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Il 27 giugno è stata presentata la ricerca “Il Servizio Sanitario in Lombardia. Cosa ne pensano gli iscritti alla Cisl”, promossa da Cisl Lombardia e Associazione BiblioLavoro per capire come sta la sanità lombarda. L’indagine, il cui obiettivo è raccogliere informazioni per avanzare proposte sindacali per migliorare la situazione a livello regionale, è stata somministrata ad un campione rappresentativo del bacino associativo della Cisl lombarda e ha raccolto 11.520 risposte.

Il ricorso alla sanità privata e a prestazioni a pagamento

Il primo dato che emerge è il frequente ricorso a strutture private e a prestazioni a pagamento per visite specialistiche e strumentali. Otto intervistati su dieci hanno effettuato nell’ultimo anno almeno una visita specialistica e sei visite ambulatoriali su dieci sono state erogate in strutture private; oltre la metà degli intervistati ha usufruito di visite specialistiche a pagamento.

Complessivamente, fra quanti hanno fatto prestazioni di diagnostica strumentale a pagamento più di 8 su 10 sono ricorsi a strutture private. La principale motivazione che ha spinto gli intervistati a preferire prestazioni a pagamento non è stata la libera scelta sul «dove» e «da chi» farsi curare, nè la qualità, ma è stata dettata dai tempi d’attesa di erogazione delle prestazioni, sia per le visite ambulatoriali che per le viste strumentali.

L’espansione del privato in sanità: il caso italiano nel contesto globale

La situazione cambia però se si guarda ai ricoveri: 7 su 10 sono stati fruiti in strutture pubbliche. I ricoveri in struttura privata convenzionata in regime di SSN sono stati infatti il 24,7%, mentre il 4,5% sono stati ricoveri a pagamento in struttura privata.

Il valore medio della spesa per l’assistenza sanitaria di ogni famiglia cresce all’aumentare del reddito e all’aumentare dell’età. La spesa media nel 2023 per visite, esami e ricoveri è stata pari a 951 euro, mentre quella riguardante le altre spese sanitarie (farmaceutiche, odontoiatriche, fisioterapiche, ecc.) è stata di 1.184 euro.

La rinuncia alle cure: questione si soldi e tempi

Molto frequente è il fenomeno della rinuncia alle cure, che ha caratterizzato oltre 6 rispondenti su 10 nel corso dell’ultimo anno. Il dato è – comprensibilmente, data la rilevanza delle prestazioni a pagamento sopra citata – collegato al reddito. Solo 1 intervistato su 5 con redditi oltre i 50.000 euro ha rinunciato alle cure, a fronte della rinuncia a curarsi di 2 rispondenti su 4 in famiglie con redditi inferiori a 15.000 euro.

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I lunghi tempi d’attesa sono stati il motivo più frequente della rinuncia alle cure, specie tra i rispondenti fino a 55 anni di età. Inoltre, quasi un intervistato su due ha rinunciato alle cure per ragioni economiche e oltre quattro su dieci per ragioni legate alla scomodità fisica o organizzativa delle strutture sanitarie.

La rinuncia alle cure è inoltre molto frequente tra i pazienti con malattie croniche: circa 1 persona su 2 ha rinunciato a curarsi per scomodità delle strutture o per ragioni economiche, mentre 2 persone su 3 hanno rinunciato a causa dei tempi di attesa.

Le sfide della cronicità e dell’assistenza

Proprio alle sfide che riguardano cronicità e assistenza è dedicata l’ultima parte del report.

Più della metà degli intervistati del campione Cisl dichiara di avere almeno una patologia cronica. Solo il 2,1% dei soggetti con 3 o più patologie croniche ha dichiarato di aver attivato l’assistenza domiciliare. Questa è stata prevalentemente attivata attraverso il medico di famiglia – più di 7 casi su 10 – mentre nel resto dei casi si è trattato di una dimissione protetta all’esito di un ricovero.

I giudizi degli intervistati che hanno usufruito di un percorso di cure domiciliari, pur essendo nell’insieme piuttosto positivi, sono critici anche in questo caso riguardo ai tempi di attesa.

Come migliorare la sanità lombarda? Le proposte del sindacato

Quali sono i rimedi che potrebbero essere messi in campo per affrontare le criticità emerse dall’indagine e qui sopra brevemente riportate?

Secondo il documento di Cisl, lo sviluppo di una sanità di prossimità, integrata con i servizi sociosanitari e sociali, insieme al mantenimento di alti livelli di qualità della rete specialistico-ospedaliera e della ricerca sono concordemente considerati la via maestra per avere un servizio sanitario capace di rispondere a future emergenze sanitarie e a crescenti bisogni di salute. Questa strada dovrebbe essere percorsa anche alla luce del profilo epidemiologico-demografico della popolazione, in chiara evoluzione e trasformazione verso condizioni di maggiore e più diffusa fragilità e complessità clinica.

Il contributo di volontariato e Terzo Settore alla riforma della sanità

A questo fine appare prioritaria la puntuale, piena e controllata realizzazione delle strutture previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e dalla Legge Regionale n. 22/2021, assicurando partecipazione nella fase di riorganizzazione dei servizi territoriali e pubblica accessibilità ai dati di monitoraggio di processo e di esito. Ma occorre anche affrontare la grave crisi di personale che coinvolge tutte le professionalità mediche e sanitarie nelle aree della prevenzione e dell’assistenza distrettuale e ospedaliera.

 

 

 

Foto di copertina: Cisl Lombardia e BiblioLavoro