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Poche settimane fa la Fondazione L’Albero della Vita ha organizzato la Conferenza "Italia: poveri bambini", una giornata di confronto e discussione sul tema della povertà minorile nel nostro Paese. Dopo aver sintetizzato in un precedente articolo i lavori svolti nel corso della mattinata, di seguito proponiamo i contributi apportati nel corso delle due sessioni pomeridiane. 

Attori del secondo welfare e lotta contro la povertà

La prima sessione del pomeriggio si è focalizzata su tre attori del secondo welfare e sul contributo che essi possono dare alla lotta alle povertà e nella promozione di benessere per l’infanzia e la famiglia. "Il senso di questa sessione" ha affermato Ivano Abbruzzi, presidente di Fondazione L’Albero della Vita, che ha moderato la sessione "è di allargare il tema della povertà a più soggetti, a più logiche, a più mondi con un’integrazione non solo concettuale bensì con un orientamento verso una loro messa a sistema".

Il primo intervento è stato quello di Chiara Agostini (le slide sono disponibili qui), ricercatrice del laboratorio Percorsi di Secondo Welfare, che ha richiamato prima di tutto il concetto di secondo welfare, al fine di spiegare i cambiamenti in atto che riguardano il sempre più ampio coinvolgimento del Terzo Settore nella gestione di problemi collettivi, come la lotta alla povertà e in particolare la lotta alla povertà minorile.

Come sottolineato dal Terzo rapporto sul secondo welfare in Italia, infatti, l’introduzione di misure mai sperimentate prima in Italia con la concertazione del pubblico e del terzo settore, come il REI, ha fatto emergere cambiamenti nell’arena delle policy con l’ingresso di nuovi attori. La ricerca illustrata dalla Agostini, per questo, sottolinea: da un lato il ruolo dell’Alleanza contro la Povertà nella definizione del percorso che ha condotto al Reddito di Inclusione, in particolare il suo coinvolgimento nel processo decisionale, riconosciuto con la firma del memorandum di intesa tra Governo e Alleanza, ma anche il lavoro di valutazione sul SIA, importante soprattutto nel suo contributo a chiarire la situazione territoriale all’ingresso del REI e l’ampliamento della platea del provvedimento; dall’altro il ruolo delle fondazioni di origine bancaria e di Save the Children nella costituzione del Fondo contro la Povertà Educativa e nell’impegno ad affrontare un tipo specifico di povertà che tocca i minori.

Il Fondo contro la Povertà Educativa rappresenta un caso particolarmente interessante di collaborazione tra attori del terzo settore e pubblico, per via della partecipazione allo stesso tavolo delle fondazioni di origine bancaria, di una ONG e del Governo. E sebbene per la lotta alla povertà minorile la strada sia ancora lunga (il REI infatti non è direttamente rivolto ai minori, e il Fondo potrebbe vedere nel futuro il coinvolgimento di altre risorse oltre a quelle delle fondazioni bancarie), i cambiamenti in atto fanno pensare a un ruolo del secondo welfare nel tempo sempre più forte e necessario.

Il secondo intervento di questa sessione è stato quello di Monica Rivelli (le cui slide sono disponibili qui), Responsabile Sviluppo Progetti della Fondazione per l’Educazione Finanziaria e il Rispamio, che ha portato l’accento su un altro aspetto della povertà che coinvolge in maniera diretta e indiretta i minori. Infatti sebbene l’immaginario collettivo spesso riconduca a una visione astratta e complicata della finanza e della sua utilità, Monica Rivelli ha sottolineato come l’apprendimento di pratiche di gestione delle risorse finanziarie da parte delle famiglie potrebbe aiutare a valorizzare i capitali a disposizione, trasmettendo nello stesso tempo ai minori la capacità di immaginare e progettare un futuro.

