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Vi abbiamo spesso raccontato sul nostro sito delle numerose iniziative che, coinvolgendo istituzione pubbliche, imprese e organizzazioni del terzo settore, ogni giorno sono impegnate a combattere la povertà e lo spreco alimentare. Molte delle nostre ricerche sono state raccolte nel 2016 nel volume “Povertà alimentare in Italia: le risposte del secondo welfare”. Dopo la pubblicazione abbiamo continuato a monitorare questo settore: in questi due anni le esperienze avviate si sono consolidate e allargate, si sono sperimentati nuovi progetti, è cresciuta l’attenzione dell’opinione pubblica e della politica, che ha concretizzato il proprio impegno con alcuni provvedimenti, tra cui l’approvazione nel 2016 della Legge Gadda.

Empori solidali: nel 2018 saliti a 170

Tra le esperienze più interessanti che abbiamo raccontato ci sono senza dubbio gli empori solidali. Simili nell’aspetto a supermercati commerciali, offrono agli aventi diritto – generalmente persone che appartengono alla categoria delle cosiddette “nuove povertà” – la possibilità di reperire gratuitamente e in autonomia alimenti e prodotti di prima necessità, solitamente grazie a un sistema a punti correlato allo stato di bisogno. Gli empori si reggono sulla collaborazione tra le istituzioni, le associazioni e le aziende del territorio e si configurano come progetti innovativi per contrastare la povertà alimentare.

Anche le nostre ricerche sugli empori sono state raccolte nel volume del 2016. Allora le realtà censite sul territorio nazionale – sulla base di una serie di requisiti da noi individuati – erano 59: 29 al Nord, 17 al Centro, 10 al Sud e 3 nelle isole, variando da regioni che ne avevano uno solo, o nessuno, ad altre che raggiungevano la decina – come l’Emilia Romagna.

In un paio di anni il numero degli empori è notevolmente cresciuto. Secondo i dati presentati nel corso del Festival degli empori dell’Emilia-Romagna il 27 ottobre, che anticipano il Rapporto nazionale sugli empori solidali realizzato da Caritas italiana e Csvnet (che sarà presentato a Roma il 5 dicembre), sono circa 170 gli empori solidali oggi attivi in Italia, mentre un’altra quindicina aprirà tra la fine del 2018 e la prima metà del 2019 o è in fase di progettazione dichiarata. Si tratta di un fenomeno, raccontano Caritas italiana e Csvnet, giovane e in grande fermento, soprattutto negli ultimi anni: a parte alcuni pionieri, la maggior parte ha aperto negli ultimi 3 anni.

Gli empori sono distribuiti in tutte le regioni, ad esclusione del Molise – e in proporzione alla popolazione è l’Emilia-Romagna quella che, con 20 empori attivi e 3 in partenza, ne ha il numero più alto. La Lombardia ne ha 25 attivi più altri 2 in fase di apertura, la Sicilia 9 ed 1 in partenza, la Calabria e la Campania rispettivamente 7, la Sardegna 5. Dati importanti, perché dimostrano che anche al Sud, inizialmente in notevole minoranza, gli empori iniziano a farsi strada. Altro dato interessante riguarda il funzionamento degli enti: il 95% degli empori è infatti gestito da volontari.

L’impegno degli enti locali

Ma non ci sono solo gli empori impegnati sul fronte della povertà alimentare. Anche le Regioni in questi mesi hanno confermato il proprio impegno. Proprio pochi giorni fa la Giunta della Regione Veneto – dove nel 2018 gli empori sono saliti a 20 – ha aumentato il sostegno pubblico a queste realtà, portandolo a 597.430 euro nel 2018. Con una delibera la Regione ha infatti incrementato di altri centomila euro il contributo agli empori solidali, assegnando una quota di 20.000 euro ciascuno per l’avvio dei 5 empori di nuova istituzione, che arrivano così a coprire sei provincie su sette.

Il finanziamento regionale andrà ripartito tra il Banco Alimentare e le associazioni che gestiscono gli empori. Come ha spiegato l’assessore al sociale Manuela Lanzarin “nel corso del 2017 la rete degli empori solidali ha distribuito quasi 6 tonnellate e mezzo di cibo, sostenendo 32.000 famiglie, per un totale di circa 142.000 persone. Le statistiche ci dicono che quasi il 12% delle famiglie non può permettersi un pasto proteico adeguato almeno 3 volte la settimana, una percentuale che in Veneto è aumentata dell’87% negli ultimi dieci anni” .

L’impegno di impese e cooperative

Infine, proseguono le attività contro lo spreco alimentare portate avanti dalle imprese dopo l’approvazione della Legge Gadda. Day Gruppo Up, smart company che opera nel mercato dei servizi alle imprese e alla persona, ha annunciato un importante accordo con la start up Last Minute Sotto Casa (Lmsc). Una nuova strategia di comunicazione partirà dalla città di Bologna con l’obiettivo di far crescere Lmsc grazie ai mezzi e agli strumenti di Day Gruppo Up. Saranno coinvolti i 600mila utilizzatori quotidiani dei buoni pasto e i 110mila esercizi affiliati in un piano di sviluppo e diffusione della App a livello nazionale.

Pochi giorni fa inoltre si è poi tenuto a Roma il convegno “Nulla si butta ma tutto si riusa“, organizzato dall’Associazione Cooperative di Consumo del Distretto Tirrenico e la sua associata Unicoop Tirreno, finalizzato a portare a conoscenza di Roma e del Lazio il tema della lotta allo spreco alimentare. Nel 2017 il progetto Buon Fine ha coinvolto 647 punti vendita, distribuiti sul territorio nazionale, corrispondenti al 75% della rete di vendita delle Cooperative. Le cooperative nel 2017 hanno donato oltre 33 milioni di Euro di prodotti alimentari, pari a oltre 7.000 tonnellate di cibo e a più di 8 milioni di pasti equivalenti, a 930 associazioni di volontariato.

Sul fronte del contrasto alla povertà alimentare, dunque, aumentano le iniziative innovative provenienti da vari segmenti della società italiana, che vanno affiancandosi a quelle più “tradizionali” su questo fronte, come la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare che si svolgerà il prossimo 24 novembre in migliaia di supermercati italiani.