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Si è tenuta il 10 febbraio la tavola rotonda “La povertà educativa in Europa: il fenomeno e la voce dei ragazzi”, ospitata dalla sede dell’Ufficio d’informazione del Parlamento Europeo a Milano. L’evento, organizzato in occasione della pubblicazione del rapporto di Save the Children “Sconfiggere la povertà educativa in Europa. Fino all’ultimo bambino, si è concentrato sui risultati del rapporto, sulle azioni messe in campo e su quelle auspicabili per contrastare efficacemente la povertà minorile – materiale ed educativa – a livello europeo e nazionale.

La tavola rotonda è stata introdotta da Raffaella Milano, direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children, che ha brevemente presentato i contenuti del rapporto (che abbiamo approfondito qui). Sono poi seguiti interventi di rappresentanti del mondo della politica, dell’accademia e della società civile, moderati da Sara De Carli, giornalista del magazine Vita.

L’impegno della politica

La componente politica è stata rappresentata da Patrizia Toia e Caterina Chinnici, europarlamentari e componenti dell’Intergruppo del Parlamento Europeo sui diritti dell’infanzia. L’Intergruppo è nato nel corso dell’ultima legislatura per stimolare una nuova sensibilità e una più compiuta responsabilità sul tema dei diritti dei bambini in Europa, promuovendo un approccio che consideri i minori come soggetti pienamente titolari di diritti. L’Intergruppo ha portato avanti numerose azioni, ma la strada della tutela e della promozione dei bambini e dei ragazzi in Europa – hanno sottolineato le parlamentari – è ancora lunga. È infatti necessario proseguire l’azione di sensibilizzazione, anche attraverso nuovi strumenti giuridici, affinché si affermi e sia sempre più legittimato un intervento europeo sul tema dei diritti dell’infanzia.

L’onorevole Chinnici, che è co-presidente dell’Intergruppo e nel dicembre 2016 ha presentato il rapporto “Sconfiggere la povertà educativa in Europa” al Parlamento Europeo, ha sottolineato infine l’importanza di dare ascolto ai bambini e di offrire loro l’opportunità di esprimere i propri bisogni e le proprie aspirazioni. Molte organizzazioni non governative hanno già colto l’importanza di questo aspetto: bambini e bambine di vari paesi europei, ad esempio, sono stati coinvolti nella stesura del rapporto di Save the Children attraverso attività di workshop.

L’impegno dell’accademia

L’impegno del mondo accademico nel sostegno delle politiche a favore di bambini e ragazzi è stato presentato da due esperti di analisi delle politiche pubbliche: Anton Hemerijck, docente di Scienza politica presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole, e Maurizio Ferrera, docente di Scienza politica presso l’Università degli Studi di Milano.

Hemerijck ha sottolineato che i sistemi europei di welfare stanno attraversando una fase di cambiamento, ma che una nuova forma di welfare state, il “welfare state 3.0”, fatica a diffondersi e a trovare un supporto politico. Il modello 3.0, a differenza di quelli precedenti, tiene conto della variabilità che da qualche decennio caratterizza le carriere personali e professionali delle persone, basandosi su tre elementi fondamentali:

  • Stocks: poiché è diventato difficile prevedere i rischi nel corso della vita personale e professionale delle persone, è necessario puntare su interventi “ex ante” investendo ad esempio nel contrasto alla povertà educativa e sul capitale umano e sociale;
  • Flows: è necessario riorganizzare il mercato del lavoro in modo che sia più compatibile con il corso di vita delle persone. Il sistema di welfare deve ad esempio essere in grado di facilitare i passaggi più frequenti da un lavoro a un altro e l’uscita e l’ingresso nel mercato del lavoro;
  • Bufferings: ridefinizione e congruo finanziamento di ammortizzatori sociali che funzionino come “riserve” a cui attingere nelle fasi di transizione in cui il rischio è maggiore (es. disoccupazione di breve o lungo periodo, gravidanza).