“Noi parliamo di alfabetizzazione economica in termini culturali”, sottolinea la Rivelli, indicando come anche a livello istituzionale sono in atto piccoli passi in questa direzione: le competenze economiche sono state introdotte nella legge 107, il MIUR siede a un tavolo nazionale di coordinamento su economia e legalità, e all’interno del Decreto Salva Risparmio è prevista la strategia nazionale di educazione finanziaria, con cui si vogliono rafforzare soprattutto le fasce deboli, spesso meno consapevoli delle proprie risorse, o in difficoltà nell’attivarle o nel programmare i consumi. L’azione della Fondazione ha quindi rivolto una particolare attenzione alle donne – sottolineando come spesso la violenza economica e la privazione delle risorse economiche si accompagnino a forme di violenza fisica o psicologica, e al coinvolgimento delle scuole per raggiungere le famiglie e sensibilizzare a una cultura finanziaria soprattutto i bambini. A conclusione del suo intervento, Monica Rivelli ribadisce come le azioni portate avanti dalla Fondazione mettono in luce la necessità di fare rete per combattere la povertà nei suoi diversi aspetti, ma anche il necessario apporto di competenze diverse per affiancare i percorsi di rafforzamento e di autonomia delle fasce deboli.

Il concetto della rete viene poi ripreso da Carlo Delmenico, Direttore RSI, Relazioni Istituzionali e Progetto Benessere di Auchan, che illustra il ruolo che una grande impresa internazionale può assumere all’interno di politiche come la lotta alla povertà, attraverso il radicamento diffuso sui territori. Anche attraverso l’azione della sua Fondazione, Auchan, infatti, finanzia e collabora a progetti di altre organizzazioni, associazioni e soggetti del terzo settore sfruttando i singoli legami con i territori, e fungendo da cassa di risonanza di grandi questioni che toccano i cittadini nella veste di consumatori all’interno delle strutture commerciali. La collaborazione con il Banco Alimentare e con L’Albero della Vita rappresentano quindi esempi di impegno che si inseriscono all’interno delle strategie di Responsabilità Sociale d’Impresa, e sottolineano come una grande azienda, che ha sede in 17 paesi e che conta migliaia di contatti quotidiani tra lavoratori e clienti, possa utilizzare questa platea per trasmettere messaggi e realizzare progetti in grado di sensibilizzare i consumatori/cittadini e di intervenire su questioni tanto delicate quanto diffuse come la povertà e la povertà minorile, facendo leva sulla dimensione locale e sui legami che si sviluppano nei territori.


Come definire i bisogni di bambini e famiglie

Francesco Marsico, Responsabile Area Nazionale di Caritas Italiana, ha moderato la seconda sessione del pomeriggio dedicata a una migliore definizione del bisogno dei bambini e delle famiglie per poter meglio comprendere il metodo di aiuto necessario. Marsico ha incalzato ricordando dalla mattina la necessità di avere uno sguardo realistico sull’attuazione della misura REI, guardando alle criticità, alle difficoltà in ottica di superamento e non di affossamento. Ai relatori della sessione Marsico ha chiesto il loro punto di vista sull’applicazione del SIA e sulle prospettive di lavoro per la messa a regime del REI, con uno sguardo alla centralità dell’infanzia nella questione dell’attivazione delle famiglie.

Il primo intervento è stato di Liliana Leone, coordinatrice scientifica della Valutazione del SIA realizzata dalla Alleanza contro la Povertà e in particolare da alcuni suoi membri tra cui L’Albero della Vita. Sul lavoro di valutazione del SIA in generale si è già parlato qui. Ricordiamo che i quesiti di valutazione erano in un’ottica prospettica, centrati sui meccanismi di implementazione, in quanto la sfida più grande di avviare una misura del genere è proprio nel costruire il sistema complessivo di infrastrutturazione dei servizi.

