 2016 ha ricevuto 177,9 tonnellate di prodotti (tabella 1). 

L’assessorato presiede a questa attività dettando norme, assicurando i controlli e provvedendo al trasferimento delle risorse alle organizzazioni produttori. Per promuovere e gestire tale sistema è stato attivato un portale ove sono reperibili tutte le informazioni per chi volesse approfondire il tema oltre alla rendicontazione delle operazioni svolte negli ultimi anni. Siamo impegnati a consolidare e migliorare questo strumento rendendolo fin d’ora disponibile ad un uso più ampio di quello attualmente riservato all’ortofrutta.

Come Regione siamo inoltre presenti al tavolo nazionale delle povertà istituito con la legge 166 del 19 agosto 2016, “Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione agli sprechi”. Fra gli obiettivi principali di questa legge l’incremento, il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari, con destinazione prioritaria all’assistenza agli indigenti, in particolare per quanto attiene il settore agroalimentare ci vede direttamente interessati.

In quella ed in altre sedi siamo impegnati a contribuire allo sviluppo di un sistema integrato di supporto ai più bisognosi, ai quali in particolare è rivolta la legge per il contrasto alla povertà recentemente approvata dal nostro consiglio regionale.


Tabella 1. Prodotto consegnato al Banco Alimentare Emilia Romagna – Parma

 
Le cause dello spreco: quali sono, a suo parere, le cause maggiori di spreco alimentare? Quali prodotti vengono maggiormente sprecati e in quale fase del ciclo di produzione/vendita?

Le cause dello spreco sono molteplici e pur operando in una realtà già di per sé molto attenta come quella emiliano romagnola – non casualmente sede di una delle più forti realtà di trasformazione della materia prima agricola in prodotti di eccellenza conosciuti in tutto il mondo – sicuramente molto resta da fare. L’educazione alimentare, la promozione della qualità anche in presenza di eventuali contenimenti quantitativi nei consumi, una maggiore attenzione anche nella gestione quotidiana dei beni alimentari, visti non solo come strumento per sfamare un consumatore sempre più attento agli effetti salutistici degli alimenti, sono percorsi avviati che certamente andranno seguiti ancor più nel futuro.

Dobbiamo ridare “valore al cibo”, dare “valore alle relazioni umane” che a questo sottendono attraverso un corretto utilizzo di tutti i beni, non solo di quelli alimentari, per affrontare un futuro che si presenta ricco di incognite e di sfide epocali.

Identificare i singoli prodotti “maggiormente sprecati” non è facile anche se certamente la maggior parte la troviamo nel settore dei prodotti freschi (frutta, verdura ma anche latte e latticini a vita breve) e purtroppo anche fra il pane, che alcuni processi industriali rendono spesso deperibile in tempi brevi.


Parliamo di soluzioni: il contrasto allo spreco alimentare può essere affrontato in un’ottica ambientale (principalmente come efficientamento dei modelli di produzione e conseguente riduzione dei rifiuti) o sociale (le eccedenze alimentari vengono rimesse in circolo, attraverso i mercati secondari o donati agli indigenti, diventano quindi da spreco a risorsa). Su quale di queste due prospettive vi state concentrando? Pensa vi sia modo per agire in entrambe le direzioni?

Come detto sopra siamo particolarmente impegnati per la seconda via, il che ovviamente non significa che la prima non venga nei fatti perseguita con particolare riferimento a tutto il sistema agroindustriale dal pomodoro al latte, dai cereali alle carni lavorate.

Sulla seconda via riteniamo della massima importanza la comunicazione e l’integrazione in ambito locale fra le diverse realtà economiche e associative. In termini assoluti la nostra regione dispone di una notevole capacità di stoccaggio e conservazione dei prodotti agroalimentari. Purtroppo spesso a questa ampia capacità e professionalità dei tecnici addetti non corrisponde una messa in rete tale da evitare crisi fra domanda ed offerta e gli stessi attori del sistema a volte hanno carenza di strumenti per affrontare tali emergenze.

E’ auspicabile la diffusione di buone prassi sia a livello nazionale che in ambito locale, per garantire conoscenza, rapidità, trasparenza e rispetto delle norme a tutto il sistema e garantire, oltre alla valorizzazione a fini sociali di un prodotto di qualità altrimenti destinato alla distruzione, l’effettivo incontro con le reali “povertà” del nostro paese.

 

Quali strumenti secondo lei sono più efficaci per contenere gli sprechi e rimettere in circolo le eccedenze? (mercati secondari, donazione alle onlus, last minute market, ecc.)

Molte e lodevoli iniziative sono state intraprese a diversi livelli ed anche la nuova legge sul terzo settore va nella giusta direzione di aiutare quelle forme associative che possono fungere da collante fra le politiche sociali e la loro reale applicazione presso gli indigenti, i veri fruitori di quelle politiche. Non abbiamo in mente uno strumento né un modello in particolare ma una rete che metta in comunicazione il maggior numero possibile di operatori sia pubblici che privati che operano sul territorio, dotandoli di strumenti validi, di procedure certe e di controlli il meno burocratici possibili ma contemporaneamente utili ad evitare ogni abuso che, in questo settore, sarebbe intollerabile.

La nostra Regione è impegnata in ogni sua attività specifica – da quella sanitaria a quella sociale, da quella produttiva ed agricola a quella ambientale – a favorire uno sviluppo sostenibile con particolare attenzione ai diritti di tutti i cittadini ed ai loro bisogni combattendo ogni forma di spreco e promuovendo tutte le forme possibili di solidarietà fra le diverse realtà locali.


Il video dell’intervista all’Assessore Simona Caselli