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Pasto gratuito per oltre un milione di studenti delle scuole pubbliche newyorkesi. Così la città prova a garantire equità tra i suoi studenti e arginare gli episodi di “lunch shaming”. Vi raccontiamo in che cosa consiste e come gli Stati Uniti stanno affrontando i problemi legati alle mense scolastiche, in particolare ai debiti contratti dalle famiglie verso le scuole. Un tema spesso dibattuto anche nel nostro Paese.


Free School Lunch

Oltre un milione di studenti delle scuole pubbliche newyorkesi potranno accedere a pasti gratuiti grazie a un progetto che punta a contrastare il fenomeno della povertà alimentare tra bambini e adolescenti. Si tratta di un ulteriore passo avanti voluto dalla città di New York per contrastare un problema serio: poiché il sistema scolastico statunitense è caratterizzato da un’alta presenza di istituti privati costosi, molto spesso nelle scuole pubbliche, e specialmente nelle grandi città, si concentrano studenti appartenenti a famiglie a basso reddito che spesso non riescono ad accedere a una corretta alimentazione.

Lo dimostra il fatto che già oggi a New York circa il 75% degli studenti delle scuole pubbliche sono titolati ad accedere a pasti gratuiti o a prezzo ridotto presso gli istituti. Grazie a questa politica quindi altri 200.000 studenti dovrebbero accedere al pasto gratuito, consentendo alle famiglie di risparmiare circa 300 dollari l’anno. "Free school lunch non solo assicurerà a ogni studente energia adeguata ad affrontare una giornata scolastica, ma è anche un passo in avanti verso il nostro obiettivo di offrire un’istruzione eccellente ed equa a tutti i nostri studenti” ha spiegato il sindaco Bill de Blasio. La città ha infatti già avviato una serie di iniziative a sostegno dell’educazione alimentare e al diritto al cibo, tra cui il Summer Meals Program, che offre colazioni e pranzi gratuiti ai bambini e ragazzi minori di 18 anni, i NY Thursdays, che ogni giovedì forniscono alle scuole cibo prodotto localmente, e la progressiva sostituzione dei contenitori di polistirolo con contenitori biodegradabili.

Il programma non dovrebbe comportare costi per la città, dicono dal Comune. Lo Stato di New York ha infatti messo a punto un sistema di rilevazione che, incrociando i dati di coloro che già usufruiscono di programmi di assistenza pubblica, come Madicaid, riesce facilmente a individuare le famiglie a basso reddito potenzialmente beneficiarie del Community Eligibility Provision, programma federale che offre la possibilità per quelle scuole collocate in aree povere di distribuire pasti gratuiti a tutti gli studenti senza che questi presentino un’apposita richiesta (superando così eventuali problemi di non take up). Le scuole che adottano il CEP vengono infatti rimborsate sulla base di una percentuale calcolata prendendo come riferimento coloro che accedono ad altri programmi means-tested, come il Supplemental Nutrition Assistance Program (SNAP) e il Temporary Assistance for Needy Families (TANF). In questo modo, dunque, la città non solo non spenderà di più ma anzi otterrà una somma consistente di rimborsi dal governo federale con cui finanziare la nuova policy.


Il lunch shaming

La misura è stata a lungo richiesta da rappresentanti e membri del Consiglio della Città di New York, i quali avevano riportato fenomeni di lunch shaming, che consiste di fatto nel “fare vergognare” gli “studenti insolventi” inducendo così i genitori a saldare i propri debiti. In che modo? Ad esempio ritirando loro il pranzo prima che possa essere consumato – a volte gettandolo direttamente nella spazzatura, con buona pace del contrasto allo spreco alimentare – oppure fornendo un pasto meno appetibile o comunque differente – e pertanto riconoscibile – rispetto a quello degli “studenti solventi”: di solito un cartone di latte, un panino e un frutto o una verdura. Il Dipartimento Federale dell’Agricoltura, riporta che le “pene” sono generalmente più severe per gli studenti più grandi che frequentano le middle e le high school, mentre secondo un altro rapporto del Dipartimento del 2014 si tratta di una pratica in espansione ed impiegata da quasi la metà dei distretti scolastici. Se nel 38% dei casi le scuole si limitano a sostituire il pasto con uno più economico, quasi il 2% nega qualsiasi tipo di pasto.