Liliana Leone si è concentrata sulla questione dei minori (qui le sue slide del suo intervento). Riprendendo i dati di povertà Istat ed Eurostat, e i dati sui Neet riferisce degli ampi squilibri regionali e della necessità di percorsi di presa in carico che sono mirati sulla povertà minorile, in particolare nel sud dove c’è una carenza di reti di offerta, e mirati anche alla fascia dei Neet. È necessario mettere a regime le diverse misure per un intervento integrato; negli ambiti locali esistono per esempio settori e politiche abbastanza lontane ma per le stesse persone e famiglie, per esempio gli sgravi sulle mense, le rette sui nidi, è importante strutturare una comunicazione tra chi gestisce la misura e chi gestisce le altre risorse. Nei territori, le famiglie coincidono ma non le politiche, cioè ci sono settori e politiche abbastanza lontane che devono essere messe in collegamento.

Riguardo la spesa sociale sono evidenti gli squilibri regionali, ed è il contesto italiano da cui partire con il REI quando si parla di rafforzamento di servizi: dati aggiornati riferiscono di 15 euro pro capite di spesa sociale di due comuni campani come Atri e Atripalda, contro l’ambito Duino in Friuli, e Campione città più ricca d’Italia in Lombardia in un range tra i 490 e i 527 euro pro capite. La ricerca di valutazione inoltre evidenzia la difficoltà nella capacità di spesa che il sud avrà anche con il REI trovandosi i più alti contributi economici in quanto ospita metà della popolazione beneficiaria, e menziona un rallentamento della spesa, di non capacità di mettere a bando nei tempi giusti il rischio di perdere quei soldi di cui il sud e tutto il paese ha enorme bisogno.

Per quanto riguarda la presa in carico, anzitutto bisogna costruire la rete. Il 47% degli ambiti dichiara che non si è in grado di costruire un progetto personalizzato per carenza di servizi di rete. C’è un disallineamento temporale tra i tempi di avvio delle misure, che era necessario, e tempi di creazione e attivazione dei servizi, riferisce di due tre anni di rodaggio. La partecipazione dei minori a progetti personalizzati registra un terzo dei casi in cui è previsto anche un incontro con il minore. Tra gli attori rilevanti per l’infanzia il 40% di ambiti dice che ci sono le scuole che sono fondamentali come attori sia per la dispersione scolastica, sia perché inizia ad esserci una maggiore sensibilità sull’apertura pomeridiana anche nel sud Italia. Il sistema della IFP Istruzione Formazione Professionale sono attori che possono essere chiamati a contribuire per ridurre la dispersione scolastica. È un partner molto poco presente nei partenariati attuali del SIA, ma la IFP esiste anche nelle regioni del sud dove la formazione professionale è debole e sarebbe molto importante attivare partnership per affrontare il problema della dispersione scolastica che è fondamentale se si vuole uscire dalla trappola della povertà minorile.

Annunziata Bartolomei, Vicepresidente del Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali, affronta alcuni fattori di rischio per l’implementazione del SIA, ricordando che a una visione multifattoriale del disagio del bambino e della famiglia, deve corrispondere una risposta integrata e quando la deprivazione colpisce le fasi evolutive costruiamo una società più fragile, più debole. Dott.ssa Bartolomei ricorda che i principi del SIA o del REI possono essere esercitati se non si è in una condizione emergenziale nei servizi, ovvero con un giusto equilibrio tra le risorse professionali e le domande che arrivano e con la possibilità di accogliere in modo integrato.

La partecipazione della persona è importante, si può realizzare aspettando i tempi della persona e dando un significato diverso al patto o al progetto, che non è una condizione, quindi un vincolo, un requisito come se stessimo in un processo amministrativo burocratico […] Il comportamento che può favorire la crescita di un bambino e di un ragazzo e delle relazioni familiari che fanno il benessere del bambino è un comportamento che matura, non è un comportamento a comando o sotto condizione, non ha nulla a che fare con il percorso di empowerment questo tipo di meccanismo. Questo è un fattore di rischio”. Il rischio di cui si riferisce è che questo tipo di misura, nel caso non ci fosse la possibilità di un vero progetto di accompagnamento, torni ad essere un progetto di aiuto assistenzialistico.

