Secondo gli ultimi dati Istat, riferiti al 2014, i pensionati in Italia sono 16,3 milioni e percepiscono mediamente 17.040 euro lordi (circa 400 euro in più rispetto al 2013). Le donne sono il 52,9% e ricevono una pensione che, in media, è 6 mila euro in meno rispetto a quella degli uomini. Tra il 2013 e il 2014, il numero dei pensionati è sceso di 134 mila unità. Negli ultimi due anni (come anche nel biennio precedente) i “nuovi pensionati” sono meno rispetto a quanti, nello stesso periodo, hanno smesso di percepire una pensione (pensionati cessati). Inoltre, il reddito dei nuovi pensionati è mediamente inferiore rispetto a quello dei cessati (13.965 contro 15.356) e dei sopravviventi (17.146 euro), ovvero coloro che hanno percepito una pensione nel 2013 e nel 2014.
Il peso dell’istruzione
Il livello dei trattamenti pensionistici è significativamente influenzato dal grado di istruzione. Quasi la metà dei pensionati non ha un titolo di studio o possiede la licenza elementare, e solo un quarto ha conseguito la licenza media superiore. Nel caso dei pensionati in possesso della laurea (6,8%) il reddito lordo derivante dalla pensione è pari a circa 2.490 euro. Si tratta di un importo che è più del doppio rispetto a quello delle persone senza titolo di studio o con la licenza elementare (1.130 euro).
Il ruolo dei pensionati nelle economie familiari
Le famiglie in cui sono presenti pensionati sono stimate in 12 milioni 400 mila; per quasi i due terzi di esse (il 63,2%) i trasferimenti pensionistici rappresentano oltre il 75% del reddito familiare disponibile; per il 26,5% invece è l’unica fonte di reddito. Nel 2013, il reddito netto di queste famiglie è stato pari a 28.480 euro (2.370 euro mensili). Si tratta di un reddito inferiore (di circa 2.000 euro) a quello delle famiglie nelle quali non sono presenti pensionati. La metà delle famiglie con pensionati non supera la soglia dei 22.560 euro (1.880 mensili). Se si considera la distribuzione territoriale, questo valore scende a 19.417 nel Mezzogiorno e supera i 24 mila euro al Centro e nel Nord.
Famiglie con pensionati a minor rischio povertà
Nonostante il reddito medio delle famiglie con pensionati sia più basso rispetto a quello delle famiglie dove non ci sono pensionati, nelle prime il rischio di povertà è di circa sei punti percentuali inferiore rispetto alle seconde (16% contro 22,1%). Questo significa che i trasferimenti pensionistici giocano un ruolo non secondario nella prevenzione del disagio economico. In particolare, all’interno dei nuclei familiari vulnerabili (come ad esempio quelli con genitori soli) la presenza di un reddito da pensione dimezza il rischio di povertà (che passa dal 35,3% al 17,2%).
Le famiglie meno esposte al rischio di povertà sono quelle in cui è presente un pensionato che cumula redditi da lavoro e almeno un altro componente è occupato. Solo il 3,6% di questo tipo di famiglie è infatti a rischio di povertà. Al contrario, le famiglie più vulnerabili sono quelle composte da pensionati senza altri redditi da lavoro e che vivono con familiari non-occupati. Circa un terzo di queste famiglie (31,3%) è a rischio di povertà. Per quanto riguarda la distribuzione territoriale, le famiglie con pensionati residenti nel Sud e nelle Isole hanno un rischio di povertà triplo rispetto a quelle che vivono nel Nord e doppio rispetto a quelle che si trovano nel Centro.
Anche se con differenze meno marcate, l’importanza dei trasferimenti pensionistici (come elemento in grado di mettere al riparo da situazioni di forte disagio economico) è confermata anche dal dato relativo alla grave deprivazione materiale. Questa condizione interessa infatti il 10% delle famiglie in cui è presente un reddito da pensione e il 12,5% delle famiglie che non dispongono di questo tipo di reddito.