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Il “casellario dell’assistenza” (istituito presso l’Inps dal decreto legge 78/2010 e attuato con il decreto 206/2014) è un’anagrafe generale delle prestazioni assistenziali che mira a offrire una base conoscitiva utile a migliorare gli interventi in questo settore.

Il casellario dell’assistenza segue l’istituzione del “casellario delle pensioni” e del “casellario delle misure di sostegno al reddito”. Questi due casellari, a differenza di quello assistenziale riguardano prestazioni che hanno a monte un versamento contributivo, mentre quello dell’assistenza interessa prestazioni che sono finanziate attraverso la fiscalità generale.

Rispetto agli altri casellari, quello dell’assistenza presenta dei limiti che ne spiegano la scarsa implementazione. Al momento pochissimi comuni hanno infatti trasmesso i propri dati al casellario. Di questi limiti e delle soluzioni che in Lombardia si stanno sperimentando per superarli ne abbiamo parlato con Antonio Pone, direttore dell’Inps Lombardia.

Può raccontarci come nasce l’idea del “casellario dell’assistenza”?

L’idea è quella di avere uno strumento di coordinamento per le azioni messe in campo da Stato, Inps, Regioni, enti locali, Asl e Università. Il casellario offrirebbe una visione di insieme delle prestazioni volte a rispondere a un determinato tipo di bisogno. Senza questo strumento può accadere che un ente investa soldi in un settore coperto da prestazioni erogate da un altro ente e, al contrario, che ci siano aree di bisogno che rimangono invece scoperte.

Con il casellario dell’assistenza si vuole replicare in campo assistenziale quanto già fatto nel campo delle pensioni e delle misure di sostegno al reddito. Il casellario delle pensioni nello specifico consente di vedere se una persona percepisce più pensioni erogate da enti differenti e permette quindi di valutare il reddito reale di un determinato individuo. Quello delle misure di sostegno al reddito (che si rivolgono a quanti hanno perso il lavoro) invece permette ad esempio ai centri per l’impiego di verificare se un soggetto che rifiuta un’occupazione è percettore di una Naspi.

In questo quadro il casellario dell’assistenza vuole essere il completamento del disegno dei casellari e l’obiettivo è quello di mettere a sistema tutte le erogazioni di natura assistenziale e consentire agli operatori pubblici di programmare interventi mirati e di evitare sovrapposizioni

Quali sono le ragioni che spiegano il ritardo nell’attuazione del casellario dell’assistenza?

Rispetto all’implementazione di questo strumento ci sono due problemi principali. Il primo riguarda l’inserimento dei dati, il secondo la loro utilizzabilità. Per quanto riguarda l’inserimento dei dati, è necessario o che singoli operatori appartenenti a ciascun ente procedano con l’inserimento manuale; o che gli enti sviluppino un sistema di cooperazione applicativa grazie al quale i dati sono trasmessi in automatico al casellario. In entrambi i casi ci sono dei costi che i singoli enti dovrebbero sostenere.

Si tenga conto che a livello nazionale non è stato previsto un sostegno economico per la trasmissione dei dati e, di contro, non è stata prevista alcuna sanzione per gli enti inadempienti. Di fatto in questa fase ci si affida alla buona volontà e per questo il popolamento al momento è molto lento. Dei circa 1.500 comuni lombardi, solo 150 circa hanno iniziato a trasferire i dati. Rispetto alla media nazionale si tratta peraltro di una buona percentuale, ma chiaramente non possiamo considerarlo un dato soddisfacente.

Un secondo problema riguarda l’utilità del casellario. Al momento, a differenza di quanto avviene nel caso delle pensioni e delle misure di sostegno al reddito, i dati sono accessibili solo a livello aggregato. In altre parole, il casellario dell’assistenza non rende disponibili i dati dei singoli utenti. Si tratta di una questione che coinvolge il garante per la privacy e che, a mio avviso, richiede un’evoluzione. Un comune potrebbe infatti avere la necessità di sapere nello specifico se una persona beneficia di determinati emolumenti o meno. L’accesso a questo tipo di informazioni, allo stato attuale, non è consentito perché si ritiene che si tratti di dati sensibili. In sostanza i comuni, ai quali è richiesto di inserire molti dati utilizzando risorse proprie, rischiano di non trovare utile questo strumento.


Come si possono superare questi limiti?

In primo luogo, è necessario un sostegno finanziario che accompagni gli enti locali (in particolare quelli di dimensioni ridotte) nel processo di inserimento dei dati o attraverso l’impiego di personale o attraverso la definizione di uno strumento di cooperazione applicativa che consenta automaticamente la trasmissione dei dati al casellario.

In secondo luogo è necessaria una chiarificazione normativa o un intervento del garante sulla privacy volto a chiarire che i soggetti che ricevono queste informazioni hanno finalità istituzionali direi “meritevoli di pregio” perché legate al contrasto alla povertà, all’esclusione eccetera. In sostanza, bisogna consentire un’utilizzabilità piena del casellario.

A che punto è la Regione Lombardia nel processo di istituzione del casellario?

La Regione Lombardia ha lanciato un suo progetto parallelo di censimento delle prestazioni. Quando, come direttore dell’Inps, ho saputo di questo progetto ho proposto all’Assessore all’Economia, Crescita e Semplificazione Massimo Garavaglia di sviluppare un percorso unitario. La regione ha infatti istituito le “cartelle sociali informatizzate” attraverso le quali si è posta l’obiettivo di censire le prestazioni sociali erogate dagli enti locali. Questo strumento è meno completo rispetto al casellario Inps perché riguarda principalmente gli enti locali e non tutti i soggetti erogatori. Tuttavia, contrariamente al casellario, le cartelle sociali consentono l’accesso ai dati per singolo utente.

In sostanza questi due strumenti si possono completare a vicenda e per questo stiamo lavorando per unificare i percorsi. Il progetto che stiamo mettendo in campo vede, da un lato, che la Regione sia delegata da parte degli enti locali al trattamento di questi dati e, dall’altro, che l’Inps dialoghi solo con la Regione per trasferire i dati dalle cartelle sociali informatizzate al casellario dell’assistenza. La Regione intende poi mettere a disposizione delle risorse per supportare gli enti locali nelle operazioni di trasferimento dei dati.

Inoltre, per superare il limite relativo all’utilizzabilità delle informazioni abbiamo pensato di prevedere un intervento normativo regionale. Tale intervento dovrebbe attribuire formalmente alla Regione un ruolo (sia nella raccolta dei dati degli enti locali sia nella loro trasmissione all’Inps) e inquadrare questa attività all’interno di un contesto di finalità sociale che consenta di superare anche il vaglio del garante per la privacy.