Pierfrancesco Majorino, Assessore alle Politiche Sociali e Cultura della Salute del Comune di Milano. L’Assessore invita a riflettere sulla storia delle politiche sociali in questo paese. A partire da una fase creativa positiva nella seconda metà degli anni ‘90 con la legge 328 e la legge 285, quando nacque un pensiero politico e fu intrapresa una direzione di marcia innanzi tutto grazie all’esperienza di Livia Turco, ma anche grazie agli enti locali e alle diverse istituzioni, al Forum del terzo settore. A questa fase sono seguiti quindici anni di vuoto per efficacia di politiche e allocazione discontinua di risorse. Il SIA è arrivato nella fase di esplosione della crisi massima, nella quale c’era più bisogno di quella articolazione di progettualità, di servizi, di interventi che si era conosciuta prima. Gli strumenti di intervento devono nascere dalla relazione con il tema di principio – la centralità dei diritti dei bambini e dei ragazzi – e devono scommettere sull’attivazione positiva dei bambini e dei ragazzi nella comunità.

Riguardo al tema della progettazione individualizzata l’Assessore riferisce della necessità di una dimensione pattizia tra le istituzioni e i cittadini, cioè, di investire nella persona come risorsa proprio perché è questione di diritti e non di compassione, in questo senso è necessaria l’innovazione degli strumenti, il pieno riconoscimento della professione del sociale e l’irrobustimento dei servizi in un’ottica di costruzione di una dinamica di rete con tutte le esperienze sul territorio che vanno attivate nel nome di quel “lavoro di profondità qualitativa che è una condizione essenziale perché si vinca la scommessa della povertà minorile che richiede l’intervento sul piano degli strumenti di sostegno al reddito, ma richiede anche tanta capacità in una dimensione olistico-immateriale di costruzioni di legame, relazione, messaggio positivo ai nuclei familiari.” L’Assessore ricorda inoltre come il nucleo familiare viva un problema di povertà anche nel rapporto con lo Stato, con il contesto sociale, venendo meno quella dimensione di speranza nel presente e nel futuro che è parte dell’esclusione sociale almeno quanto la dimensione della deprivazione materiale.

Riferisce inoltre sulle città riservatarie come ad esempio Milano, che sono “una risorsa importante dal punto di vista dei principi concettuali, cioè il bambino e il ragazzo come protagonista nella città o nella comunità, in relazione a tutte le opportunità che sono offerte e nello sguardo del tempo che vive a partire dall’altezza dei suoi occhi, e non di quello delle istituzioni, è questo terreno credo che vada rimesso in moto. Per questo abbiamo bisogno di una fase di progettazione molto più alta, ambiziosa delle politiche sociali.”

Il Sindaco di Sori in provincia di Genova Paolo Pezzana, che ha avuto molteplici esperienze da “tecnico” in precedenza, sottolinea la necessità della trasversalità all’interno di un’amministrazione per far diventare questi temi, questi approcci, trasversali allo sviluppo delle politiche. In tutte le politiche che ho analizzato, in tutti i territori che ho incontrato nella mia vita a diverso titolo, ho sempre visto mancanza di trasversalità … Ho creato un assessorato che ho chiamato “assessorato alla comunità educante” nel quale ho fatto confluire le deleghe alla scuola, ma anche alle attività culturali, alle attività sportive … con un’attenzione a far sì che le risorse legate all’inclusione e al benessere potessero essere utilizzate e sviluppate in maniera sinergica.” Il Sindaco riferisce della difficoltà nell’impresa, nonostante la presenza di collaboratori preparati, anche con l’arrivo del SIA, è stata prevalente la preoccupazione dall’arrivo di una serie di procedure che si andavano a innestare su quelle già presenti, in molti casi confuse e mal gestite, ma “è stato necessario ragionare diversamente per la svolta storica che questa misura rappresenta per il nostro paese … Serve che riusciamo finalmente ad attivare una governance effettiva fra le opportunità e risorse presenti, mettendo a sistema ciò che serve.”


Materiali disponibili

Slide Chiara Agostini

Slide Monica Rivelli

Slide Liliana Leone