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Mentre in Parlamento continua l’iter del DDL Povertà (Disegno di legge delega in materia di contrasto alla povertà), fio.PSD (Federazione Italiana degli Organismi per le Persone Senza Dimora) – membro fondatore di Alleanza contro la povertà – porta avanti la sua istanza di cambiamento e riforma del testo avanzando due obiettivi specifici: introdurre il tema della povertà estrema nel dibattito sul reddito minimo; proporre una via inclusiva a un sostegno economico (reddito di base) per le persone senza dimora.


La proposta di fio.PSD

Attraverso un Position paper “correttivo” alla proposta di reddito di inclusione sociale (SIA prima e REI dopo), di cui si riporta qui un estratto, la Federazione che rappresenta oltre 120 organizzazioni in Italia che lavorano direttamente con le persone più fragili, più escluse, più isolate (50 mila 724 dall’ultima rilevazione Istat-fio.PSD), si candida ad essere una voce univoca. Queste persone, che nel 70 per cento dei casi avevano una famiglia, un lavoro e una casa, hanno bisogno di un segnale forte di fiducia e crescita che le sostenga in un percorso di recupero non fatto solo di ostelli, rifugi o mense per poveri.

La popolazione dei senza dimora è fatta di persone con alle spalle anni di vita in strada, è fatta di persone con disturbi mentali o dipendenze gravi ma è fatta sempre di più anche di madri o padri soli che hanno vissuto una rottura affettivo-familiare, di persone occupate che hanno perso l’ennesimo lavoro e di famiglie sfrattate che vivono in auto per non essere costrette a separarsi all’interno dei servizi di accoglienza. La popolazione dei senza dimora, che nell’immaginario collettivo è il barbone, il clochard o il vagabondo, è solo la “punta di un iceberg” di un disagio sociale ben più ampio e profondo che intreccia dimensioni e settori diversi del vivere quotidiano.

Sarebbe bene iniziare a ragionare in questi termini quando leggiamo che la povertà aumenta e soprattutto quando scopriamo che, secondo i dati Eu-SILC 2015, l’Italia ha il maggior numero di persone, rispetto ad altri paesi europei, a rischio povertà o esclusione sociale. Questo vuol dire che ogni giorno una persona su quattro rischia di scivolare in condizioni di povertà andandosi a unire ai 4 milioni di poveri “assoluti” o ai 50 mila poveri “estremi”. Allora viene spontaneo domandarsi, quale povertà è “meritevole” di un assegno mensile e di un progetto personalizzato e quale no? Vogliamo davvero alimentare queste logiche?

Superare le barriere concettuali e le classifiche categoriali utilizzate dalle statistiche ufficiali, e di conseguenza anche da noi che ci occupiamo a vario titolo di povertà, potrebbe essere un esercizio propedeutico ad un passaggio culturale riformista e progressista che mette la persona al centro e vede la povertà come fenomeno complesso con derivazioni specifiche ma sempre caratterizzata da una stesso meccanismo: la mancanza di, l’esclusione da, la carenza di. Fio.PSD vuole essere un pensiero laterale basato su una logica di diritti umani, accesso inclusivo ai beni comuni, sostegno economico equo e progressivo per le persone più fragili, abbracciando una visione etica di giustizia sociale ed economica.

La logica categoriale, che domina anche il DDL quando si esplicita che la misura è pensata per il contrasto alla povertà assoluta, allontana la prospettiva dell’applicazione dei diritti di cittadinanza o di un reddito di base finanziato dalla collettività attraverso le imposte e liberamente fruibile dai cittadini. Inoltre mantenendo l’impianto requisiti-diritti-benefici-obblighi, come di fatto è nel DDL, le persone senza dimora che spesso dopo anni di strada hanno perso i diritti civili e i contatti con le istituzioni, divengono di fatto invisibili sperimentando sempre maggiori difficoltà di venire a conoscenza o avere la capacità di beneficiare delle diverse risorse che spetterebbero anche a loro.

Alla luce delle proposte o di alcune già esistenti misure di sostegno al reddito in Italia in forma più o meno sperimentale (vedi regione Puglia e Reddito di dignità; regione Lombardia e Reddito di autonomia e Inclusione; Comune di Livorno e Reddito di cittadinanza; Regione Emilia Romagna e Reddito di solidarietà; Regione Campania e Reddito di cittadinanza), così come la stessa proposta del Governo (SIA-futuro REI in discussione al Senato) o ancora del Movimento 5 Stelle, di SEL, di BIN Italia, di Alleanza contro la Povertà (REIS), sono misure dichiaratamente finalizzate al contrasto della povertà assoluta ovvero puntano ad offrire un sostegno–compensazione a famiglie e nuclei indigenti che vivono al di sotto della soglia di povertà così come definita e misurata da Istat.

