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Negli ultimi decenni i temi della diseguaglianza e della povertà sono ritornati con una certa frequenza al centro del dibattito pubblico. Sul piano teorico, diversi autori (ad esempio Stiglitz, Piketty, Reichlin, Franzini, Pianta) hanno sottolineato come nei Paesi avanzati, dagli anni ’80 del XX secolo, la quota di reddito detenuta dal 10% più ricco della popolazione sia cresciuta senza segnali di inversione di tendenza. Secondo altre analisi – si vedano, ad esempio, quelle di Ricolfi e Cima – il quadro sarebbe più sfaccettato: se a livello globale la diseguaglianza (misurata dall’indice di Gini) risulterebbe in diminuzione dagli anni ’90, in Paesi come Cina o India starebbe crescendo; nei Paesi dell’area Ocse non si registrano trend univoci; in Italia è aumentata soprattutto la quota di popolazione in condizioni di povertà assoluta, dal 3,6% del 2005 al 6,1% del 2015.

Un’altra diseguaglianza significativa nel nostro Paese è data dal fatto che la crisi economica del 2008 ha inizialmente prodotto un impatto generalizzato, da Nord a Sud, sui redditi medi degli italiani; poi, però, le metropoli settentrionali hanno quasi recuperato i livelli precrisi, a differenza di quelle meridionali. Tra il 2008 e il 2015 nel Centronord la perdita media di reddito è stata pari a -5% (da un minimo di -2% a Venezia a un massimo di -8,3% a Roma), mentre al Sud il calo dei redditi è stato decisamente superiore, in media -15%, con picchi negativi a Napoli (-17,3%) e a Messina (-17,5%). Negli anni della crisi, dunque, le distanze economiche medie tra Nord e Sud si sono ulteriormente amplificate.

Rispetto alle diseguaglianze interne, se il Mezzogiorno nel suo complesso presenta una maggiore polarizzazione tra ricchi e poveri rispetto al Centronord, a livello di capoluoghi metropolitani la latitudine non pare contare granché. I valori più alti dell’indice di Gini, ad esempio, si registrano a Milano (seguito da Roma e da Napoli), i più bassi a Venezia, Messina, Trieste e Reggio Calabria.

Il focus su Torino del XVIII Rapporto Rota

Per indagare più a fondo il tema delle distanze socioeconomiche in uno specifico contesto, il diciottesimo Rapporto Giorgio Rota 
(di cui vi avevamo raccontato i principali contenuti in un precedente articolo) approfondisce in dettaglio il caso torinese. Rispetto alla distribuzione dei redditi, a Torino – come nel resto d’Italia – negli anni della crisi si registra un’evidente tendenza polarizzante, con un contemporaneo aumento di consistenza sia delle fasce benestanti sia di chi vive in povertà (si veda la figura seguente). Va sottolineato, tra l’altro, come parte della popolazione in difficoltà economica sfugga a queste statistiche: nel periodo 2008-14, a Torino il numero di dichiarazioni dei redditi è sceso di oltre 38.000 unità, quello degli abitanti solo di 10.000 circa; ciò fa presumere che la gran parte dei contribuenti “perduti” sia costituita da chi ha perso il lavoro o ha redditi talmente bassi da non dover presentare la dichiarazione. Se, quindi, si sommano i torinesi spariti dai radar del fisco con quelli che dichiarano redditi inferiori a 8.000 euro, il totale corrisponde a circa un quinto dei torinesi maggiorenni.


Variazioni 2008-2014 del numero di contribuenti torinesi, per fasce di reddito

Fonte: XVIII Rapporto Rota

La crisi non ha modificato – anzi, se mai, ha rafforzato – le distanze tra zone della città. Si confermano come aree benestanti collina e precollina (le zone orientali del capoluogo), oltre a parti del centro e del limitrofo quartiere Crocetta. L’asse di corso Regina Margherita rappresenta una sorta di ideale confine tra le zone centrali maggiormente benestanti e le aree più povere; al tempo stesso, si nota però la presenza di zone a basso reddito anche altrove, ad esempio nei quartieri San Paolo o San Salvario.