Ogni stato europeo deve coniugare i tre elementi considerando il suo sistema sociale, economico e produttivo. Tuttavia, la sfida del welfare state 3.0 potrà essere vinta solo se sarà registrato un cambiamento nella mentalità politica. Le politiche sociali – e in particolare quelle di contrasto alla povertà minorile – dovranno finalmente essere considerate come un vero e proprio investimento per il futuro. È infatti diffusa la convinzione che sia possibile destinare risorse economiche al welfare solo in periodi di stabilità economica: secondo Hemerijck invece, proprio perché non ci troviamo affatto in queste condizioni, investimenti strutturali in ambito sociale sono imprescindibili.

Ferrera si è concentrato sul contesto italiano, sottolineando che – anche grazie all’impegno di organizzazioni come Save the Children – il tema della povertà minorile ha di recente guadagnato una crescente attenzione da parte dell’opinione pubblica. Tuttavia, sono necessari ulteriori sforzi affinché il tema entri con decisione nell’agenda politica. Nonostante siano fondamentali per la crescita economica del paese, le politiche di contrasto alla povertà educativa sono difficili da sostenere politicamente nel breve periodo. Gli esiti più significativi sono infatti apprezzabili solo quando gli interventi arrivano ad incidere sul capitale umano, e perché ciò avvenga deve essere considerata un’ampia finestra temporale: bambini che evitano la povertà educativa saranno giovani meno propensi ad abbandonare la scuola e adulti con una minor probabilità di essere disoccupati o lavoratori poveri.

Due in particolare sono gli elementi che, secondo Ferrera, ostacolano l’ingresso della questione della povertà minorile nell’agenda politica italiana. In primo luogo, l’idea che la famiglia sia l’unica responsabile della cura dei minori ostacola in parte il riconoscimento di una responsabilità pubblica e politica in questo ambito. In secondo luogo, il welfare italiano è storicamente orientato in maniera sproporzionata a favore delle pensioni. Tale sbilanciamento non è motivato da condizioni di maggior difficoltà delle persone anziane: i dati mostrano infatti che la povertà è meno diffusa tra gli anziani che tra i giovani e che la crisi economica e finanziaria ha colpito più duramente le persone al di sotto dei 65 anni. Lo sbilanciamento a favore delle politiche pensionistiche è rafforzato dalla dinamica demografica del nostro paese. Infatti, l’età mediana dell’elettorato è in costante aumento e la partecipazione politica degli anziani è superiore rispetto a quella dei giovani (le persone anziane votano due volte più dei giovani in fascia di età 18-24 anni). Il forte attaccamento dell’elettorato ai temi pensionistici, unito alla storica generosità del sistema pensionistico italiano, fa sì che quest’ultimo sia difficile da modificare (come Ferrera ha sottolineato qui), anche a scapito delle generazioni più giovani.

Secondo Ferrera, il contrasto alla povertà materiale ed educativa dei minori e la promozione di politiche a favore dei giovani rappresentano elementi imprescindibili per la politica nazionale. Allo stesso tempo, è auspicabile che ci sia un maggiore impegno su questi temi anche a livello europeo. L’Europa dovrebbe in primo luogo impegnarsi per sostenere politicamente la lotta alla povertà minorile, ad esempio utilizzando la legislazione anti-discriminatoria legata all’età non solo a protezione delle persone anziane, ma anche delle giovani generazioni. In secondo luogo, l’Unione Europea dovrebbe garantire un appoggio economico e finanziario agli stati membri che intendano sostenere seriamente programmi di contrasto alla povertà minorile, materiale ed educativa. Questo sarebbe possibile ad esempio prevedendo delle deroghe al patto di stabilità per gli investimenti realizzati in questo ambito.


L’impegno della società civile

La discussione relativa all’impegno della società civile si è concentrata sul Fondo di contrasto alla povertà educativa (di cui ci siamo occupati qui). Del fondo hanno discusso Paolo Petracca, portavoce del Forum del Terzo Settore di Milano, e Giorgio Righetti, direttore generale di Acri (Associazione di Fondazioni e Casse di Risparmio).