Di fatto queste misure, sebbene enuncino anche per la grave marginalità una garanzia al diritto e un possibile accesso alla misura, pongono di fatto criteri di accesso più o meno stringenti (residenza, prova dei mezzi, condizionalità, etc) che perpetuano un meccanismo discrezionale, selettivo e categoriale e un processo di esclusione sociale proprio dei più fragili. La questione quindi non è far valere alcuni requisiti piuttosto che altri. La questione centrale è privilegiare una logica che sia più inclusiva ed equa possibile per tutti.


Le azioni da intraprendere

Riconoscendo i meriti di ciascuna proposta e i grandi passi fatti in avanti dal governo centrale rispetto al tema, Fio.PSD propone una via inclusiva al reddito di base per le persone senza dimora attraverso una serie di azioni:

  • far dialogare tutte le attuali proposte con le raccomandazioni contenute nelle Linee di indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione adulta in Italia del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (elaborate proprio in collaborazione con fio.PSD), sottoscritte nel novembre 2015 in Conferenza Unificata Stato Regioni e presentate dal Ministro Poletti il 10 dicembre 2015.
  • migliorare il livello di conoscenza del fenomeno homelessness e prevedere opportuni aggiustamenti alle proposte oggi sul tavolo
  • utilizzare le specificità di cui sono portatori i diversi gruppi di persone in povertà per livellare i cosiddetti criteri di accesso quali la residenza, il reddito e il vincolo dell’attivazione
  • riconoscere che il disagio abitativo rappresenta un bisogno indifferibile e urgente; tale da compromettere, se non soddisfatto, la sopravvivenza della persona secondo standard di dignità minimi
  •  umanizzare i servizi che si occupano delle “questioni amministrative” e favorire la contaminazione dei linguaggi tra settori di intervento diversi attraverso sportelli polifunzionali o itineranti
  • investire le risorse che vengono adesso spese per il controllo della prova dei mezzi, in azioni preventive, di protezione e di coesione sociale

A titolo esemplificativo, possiamo dire che un terzo delle persone senza dimora, anche se italiane, non è iscritto in anagrafe ma ha una residenza fittizia presso i servizi sociali della zona in cui vive o, nel migliore dei casi, è stato inserito in un progetto Housing First che prevede l’inserimento in una casa e, quindi, il riconoscimento via via di tutta una serie di diritti. Molte persone senza dimora lavorano saltuariamente guadagnando circa 300 euro al mese ma si tratta evidentemente di un reddito figurativo. Possono, la residenza fittizia o l’essere seguiti dai servizi sociali, così come la disponibilità di un reddito da lavoro e lavoretti, rientrare tra i livelli minimi di accesso ad una misura di reddito?


I limiti dell’availability for work

L’availability for work è uno dei criteri più diffusi per l’accessibilità alle misure di ultima istanza e considerato volano della progettazione personalizzata: questo dato, di fatto, attribuisce alle misure di ultima istanza una spiccata dimensione “lavoristica”. Molte persone in povertà estrema hanno svantaggi che influenzano pesantemente la loro occupabilità (come problemi fisici o di salute mentale, bassi livelli di formazione e la mancanza di un alloggio sicuro e stabile). Più che promuovere percorsi lavorativi ad ogni costo, è possibile allora immaginare percorsi di attivazione anche in ambiti diversi da quelli del lavoro in senso stretto? (per esempio: nei servizi di comunità, comunicazione, advocacy, animazione sociale, mediazione di strada, ricerca sociale, ecc). Questi ed altri esempi vogliono mettere in luce le difficoltà che incontra non solo la persona che ne è protagonista, ma anche chi lavora per e con la grave marginalità. La fatica di noi operatori di far comprendere alla sfera politica e alla collettività le specificità del fenomeno e la necessità di agire con azioni di sistema. Non è più tempo di voltarsi dall’altra parte per non incrociare i mille volti di chi vive disagio e sofferenza.

In occasione del ricorrere della annuale notte dei senza dimora e alla vigilia dell’ “all’allestimento dei prossimi piani freddo”, serve un segnale forte e concreto che restituisca dignità e speranza a chi è ultimo ma non per sua volontà. 

Il presente articolo riprende alcuni dei contenuti riportati nel Position Paper di fio.PSD “Persone Senza Dimora e sostegno economico. La strada per includere” scritto con la collaborazione di Caterina Cortese e Alberto Farneti. La versione integrale sarà presto disponibile sul sito di fio.PSD