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Secondo l’Eurostat, il tasso di occupazione delle donne senza figli tra i 25 e i 54 anni è in Italia pari al 63,9%, a fronte di una media europea del 75,8%. Mentre la Germania tocca 81,8%, peggio di noi c’è solo Malta, con il 56,6%. Nei paesi dell’Unione Europea si sta ormai affermando una relazione positiva fra fecondità e occupazione femminile. In Italia, invece, neppure la metà della popolazione femminile in età lavorativa è occupata, e meno di un terzo nel Mezzogiorno. Le lavoratrici italiane continuano a essere retribuite 1/5 in meno rispetto agli uomini, e proprio tra donne e giovani si concentra la maggioranza dei contratti atipici.

Come ha ricordato il recente rapporto di Italia Lavoro “Donne in Italia. Una grande risorsa non ancora pienamente utilizzata", la maternità spinge ancora le donne a non lavorare o abbandonare l’impiego, e costituisce la maggiore causa di discriminazione sul lavoro e di licenziamento. Un problema che non dipende solo dalla mancanza di servizi per l’infanzia, ma anche da condizionamenti culturali e motivi economici, come l’eccessiva onerosità delle rette degli asili rispetto ai livelli salariali. Se nel Mezzogiorno una giovane su tre è un Neet, not in education, employment or training, ben un quarto delle giovani donne fino a 29 anni non studia, non partecipa a un percorso formativo e non lavora.

Recenti dati Istat mostrano poi l’aumento del tasso di disoccupazione meridionale, che è passato dal 14,1 % di marzo 2011 al 17,7% del marzo 2012, soprattutto a causa dei balzi in Calabria (da 13,8 a 19,5%), Sicilia (da 15 a 19,5%), Campania (da 15,6 a 19,6%) e Basilicata (da 13 a 16,6%). Benché distante dalla media nazionale di 56,5%, in Puglia il tasso di occupazione è invece cresciuto dal 43,8 al 44,3%, superando il 43,3% del Mezzogiorno. Se la disoccupazione totale è diminuita è però grazie alla contrazione di quella maschile, mentre quella femminile continua ad aumentare. I dati dell’Ipres, Istituto pugliese di ricerche economiche e sociali relativi al terzo trimestre del 2011 evidenziano infatti che, nonostante l’occupazione femminile sia cresciuta di novemila unità dal 2010 al 2011, il tasso medio rimane al di sotto del 30%, pari alla metà circa di quello delle regioni del Nord.
 

Il "modello" pugliese

Nel richiamare il difficile contesto economico, il Piano Regionale delle Politiche Sociali della Regione Puglia per il triennio 2009-2011 aveva manifestato chiaramente la volontà non solo di fornire uno strumento di integrazione tra le diverse politiche settoriali, ma anche di favorire la connessione tra programmi diversi per fonti di finanziamento e tipologia di attività, ma accomunati dall’obiettivo di accrescere l’attrattività del territorio e l’inclusione sociale. La legge regionale n. 19/2006 ha infatti disegnato un sistema di welfare plurale, con responsabilità e obiettivi condivisi tra i diversi attori sociali e istituzionali, che favorisca la partecipazione dei cittadini singoli e associati alle diverse fasi del processo di costruzione della rete locale dei servizi: la programmazione, con riferimento alla fase di elaborazione del Piano Sociale di Zona, la progettazione e organizzazione dei servizi e dei progetti, e la valutazione dell’efficacia degli interventi e della qualità delle prestazioni erogate. Nella convinzione dell’amministrazione regionale che gli stakeholder sociali del territorio, e specialmente le organizzazioni del privato sociale, rappresentino uno dei pilastri fondamentali del processo di riforma in atto nel sistema di welfare nazionale.

A proposito della creazione di un assetto di governance condivisa, all’interno del piano regionale si legge: “la partecipazione non può, pertanto, ridursi alla mera contrapposizione tra pubblico e privato, tra società civile e società politica, ma deve piuttosto evolvere verso forme più mature di confronto, verso la convergenza delle parti in causa nella definizione degli obiettivi comuni. La sussidiarietà è il concorso virtuoso tra cittadini e istituzioni nel perseguimento dell’interesse comune, una pratica che se opportunamente interpretata è in grado di favorire la crescita della collettività e una democrazia più compiuta”.

