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Il libro "Giovani a Perugia. Vissuti urbani e forme del tempo" (2014, Morlacchi, Perugia), a cura di Ambrogio Santambrogio (professore di Sociologia presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Perugia), è il risultato di una ricerca svolta a Perugia, per conto del Comune, nel corso dell’anno 2013 e che aveva, come tema principale, il rapporto dei giovani perugini con il contesto urbano. In realtà, la ricerca, pur partendo da questa base, affronta in modo trasversale una serie di problematiche che riguardano la condizione giovanile, al di là di ogni peculiarità localistica. Vi presentiamo i principali risultati.


La ricerca

La ricerca si snoda attraverso un percorso metodologico piuttosto elaborato, di tipo esclusivamente qualitativo. Il campione di giovani preso in esame varia per età (va dai 14 ai 34 anni), nazionalità di provenienza (vi sono molte testimonianze di ragazzi stranieri), diverso grado di impegno civico, politico, sociale (in base a cui si sono costruite le categorie di giovani marginali e/o affervescenti). Alle numerose interviste fatte ai giovani si sono accompagnate esperienze di osservazione partecipante all’interno di laboratori organizzati dai giovani stessi e vari focus group, a cui hanno partecipato sia giovani considerati particolarmente rappresentativi delle istanze più vitali del territorio, sia adulti considerati testimoni privilegiati perché particolarmente vicini (per lavoro, interesse, volontariato) al mondo giovanile, in particolare a quello della marginalità.


Il rapporto con la città

Come detto, il filo conduttore di base della ricerca è il rapporto con il territorio locale, percepito sia dal punto di vista propriamente strutturale (Public Space) che simbolico-relazionale (Public Realm). Quello che emerge dalle numerose inteviste (i cui stralci compaiono con abbondanza nel testo) è un rapporto appassionato con la città, che non viene risparmiata in quanto a giudizi critici ma che, al tempo stesso, diviene la piattaforma da cui partire per nuove forme di protagonismo e di partecipazione. I giovani guardano però al mondo degli adulti e delle istituzioni con sospetto, rilanciando l’idea di un modello di città (e di futuro) da cui partire per costruire un nuovo (e diverso) modo di pensare il sociale.

Perugia, una delle maggiori città del centro Italia per storia e tradizioni, sembra non seguire con la stessa velocità le dinamiche dei cambiamenti attuali, rimanendo ferma all’immagine anestetizzante di una città passata che oggi non può esistere più. C’è da dire che la città, a livello strutturale, sconta le trasformazioni che a partire dagli anni Ottanta hanno riguardato tutti i tessuti urbani: il centro ha perso di rilevanza, si è svuotato degli abitanti tradizionali per ritrovarsi ad affrontare le nuove sfide della globalizzazione, che hanno a che fare con l’arrivo di immigrati e con una maggiore sensazione di insicurezza diffusa. Ed ecco che la città si disegna all’insegna di un modello urbano sprawl, che segue traiettorie di quella che viene definita urbanistica della paura.

Nonostante tutto, i giovani amano la loro città, che appare loro esteticamente bellissima, ma vittima di un processo storico, sociale e istituzionale che non riesce a intervenire per affrontare con efficacia le questioni sul tappeto e a dare alla città una nuova attrattività. Le periferie, invece, si trasformano sempre più in centri periferici in cui, accanto alla presenza di esercizi e strutture funzionali, si sviluppa un grande fervore giovanile, che ruota intorno ad associazioni formali (centri giovani, oratori, pro-loco), ma anche informali. In quest’ultimo caso, efficaci portavoce delle iniziative giovanili diventano i giovani che nella ricerca sono stati definiti effervescenti: sono i giovani perugini che – al di là del luogo comune del bamboccione – si pongono come i veri protagonisti di azioni di impegno sociale, politico, culturale. Si tratta di studenti appartenenti a gruppi/movimenti politici, giovani artisti, giovani promotori di iniziative culturali legate al cinema d’essai o alla musica e via dicendo.


La condizione giovanile in generale

Nella ricerca emergono questioni che sono comuni a tutti i giovani. Pertanto, nella seconda parte del libro, i giovani si raccontano in merito al rapporto con i loro amici, con il partner, con la famiglia, fino alla loro personale idea di futuro e capacità progettuale. Il primo aspetto che colpisce, quello più evidente in tutti gli intervistati, è che i ragazzi vedono il loro futuro all’insegna della difficile conquista di una normalità che non appare per nulla scontata. I loro sogni perdono l’alone di straordinarietà (extra-ordinario) per spingersi non più in là della ricerca di una quotidianetà normale, scandita da ritmi ordinari di tempo dedicato al lavoro, allo svago, alla famiglia. Con la differenza che ora, oggi, questa normalità è tanto desiderata quanto sentita come irraggiungibile. E così il futuro, ormai dominato dall’ansia del lavoro che non c’è, viene percepito come un orizzonte lontano, da riempire tutt’al più con aspettative al ribasso.

Assolutamente centrale è, invece, la famiglia. Se il lavoro non ha nessuna caratteristica specifica (viene percepito per lo più come mero sostentamento e non come luogo di gratificazione e autorealizzazione), la famiglia sembra essere il luogo della propria autenticità, rassicurante e accogliente, ma anche il luogo che “mette al riparo dalle domande sul senso”.

La terza e ultima parte del libro è quella più impressionistica: il suo titolo è scatti, perché contiene istantanee del mondo giovanile mosse (“mosse” anche in senso fotografico) dalla curiosità del ricercatore su aspetti e temi più particolari e specifici. Ed ecco che qui si parla, in poche pagine, di noia, vista anche come momento riflessivo-costruttivo del Sé; di mappe di relazioni sparse sul territorio; di disagio sociale; delle categorie con cui i giovani definiscono essi stessi; ecc. Si tratta di tanti spunti, che aprono scorci sul particolare modo con cui i giovani affrontano le loro difficoltà e le loro sfide quotidiane.


Conclusione

Come detto, questa ricerca vuole parlare di tutti i giovani che vivono nel nostro Paese: se da una parte è vero che Perugia è solo un microcosmo, dall’altra parte è vero che i giovani sembrano essere accumunati da un sentire condiviso, da una nuova appartenenza generazionale e storica. Emerge così l’idea di una generazione in difficoltà, che si barcamena tra mille problemi, in un presente sempre più esteso e davanti ad un futuro che non si riesce a progettare perché avvertito come denso di minacce. Queste sensazioni emergono in tutta la ricerca, lasciando in chi legge la sensazione che il nostro Paese stia forse bruciando una generazione, lasciandola spegnersi tra l’attesa infinita di un futuro che non arriva e il desiderio di una normalità agognata. Si viene anche però sorpresi davanti alla capacità di resilienza dei giovani, al loro essere il fulcro attivo e vitale di una nuova volontà di cambiamento e di rinnovamento del tessuto urbano locale e di quello sociale più vasto.

 

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