Gli interventi pubblici

Le scuole che aderiscono ai programmi federali National School Lunch e School Breakfast sono già state esortate a prevedere strumenti con cui affrontare il problema dei pasti non pagati. In seguito all’Healthy, Hunger-Free Kids Act del 2010 il Departement of Agriculture ha inoltre emanato una serie di linee guida per gli istituti, ma gli Stati – e anche i livelli locali – mantengono un ampio margine di autonomia sulla materia. Alcuni Stati, ma solo una minoranza, hanno già attivato dei progetti per contrastare il fenomeno. In marzo, il New Mexico ha ad esempio approvato una legge (Hunger-Free Students’ Bill of Rights) che obbliga gli istituti scolastici a servire il regolare pasto agli “studenti insolventi” senza stigmatizzarli, indicando inoltre una serie di procedure con cui collaborare con i genitori al fine di procedere al saldo delle spese – ad esempio verificando se possono accedere a contributi pubblici. Provvedimenti sono stati presi anche da alcuni distretti scolastici: ad esempio, lo Houston Independent School District ha stabilito che anche ai “bambini insolventi” siano serviti pasti caldi. Alcune città, tra cui Chicago e Detroit, offrono invece pasti gratuiti agli studenti che rientrano nel citato Community Eligibility Provision. La maggior parte delle scuole staunitensi tuttavia non rientra nel programma, e solo la metà di quelle che vi potrebbero rientrare vi fanno effettivamente ricorso.


Le iniziative scolastiche e delle comunità

I pasti non pagati costituiscono un costo pesante per i bilanci scolastici. Nel 2016, la School Nutrition Association ha analizzato quasi 1.000 school lunch programs, scoprendo che quasi il 75% dei distretti aveva problemi di insolvenza. Per ovviare a questo problema, istituti scolastici, docenti, ed ex studenti hanno iniziato a chiedere aiuto alle comunità, promuovendo donazioni private o ricorrendo a campagne di fundraising. Ad esempio, la piattaforma GoFundMe, ha all’attivo circa 30 campagne per raccogliere fondi con cui pagare i pasti degli studenti. In Virginia, attraverso la piattaforma YouCaring sono già stati raccolti oltre 6.500 dollari per le scuole con studenti in povertà. Molti istituti scolastici hanno inoltre messo a punto alcune regole per evitare metodi stigmatizzanti per gli studenti e per assistere i genitori nelle pratiche di richiesta di sostegno pubblico. Iniziative interessanti, sostengono in molti, ma che dovrebbero costituire l’ultima spiaggia.


Implicazioni su equità e diritto al cibo

Quello dei pasti scolastici è un tema molto dibattuto, non solo negli Usa. Esso costituisce infatti uno di quei casi in cui pur dovendo trovare sistemi con cui arginare fenomeni di free-riding e garantire la sostenibilità dei servizi, vi sono in gioco implicazioni molto importanti sull’equità e la coesione sociale. Meccanismi di stigmatizzazione e discriminazione “degli studenti insolventi” ne minano sin dalla giovane età le opportunità di inclusione sociale – età nella quale peraltro non possono in alcun modo essere considerati responsabili della propria condizione economica. La questione è connessa inoltre al diritto allo studio, all’educazione alimentare e al diritto al cibo, tanto più in un Paese come gli Stati Uniti, dove sono proprio i cittadini più poveri i maggiori consumatori di junk food, prima causa di obesità e gravi problemi cardio-circolatori. Privare un bambino di un pranzo, o sostituire il suo pranzo cucinato con un panino, oltre che a essere discriminante contribuisce ad aggravare già dall’infanzia tali disturbi, vanificando ogni sforzo di prevenzione e educazione alimentare. Un fenomeno grave soprattutto quando avviene in una scuola, luogo della formazione ed educazione.