Le Politiche di genere e per la conciliazione vita-lavoro sono tra le priorità strategiche del piano regionale. Attraverso interventi per potenziare l’infrastrutturazione territoriale dei servizi alla persona, sia per l’infanzia che per la non autosufficienza, l’amministrazione pugliese vuole dare un duplice stimolo all’occupazione femminile: consentire da un lato una migliore organizzazione dei tempi e dei carichi di cura, e dall’altro incentivare l’offerta di nuovi posti di lavoro nell’ambito dei servizi.
 

Le politiche di conciliazione della Regione Puglia

Come ha recentemente scritto Serenella Molendini, Consigliera regionale di parità in Puglia, in un articolo per la Rivista di Scienze Sociali, la Regione ha scelto – con l’avvio della programmazione dei fondi europei 2007-2013 – di lavorare sull’esigibilità dei diritti sociali e del diritto al benessere e alla dignità di tutti i cittadini, e in particolare delle cittadine pugliesi. Con l’obiettivo di dimostrare che anche nel settore sociale gli investimenti “produttivi” generano nuova e buona occupazione, e concorrono a determinare le condizioni di attrattività del territorio regionale e la qualità della vita dei cittadini.

Due nuove leggi regionali, la legge 19/2006 “Disciplina del sistema integrato dei servizi sociali per la dignità e il benessere dei cittadini e delle cittadine di Puglia” e la 7/2007 “Norme per le politiche di genere e i servizi per la conciliazione vita lavoro in Puglia”, hanno predisposto lo studio, il monitoraggio e l’implementazione di un più efficace sistema di governance delle politiche di genere. Tra gli strumenti attivati anche
L’Osservatorio sull’Occupazione femminile e sulle Condizioni di vita delle Donne, istituito nel 2009 dalla Consigliera regionale di concerto con l’Assessorato al Welfare, che vede la partecipazione di parti sociali e datoriali e di centri di studio e ricerca. In base ai dati raccolti dall’Osservatorio sono pubblicati il Rapporto Annuale sulla condizione femminile in Puglia, il Rapporto Biennale sul personale femminile e maschile delle aziende pugliesi con più di 100 dipendenti, e il Monitoraggio annuale delle dimissioni dal lavoro per maternità realizzato in collaborazione con la Direzione Regionale del Lavoro.

263 milioni di euro in sette anni per le politiche familiari. Questo è l’investimento predisposto dall’Assessorato al Welfare e articolato in più interventi, dall’apertura di nuovi asili nido sui territori e il sostegno all’acquisto dei servizi alle famiglie, fino alla sperimentazione di strumenti innovativi di conciliazione come i Piani dei tempi e degli spazi delle città, i Patti Sociali di Genere e il Fondo per il sostegno alla flessibilità nel lavoro.

Il primo tassello è costituito da circa 80 milioni di euro destinati alla realizzazione e all’adeguamento di asili nido pubblici e privati: se nel 2004 solo il 4% dei bambini frequentava il nido, nel 2013 saranno il 12%, con il 50% di Comuni serviti rispetto al 24% del 2004. Dal 2012 è disponibile il catalogo on line delle strutture, ed è stato attivato il “Buono servizio di conciliazione” per l’acquisto di servizi. Un massiccio intervento di infrastrutturazione territoriale che non risponde soltanto alle esigenze di conciliazione tra vita privata e lavorativa delle mamme pugliesi, ma anche alla necessità di creare nuovi posti di lavoro che – specialmente nel settore dei servizi alla persona – impiegano soprattutto lavoratrici donne.

Le leggi regionali n. 19/2006 e n. 7/2007 hanno per la prima volta definito le norme per il coordinamento comunale degli orari degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici e degli uffici della PA attraverso la previsione dei "Tempi della città". In questo contesto è nato il Piano Territoriale dei Tempi e degli Spazi, uno strumento di pianificazione territoriale sviluppato a livello di ambito territoriale per razionalizzare l’organizzazione dei tempi della città, così da migliorare le condizioni di fruizione quotidiana dei servizi e sostenere le pari opportunità fra uomini e donne attraverso la conciliazione dei tempi. Gli studi di fattibilità già avviati coinvolgono 28 dei 45 Ambiti sociali di zona presenti in Puglia per la futura implementazione di interventi negli ambiti dell’organizzazione e gestione delle azioni spazio-temporali, della diffusione della mobilità sostenibile, della promozione della conciliazione dei tempi di vita e della rivitalizzazione sociale dei contesti urbani.