Come ha sottolineato Giorgio Righetti, il Fondo povertà educativa è importante non solo per le risorse che è riuscito a mettere in campo e per i risultati che si propone di raggiungere, ma anche alla luce del processo che ha portato alla sua creazione. L’idea del Fondo è nata grazie alla collaborazione decennale tra Fondazioni di origine bancaria (Fob), Forum del Terzo Settore e Rete dei Centri di Servizio per il Volontariato. Queste realtà hanno deciso di collaborare al fine di concentrare finanziamenti precedentemente distribuiti sul territorio in un’unica iniziativa nazionale, con l’intento di portare all’attenzione pubblica e politica un tema cruciale. Il Fondo si concentra non solo sul fenomeno della povertà educativa e sulle sue dimensioni attuali, ma anche sulle cause, per promuovere interventi sperimentali volti a rimuovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione di occasioni educative e culturali da parte dei bambini. Il Fondo si propone poi l’obiettivo di stimolare lo sviluppo del capitale sociale dei territori, soprattutto attraverso la creazione di reti e il sostegno delle organizzazioni del terzo settore (ritenute importanti soggetti di capacitazione del territorio e della cittadinanza). Per questo motivo, i bandi pubblicati nel quadro del Fondo (che abbiamo descritto qui) sono diretti a partnership tra più soggetti, di cui almeno uno del terzo settore. In questo modo il Fondo intende facilitare collaborazioni e produrre un capitale sociale che poi rimarrà nella comunità indipendentemente dal finanziamento dei progetti.

I primi due bandi si sono chiusi tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio 2017 e hanno portato alla raccolta di quasi 1.200 proposte, di cui 395 relative alla fascia 0-6 anni e quasi 800 alla fascia 11-17 anni. Per quanto riguarda il bando sulla prima infanzia, a fine marzo dovrebbe chiudersi la fase di selezione delle idee progettuali e aprirsi la fase di progettazione operativa. I finanziamenti saranno erogati entro l’inizio di settembre, per permettere alle iniziative di seguire il calendario dell’anno scolastico 2017/18. Per quanto riguarda invece il bando sull’adolescenza, la valutazione delle idee progettuali richiederà più tempo anche a causa dell’elevato numero di proposte raccolte. In questo caso, tra il mese di aprile e il mese di maggio saranno selezionate le idee progettuali e i soggetti proponenti avranno a disposizione 6-8 mesi per la progettazione operativa. Gli interventi partiranno con l’anno scolastico 2018/19.

Anche Paolo Petracca, portavoce del Forum del Terzo settore di Milano, ha sottolineato l’importanza del Fondo povertà educativa. Il Fondo ha innanzitutto una forte valenza simbolica, in quanto rappresenta un concreto impegno della società civile nell’individuare e segnalare le priorità e affrontare con forza la lotta alla povertà educativa e in generale alla povertà minorile. Il Fondo è apprezzabile anche per la sua impostazione e per i presupposti su cui è stato costruito. In particolare, ha il pregio di inquadrare in maniera appropriata un tema difficile, contribuendo a promuovere buone prassi e interventi efficaci (quelli rivolti alla primissima infanzia).

Petracca ha infine evidenziato che l’iniziativa esprimerà il suo pieno potenziale se riuscirà ad essere uno stimolo reale per i soggetti pubblici a livello nazionale e locale. In questi anni si è registrata infatti una certa incapacità e carenza di volontà politica nell’ambito della povertà minorile, come dimostra anche la scarsa efficacia degli interventi raccontata da Save the Children. Secondo il rapporto presentato, i trasferimenti sociali in Europa sono mediamente poco efficaci nel ridurre il rischio di povertà tra i bambini (un abbassamento di 14 punti percentuali), e in Italia tale rischio diminuisce solo dell’8% a seguito dei trasferimenti.

Il Fondo deve quindi rappresentare un’occasione per destare il dibattito politico sulla povertà minorile, materiale ed educativa, e promuovere la creazione di una politica nazionale. Questo impegno deve poi tradursi in una maggior sensibilità anche al livello locale, dove risiede la responsabilità dell’implementazione degli interventi a contrasto della povertà.

Riferimenti

Il rapporto Sconfiggere la povertà educativa in Europa. Fino all’ultimo bambino