Redditi medi procapite a Torino, per zone statistiche

Fonte: XVIII Rapporto Rota su dati 2009 Agenzia delle entrate

Poichè, come sottolineato, è presumibile che le statistiche fiscali colgano solo parzialmente l’area della povertà, è interessante esaminare anche i dati relativi ai beneficiari di contributi a sostegno del reddito (erogati sia dal Comune sia dal terzo settore). Nel primo caso – tra il 2008 e il 2015 – la quota di adulti assistiti è cresciuta del 73,6%. Nello stesso periodo i nuclei sostenuti economicamente dal terzo settore sono aumentati del 41,6% nel caso della San Vincenzo, del 47,6% in quello dei Centri di ascolto diocesano / Caritas, del 78,1% quelli assistiti dal Banco alimentare.

Tra l’altro l’assistenza pubblica e quella del privato sociale talvolta coprono le stesse aree, talaltra risultano complementari: ad esempio nel quartiere Vallette (estrema periferia nordovest) si riscontra una quota relativamente bassa di assistiti dal Comune, mentre è alta quella degli assistiti dall’Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo, viceversa nel quartiere di Mirafiori (estrema periferia meridionale).
 

Famiglie assistite economicamente a Torino
Ogni 1.000 famiglie residenti in ogni zona, elaborazioni VIII Rapporto Rota su dati 2016


Assistite dalle Politiche Sociali della Città di Torino


Assistite dai Centri ascolto diocesano della Caritas


Assistite dall’Ufficio Pio della Compagnia San Paolo

Un altro indizio del fatto che per molti anni la povertà è cresciuta si rileva dall’andamento dei casi di sfratto, fenomeno che a Torino è esploso tra il 2008 e il 2014, passando da 2.489 a 4.729 casi, per poi ridursi un po’ fino ai 3.151 registrati nel 2016. Per altro gli sfratti rappresentano solo una delle facce del problema casa: vi sono infatti famiglie che sono riuscite a mantenere l’abitazione, ma a prezzo di grandi difficoltà nel pagare il canone d’affitto, e che spesso quindi hanno inoltrato domanda per accedere al Fondo per il sostegno alla locazione o per ottenere un alloggio popolare. Si rileva, tra l’altro, come vi sia una sovrapposizione solo parziale tra le popolazioni con diversi tipi di problemi abitativi: ad esempio, solo un quarto di chi subisce uno sfratto fa richiesta di casa popolare (gli altri non possiedono, o non sanno di possedere, i requisiti per accedere alle graduatorie); anche tra i richiedenti la casa popolare e chi fa domanda per il sostegno alla locazione la sovrapposizione è minima (fonte: Città di Torino Direzione Servizi Sociali).

Guardando alle mappe seguenti, non stupisce la concentrazione – per altro non esclusiva – di elevati livelli di “sofferenza abitativa” soprattutto nei quartieri periferici poveri, specie settentrionali. Inoltre, si può notare come alcune aree presentino indicatori di criticità abitativa uniformemente elevati, a differenza di altre zone (in cui, ad esempio, un solo indicatore presenta valori elevati); ciò conferma la non coincidenza tra popolazioni con differenti problemi abitativi.

Famiglie col problema casa a Torino
Ogni 1.000 famiglie residenti in ogni zona, elaborazioni Rapporto Rota su dati 2016


Emergenza abitativa

 


Sostegno alla locazione

 


Domanda alloggio popolare

 

 

 

Un altro aspetto fortemente legato alla posizione sociale è lo stato di salute, sia nel senso che quest’ultimo è spesso influenzato dalla posizione lavorativa, dal reddito, ecc., sia, viceversa, perché le condizioni di salute possono influenzare stabilità/precarietà occupazionale e, quindi, carriere ascendenti/discendenti.

In proposito, gli studi dell’Osservatorio epidemiologico della Regione Piemonte evidenziano, ad esempio, come la speranza di vita media del 10% più ricco della popolazione maschile torinese sia di oltre 7 anni superiore a quella del 10% più povero, di oltre 4 anni nel caso delle donne (in questo caso comportamenti ad alto rischio, come fumo e gravidanza in età avanzata, diffusi tra le donne più emancipate e benestanti, attenuano in parte i vantaggi derivanti dallo status).

La forte relazione tra benessere socioeconomico e salute è confermata anche dalle analisi comparative sulle diverse zone cittadine. Anche in questo caso, infatti, riemerge l’immagine di una città in cui – in particolare nel caso degli uomini, per le ragioni appena esposte – l’ampia periferia Nord risulta svantaggiata rispetto alla fascia di quartieri che attraversa la città da Ovest a Est, passando per il centro.


Speranza di vita alla nascita a Torino, per zone di residenza

Anni di vita media periodo 2002-11

Uomini


Donne

 

Riferimenti

Recuperare la rotta, Diciottesimo Rapporto Giorgio Rota