Tra le azioni a favore della conciliazione vita-lavoro ci sono poi i Patti Sociali di Genere, accordi territoriali per la sperimentazione di modalità alternative di organizzazione dell’orario di lavoro nelle amministrazioni pubbliche e nelle imprese private. I Patti Sociali di Genere, per i quali la Regione ha stanziato circa 2.7 milioni di euro, costituiscono un nuovo modello di programmazione dei servizi. Questi, infatti – spiega la Molendini – presuppongono la definizione di programmi condivisi, favoriscono la cooperazione tra pubblico e privato, stimolano il coinvolgimento dei soggetti locali, e mobilitano infine potenziali risorse presenti sul territorio indirizzandole verso obiettivi di sviluppo innovativi. Al termine di un’accurata fase di analisi dei progetti presentati, che includono attività sperimentali di telelavoro, contrattazione decentrata, azioni per l’imprenditoria e contrattazione per atipici, sono state selezionate 16 iniziative. Momento conclusivo del “percorso” dei patti di genere è l’attribuzione del “Marchio di Genere”, uno standard di qualità ottenuto dall’impresa in relazione al suo impegno per le politiche di pari opportunità che costituirà uno dei criteri di valutazione all’interno dei bandi regionali.

Interessante anche il tentativo di riqualificazione del lavoro delle assistenti familiari del Progetto ROSA, Rete per l’Occupazione e i Servizi di Assistenza. Il Progetto, su cui la Regione ha investito 3 milioni di euro, prevede l’offerta di percorsi formativi per la creazione del profilo professionale dell’assistente familiare. Con l’obiettivo ultimo di costituire una rete inter-istituzionale dei soggetti che operano nel mercato del lavoro in grado di qualificare il lavoro di cura domiciliare e favorire l’emersione del lavoro nero, anche attraverso l’erogazione di incentivi all’assunzione e l’utilizzo di elenchi provinciali di assistenti familiari.

L’amministrazione regionale intende ora continuare a lavorare sulla diffusione delle strutture per l’infanzia sui territori e sul sostegno all’acquisto dei servizi, anche nell’ottica di ridurre i carichi di cura delle donne e favorire il loro ingresso nel mondo del lavoro, ma anche sul potenziamento dell’offerta di servizi domiciliari e territoriali per gli anziani non autosufficienti (vedi Gli interventi regionali per la parità).
 

Riferimenti

Lavoro femminile, Italia peggio della Grecia ‘Siamo un paese tradizionalista e ingessato’, Angela Gennaro, Il Fatto Quotidiano, 8 gennaio 2012.

Donne in Italia. Una grande risorsa non ancora pienamente utilizzata, Italia Lavoro, gennaio 2012

Puglia, disoccupazione sale al 15,6%. E nel Mezzogiorno balza al 17,7%, Michelangelo Borrillo, Corriere del Mezzogiorno, 1 giugno 2012

Disoccupazione, allarme rosa sempre più donne senza lavoro, La Repubblica Bari, 27 gennaio 2012

Le donne nel mercato del lavoro, Fondazione David Hume, La Stampa, 7 marzo 2012

Le politiche di genere della Regione Puglia, Serenella Molendini, Rivista di Scienze Sociali, Numero 4, 1 Luglio 2012, Studi di Genere

Il sito della Consigliera di Parità Puglia

L’Osservatorio sull’Occupazione femminile e sulle Condizioni di vita delle Donne in Puglia

Le politiche di conciliazione della Regione Puglia

Le politiche per la famiglia della Regione Puglia

Il Piano Regionale delle Politiche Sociali (2009-2011)

I Piani Territoriali dei Tempi e degli Spazi

I Patti Sociali di Genere

Per una panoramica degli interventi di conciliazione della Regione Puglia: Gli interventi regionali per la parità

Il Progetto ROSA

Il Marchio di Genere


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